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STEM, una sfida per la scuola italiana

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STEM, una sfida per la scuola italiana

L'importanza delle STEM nella scuola di oggi: i dati del rapporto condotto dall'Osservatorio sulla povertà educativa e perché è necessario ridurre i divari sociali, territoriali e di genere nell'apprendimento delle scienze e della tecnologia

L'acronimo ormai lo conoscono tutti: STEM sta per Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica (in lingua inglese). Non è un semplice elenco di materie. Il fatto che siano unite tra loro è il cuore di quella che è una vera filosofia educativa. Invece di insegnare discipline indipendenti, le lezioni sono basate su progetti e compiti di realtà che propongono agli studenti un apprendimento interdisciplinare che somiglia molto al modo in cui noi tutti lavoriamo e risolviamo i problemi nella nostra vita quotidiana. Certamente la matematica diventa più appassionante se insegnata come strumento per affrontare un problema scientifico o per progettare un edificio. Spesso per arrivare alla soluzione serve anche la creatività e le arti ci vengono in soccorso, ed ecco perché all'acronimo a volte si unisce la A (STEAM).

Nel mondo reale le conoscenze sono sempre integrate, perché non cercare di raccontarle così ai bambini e ai ragazzi, per accendere la loro curiosità?  Inoltre, questo sviluppa attitudini fondamentali per i ragazzi: creatività, collaborazione, pensiero critico e comunicazione, indispensabili per affrontare il mondo del lavoro. Se vogliamo farne cittadini pienamente consapevoli e attivi, è chiaro che dobbiamo equipaggiarli con conoscenze e competenze tali da permettere loro di padroneggiare le tecnologie che permeano ormai tutta la nostra vita.

Il rapporto STEM dell'Osservatorio sulla povertà educativa: una sfida per l'Italia

Quanto è diffuso questo nuovo approccio alle discipline STEM nella scuola italiana? Ancora troppo poco, a giudicare dai dati raccolti ed elaborati nell'interessante report dell'Osservatorio sulla povertà educativa curato in collaborazione tra l'impresa sociale Con i Bambini e la Fondazione Openpolis nell'ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. E le conseguenze sono pesanti. Se in Europa, in media, il 93,8% dei giovani tra i 16 e i 24 anni possiede competenze digitali almeno di base, in Italia questa percentuale scende all'80,2 %. E i giovani italiani laureati in discipline scientifiche sono troppo pochi: il 16,4 ogni mille abitanti contro una media europea del 21,5.

Eppure, sono proprio i profili professionali specialistici quelli più richiesti. Una tendenza sconfortante in un Paese che certamente è stato patria di santi, poeti e navigatori... ma anche di grandissimi scienziati! Ne abbiamo discusso con Marco Rossi Doria, presidente di Con i Bambini, e Vincenzo Smaldore, responsabile editoriale di Openpolis.

 

Sulle materie STEM gli studenti italiani sono rimasti indietro

“Non manca nel nostro Paese una minoranza di studenti che raggiunge risultati pari o superiori a quelli dei coetanei a livello internazionale - spiega Smaldore -. Il problema è che sono troppo pochi (ad esempio solo il 3% degli studenti italiani sono top performer in scienze, contro una media Ocse del 7%). Più in generale, manca una diffusione di massa delle competenze logiche, scientifiche e digitali. Le cause sono molteplici, tra queste sicuramente il fatto che in Italia la separazione tra materie umanistiche e scientifiche resta molto più netta che altrove. Solo il 26,7% dei ragazzi italiani che ottengono ottimi risultati in lettura raggiungono punteggi elevati anche in matematica e scienze. Un dato lontano dagli altri maggiori paesi europei: Francia (36,2%), Regno Unito (40%) e Germania (45,4%)”.

Da dove deriva la "cesura" tra sapere umanistico e scientifico? 

Uno squilibrio che ha radici culturali profonde, secondo Marco Rossi Doria. “Paghiamo ancora una dolorosa cesura culturale, vecchia ormai di un secolo o più. Nel 1911 i nostri scienziati nel mettere in relazione queste discipline con la filosofia si trovarono di fronte l’avversione di Gentile e Croce e da allora vi è stata una polarizzazione che ha penalizzato le scienze e il loro insegnamento in Italia. Le leggi razziali fasciste inoltre portarono a una vera sofferenza della comunità scientifica italiana. In campo pedagogico, tutto ciò ha portato a un’idea di scuola secondaria per cui i laboratori non sono pienamente accreditati come luoghi in cui la disciplina si manifesta. È la lectio a prevalere. A differenza delle scuole di tanta parte d’Europa e del mondo, l'aula in Italia è ancora indifferenziata, e nell'indifferenziato la parola prevale rispetto all'esperienza, alla procedura.  La didattica laboratoriale è minoritaria e le uscite da scuola per visitare il laboratorio o il museo sono cose non consuetudinarie. Il fare, il risolvere problemi, il governare processi è secondario rispetto alla parola. Questo è il tema più generale che la questione delle STEM pone all’Italia”.

