L'idea di lezione che vi proponiamo è un po' temeraria ma di sicuro effetto! Quando si affronta la storia dell'Antico Egitto nella quarta classe della primaria una delle cose che affascina maggiormente i bambini sono le mummie. Giampiero Monaca, maestro e ideatore del metodo educativo Bimbisvegli, ha proposto ai suoi alunni di realizzare alcune mummie a scuola.
Com'è andata? «Benissimo - racconta Monaca - L'imbalsamazione è avvenuta nel massimo rispetto e compassione per i quattro pesci scorfano usati per comprendere questa antica procedura di conservazione, intonando canti e invocazioni e bruciando incensi. I bambini hanno anche scritto benedizioni, raccolte di pensieri augurali per il sonno eterno delle bestiole resesi fondamentali per il percorso di studio consapevole, sensoriale e sperimentale delle nostre bimbe e bimbi svegli. Così, quando i pesci sono stati posti sui banchi per il sezionamento, gli alunni erano consapevoli e preparati e non ci sono stati drammi. Ho proposto questa attività negli anni in due diverse classi e soltanto un bambino ha chiesto di non partecipare attivamente al sezionamento, cosa che ovviamente gli è stata concessa».
Da dove siete partiti? «Innanzitutto abbiamo ragionato insieme sull'origine dell'imbalsamazione. Abbiamo osservato che, a partire dal 10.000 avanti Cristo, l'area del Sahara si era progressivamente inaridita. Tra le vittime di questo cambiamento climatico del passato anche Wadi el Natrun, una laguna salata nel Basso Egitto che si era prosciugata, lasciando sul fondo un deposito di Natron, una mistura di origine naturale composta da circa il 17% di carbonato di sodio e piccole quantità di cloruro di sodio e solfato di sodio. Era questa la sostanza magica che gli Egizi usavano per imbalsamare i loro faraoni. In gita eravamo andati a visitare il Museo egizio di Torino e avevamo potuto ammirare la mummia di Gebelein, del periodo predinastico: un corpo in posizione fetale sepolto in una buca sotto la sabbia che, ricca di Natron, aveva portato alla disidratazione della salma. Quindi abbiamo immaginato che Gebelein fosse un pastore che per ritrovare il suo gregge smarrito si era avventurato nel Wadi el Natrun fino a perdersi nel mezzo del lago prosciugato e a morire. I suoi familiari lo avevano ritrovato oltre due mesi dopo, praticamente intatto. La notizia del miracolo era arrivata fino ai grandi sacerdoti che ebbero così l'idea di usare quella sabbia miracolosa per preservare intatti i faraoni defunti. Certo, la nostra storia è pura invenzione, ma tutto sommato plausibile».
E poi? «Poi abbiamo cercato di capire come potevamo fare per riprodurre la sabbia magica. Abbiamo mescolato sabbia, sale e bicarbonato. Ho deciso che avremmo mummificato dei pesci, perché sono gli unici animali morti che puoi acquistare al supermercato tutti interi. Dopo il nostro piccolo rito di ringraziamento, ho diviso la classe in quattro gruppi di imbalsamatori, ciascuno fornito di un taglierino che poteva essere utilizzato solo in mia presenza. Abbiamo eviscerato i pesci, lasciato i cuori nella loro sede e trasferito nei vasi canopi lo stomaco, il fegato, l'intestino, i polmoni”. I polmoni? Ma i pesci non hanno i polmoni! “Bravi, non ci siete cascati. E infatti abbiamo prelevato le branchie ed è stata una splendida occasione per osservare che hanno la stessa funzione dei polmoni e una struttura molto simile. Infine, abbiamo deposto i pesci nelle vasche di plastica che in genere contengono le mozzarella utilizzate dalla mensa, sopra uno strato di 4 centimetri di “Natron” e li abbiamo ricoperti con un altro strato altrettanto spesso. E li abbiamo lasciati lì, ad essiccare».
E non c'era puzza in classe? «Si, c'era una gran puzza di aringa! Abbiamo considerato che la puzza fosse determinata dai batteri decompositori. E allora abbiamo cercato su Internet quali sostanze antibatteriche naturali avremmo potuto usare e abbiamo scoperto che moltissime spezie hanno questa funzione: l'aglio, il rosmarino, il timo, il basilico, la cannella, i chiodi di garofano, il pepe. Così abbiamo condito per bene i nostri pesci e la situazione è decisamente migliorata».
E poi? «Abbiamo aspettato: 70 giorni per l'esattezza. Quando li abbiamo tolti dalle vaschette, i nostri scorfani era perfettamente essiccati e molto leggeri. Abbiamo infilato loro in bocca degli amuleti (perline di vetro) e li abbiamo ricoperti di resina. O meglio, gli antichi egizi usavano la resina naturale, noi abbiamo utilizzato il flatting che li ha vetrificati. Infine, li abbiamo fasciati con bende di cotone e deposti nei sarcofaghi di cartone che avevamo costruito e istoriato all'interno e all'esterno. Abbiamo deposto al loro fianco i libri dei morti che contenevano tutti i pensieri auguranti che i bimbi avevano dedicato loro et voilà... il nostro personalissimo museo egizio era bell'e pronto!».
Chissà che cosa ne pensano al Museo Egizio, quello vero...
«Abbiamo scritto al Museo offrendo le nostre mummie per l'esposizione! Ci hanno risposto, declinando gentilmente l'offerta... Però ci hanno spiegato che, tutto sommato, abbiamo seguito un procedimento corretto. E ci hanno rivelato che già nell'antico Egitto esisteva il turismo. Le persone che si recavano in visita alle piramidi o ai templi potevano acquistare dei souvenir da portarsi a casa: piccole mummie di uccelli o pesci! Quindi, non abbiamo fatto una cosa del tutto campata in aria e grazie ad attività come questa si comprendono in profondità meccanismi biologici, anatomici, atteggiamenti sociali. Attraverso l'esperienza e la sensorialità si rinforzano gli apprendimenti specifici, si connettono per creare competenze finalizzate a una applicazione nella vita reale, presente e futura».