Ad avvio di anno è utile fare una comune riflessione tra docenti sui “fondamentali” che connotano il nostro lavoro quotidiano: l’uso dello spazio-aula, del tempo, dei nostri gesti e del linguaggio del corpo, l’utilizzo delle parole, la modulazione della nostra voce. Ognuno di questi concreti elementi del nostro operare fa la differenza.
Lo spazio è intimamente legato a quel che si intende fare, alla gestione del tempo, a come ci muoviamo, parliamo, al governo delle dinamiche relazionali della classe, eccetera. Il fulcro dal quale partire è come meglio favorire l’imparare nei bambini. La centralità dell’apprendimento (learning centred approach) consiglia di dare grande attenzione a come organizzare spazio-tempo-modo di insegnare. Dunque, è importante farsi alcune semplici domande su cose concretissime.
Quale spazio viene pensato per fare cosa e con quali variazioni nei criteri e nei modi di combinazione dei banchi? Quali sono i diversi assetti-aula pensati per le diverse organizzazioni del tempo e per le diverse attività? Con quali significati funzionali, relazionali, simbolici? Se, per esempio, guardiamo al lavoro per gruppi in aula, nello schema 1 (si veda sotto) il docente vuole che i bambini siano impegnati su una consegna sulla quale lavorano in gruppi di cinque-sette, misti o per livello, e intende avere un’interlocuzione forte con ciascun gruppo, impegnato in tavoli composti da più banchi, in modo da indirizzare il lavoro dei gruppi, guidarlo, controllarlo.
Nello schema 2, che segue, il docente è in una posizione più distante e i gruppi, di tre-quattro bambini, lavorano con maggiore autonomia interloquendo anche tra loro, in via circolare. L’uso dell’uno o dell’altro schema dipende dal contenuto del lavoro (argomento più o meno nuovo, difficile, eccetera), dalla dinamica tra bambini, dal grado di acquisizione di autonomia e abitudine a cooperare.
Se, in altre occasioni, optiamo per la lezione da cattedra e, dunque, per la frontalità, possiamo disporre i banchi in modo molto “classico” (si veda lo schema 3), dando importanza alla nostra guida e alla singolarità di ciascun alunno nell’ascoltarci e seguirci dal proprio singolo banco e nel venire, eventualmente, verso la nostra posizione a turno e su richiesta sua o nostra.
Oppure riunendo due o tre banchi e disponendoli in modo da combinare l’interlocuzione entro piccoli gruppi e la frontalità della nostra comunicazione (si veda lo schema
4), con la possibilità di dare speciale attenzione, a turno o per specifiche esigenze, a singoli bambini.
La posizione dei banchi va pensata anche in relazione agli oggetti che usiamo, a come siamo capaci di modulare la voce, usare modi sorprendenti o “teatrali”, attendere il risultato dell’operare dei gruppi e dei singoli anziché anticiparli, curare il ritmo dell’ora di lezione, usare voce o musica per fomentare curiosità, restituire senso, favorire circolarità e reciprocità tra alunni. Non esistono docenti perfetti, ma docenti che conoscono i propri punti di forza e di debolezza e che rispettano le reciproche differenze nell’organizzare il lavoro comune. Riflettere insieme su come pensare spazio, tempo, gesti, modi, linguaggi è un buon modo per iniziare bene l’anno