Il sapere scientifico non deve essere soltanto per gli addetti ai lavori

“Nel nostro Paese - aggiunge Smaldore - vi è una tradizione umanistica di altissimo livello: un valore aggiunto che non deve essere disperso. Tuttavia, occorre invertire la tendenza a percepire le materie scientifiche come un mondo separato dal resto del curriculum didattico. Mentre l’ambito umanistico è generalmente sentito come parte della cultura generale diffusa, le discipline scientifiche sono spesso considerate come argomento riservato agli addetti ai lavori. La sfida è proprio contaminare punti di vista e approcci disciplinari, sviluppando un metodo didattico che valorizzi, accanto al rigore analitico proprio delle scienze, anche la creatività e la curiosità degli studenti”.

Le scienze si imparano in laboratorio 

Sarebbe sufficiente uno sforzo in questa direzione da parte dei docenti italiani per recuperare la distanza che ci separa dal resto d'Europa? Risponde Rossi Doria: “È una vera fortuna avere un docente che va in controtendenza, che porta gli alunni a vedere un vero laboratorio, o sa usare la sua competenza in un'aula di fisica legando tra loro evidenze e teorie e non semplicemente spiegando le cose, descrivendole a parole. Il docente fa la differenza e come! Ma non si possono addossare sui docenti le colpe di un sistema. Ci vuole un lavoro di formazione, per cui non basta conoscere la materia ma bisogna saperla anche insegnare. Per esempio, va impedito che i futuri docenti di biologia, di chimica o di fisica diventino insegnanti semplicemente ripetendo quello che a loro volta hanno ascoltato in maniera libresca e astratta dai loro professori. Non è un demerito loro aver imparato quella materia così, però è un demerito del sistema non pretendere dai docenti di saper insegnare la materia per come le scienze effettivamente si svolgono, ossia per esperimento. I ragazzi tra l'altro hanno sete di tutto questo, e ogni volta che un insegnante propone una cosa del genere si trova di fronte un grandissimo entusiasmo”.

La scienza non è solo per maschi. Superare i condizionamenti sociali e culturali

Rossi Doria si dichiara comunque ottimista: “Tanto si è fatto e credo che possiamo, anche rapidamente, superare questa situazione. L'insistenza europea sulle STEM ci sta aiutando a consolidare la consapevolezza dei nessi profondi tra le diverse parti del sapere. Al contempo ci sta portando, finalmente, ad affrontare un tema decisivo: affrancare le scienze dal genere e superare l’idea che siano una prerogativa maschile”. Il report fotografa una situazione di ampio squilibrio tra i generi: ad esempio, il 15,4% delle studentesse di seconda superiore raggiungono il livello più alto nei test Invalsi di matematica. Ma tra i coetanei maschi la percentuale è molto più alta, il 23,6%.

“Il ruolo delle aspettative e dei condizionamenti sociali e culturali sembra essere determinante se si osservano i dati raccolti per i Paesi Ocse - spiega Smaldore -. Anche a parità di risultati in matematica, i genitori intervistati tendono a pensare che saranno i figli maschi a lavorare in campo scientifico, tecnologico, matematico o ingegneristico. Simili aspettative sociali, spesso interiorizzate fin dai primi anni di vita, hanno due conseguenze. La prima è che le ragazze, in media, tendono ad avere meno fiducia nelle proprie capacità in ambito STEM. Ciò si ripercuote sui rendimenti, mediamente più bassi. La seconda conseguenza è che anche le ragazze con ottimi risultati in matematica tendono a "vedersi" meno dei maschi a ricoprire professioni come quelle di scienziato o ingegnere. Non si tratta di un unicum italiano, ma nel nostro Paese il divario è sensibilmente più ampio della media Ocse: gli studenti 15enni top performer che immaginano questo tipo di carriera quando avranno 30 anni sono il 26% tra i maschi e solo il 12,5% tra le ragazze”.

 

I più fragili restano indietro. Bisogna superare i divari sociali e territoriali

Ancora una volta, sono i più fragili a restare maggiormente distaccati dal gruppo. Il 95% dei capoluoghi con più famiglie in disagio presentano anche competenze numeriche degli studenti sotto la media. È interessante in particolare il confronto tra i diversi territori. Trentatré punti separano i risultati in matematica tra gli studenti di seconda superiore del nord-est e quelli del sud e delle isole. Perché un divario così ampio? “La condizione sociale mantiene una forte influenza sul livello degli apprendimenti, in ambito STEM e non solo - risponde Smaldore -. Per fare un esempio, i dati sugli apprendimenti Invalsi in matematica mostrano che chi viene da una famiglia svantaggiata raggiunge risultati molto bassi nel 23% dei casi, contro il 6% dei coetanei socio-economicamente più avvantaggiati. In un mondo in cui le competenze STEM diventano imprescindibili, superare questo tipo di divari sociali e territoriali è una questione di primaria importanza per il nostro Paese”. 

Aggiunge Rossi Doria: “Il Sud è penalizzato per tanti motivi: perché c'è più povertà, perché ci sono meno libri in famiglia, perché ci sono meno laureati tra genitori e nonni, perché c'è una multi-dimensionalità dell'esclusione precoce, che è sociale e culturale insieme. In secondo luogo c’è il fatto che al nord si va prima a scuola e l’early start fa la differenza. Ce lo dicono la psicologia dell’età evolutiva, le neuroscienze, l’ONU. In terzo luogo vi è il condizionamento negativo dovuto al basso numero di ore trascorse a scuola. Un bambino alla fine della quinta di scuola primaria mediamente nel Mezzogiorno ha fatto quasi un anno in meno di scuola rispetto a un bambino in Veneto, perché là c'è il tempo pieno e al Sud no”.

 

 

 

Per le STEM la scuola deve diventare più importante della famiglia

Se la famiglia non è in grado di supportare il proprio figlio nel percorso di apprendimento, non dovrebbe essere la scuola a fornirgli tutti gli strumenti necessari per potercela fare da solo? Possibile che non si possa ottenere una buona preparazione a scuola senza le ripetizioni private pagate da mamma e papà? “Deve essere la scuola, e non la famiglia, a garantire di apprendere bene e anche di ovviare alle difficoltà di ciascuno - concorda Rossi Doria -. È la Costituzione a dirlo, con il comma 2 dell’art. 3! Bisogna lavorare meglio su questo aspetto, i progetti di Con i Bambini sono una buona esperienza da condividere e rilanciare. Se c'è un tutoring il pomeriggio con degli educatori che trovano un'alleanza vera con gli insegnanti a scuola, si riescono ad assicurare le competenze anche per i figli di famiglie che non hanno possibilità. Le nostre però sono attività speciali e sperimentali, che derivano dai contributi del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Suggeriamo che questi “ritrovati” vengano assunti pienamente dalla politica. Penso, per esempio, alla misura 4 del PNRR sui divari in educazione che potrebbe rendere generali i “ritrovati” messi in campo dal fondo, anche delegando a Con i Bambini compiti di gestione”.

Perché le STEM sono cruciali per il nostro futuro

L'importante è fare bene, e fare presto. Perché padroneggiare le discipline STEM sarà di cruciale importanza nei prossimi anni... “In questo decennio l'Italia, come tutti gli altri stati dell'Unione europea, sarà impegnata in una serie di transizioni, da quella digitale, per ridurre i tanti gap tecnologici interni al Paese, a quella ambientale, per rendere più sostenibile il sistema produttivo - osserva Smaldore -. Tali sfide, per essere vinte, avranno bisogno proprio delle competenze in ambito STEM. Sia per formare profili professionali specialistici, sempre più richiesti nel mondo del lavoro. Sia per aumentare la diffusione di alcune competenze di base, in modo che diventino patrimonio di tutti, a prescindere dalla condizione di origine”.

Di seguito vi raccontiamo tre progetti STEM, selezionati da Con i Bambini, nell'ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Potrete trovare i progetti selezionati sul network Percorsiconibambini.it

1 Rob.in: Robotica educativa inclusiva per minori con Bisogni Educativi Speciali

Un'attività laboratoriale nuova e coinvolgente, proposta ai bambini e ai ragazzi che abitano nella città vecchia di Taranto. Famiglie che spesso devono fare i conti con la povertà, materiale ed educativa. Minori a rischio abbandono scolastico, in un contesto di forte presenza della criminalità. Per questo gli operatori dell'Associazione Europa solidale di Taranto si pongono come principale obiettivo quello di conoscere i ragazzi, i loro interessi, le loro ambizioni. Ma anche le loro difficoltà e paure. Utilizzando linguaggi diversi, calibrati a seconda dell’età dei minori seguiti. Un modo per creare relazione e fiducia. Il laboratorio si svolge tutti i pomeriggi della settimana e anche il sabato mattina, per dedicare uno spazio di incontro con le famiglie dei ragazzi. Inoltre, grazie alla convenzione con l'associazione  “La mediana”, viene offerto supporto nello svolgimento dei compiti ai bambini  della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado provenienti da vari istituti della città di Taranto.

2 Stringhe: piccoli numeri in movimento

Stringhe è il primo progetto in Italia che si basa sull’uso combinato del coding e della robotica con la psicomotricità e l’attività sportiva: è rivolto a bambini dai 5 agli 11 anni che vivono in periferie con conclamate fragilità: Quarto Oggiaro, Bruzzano e Niguarda a Milano; Scampia e Secondigliano a Napoli; Librino a Catania. Coinvolge 10 scuole dell'infanzia e primarie, 200 insegnanti ed educatori oltre a 2600 bambini.

L’obiettivo dell'associazione Mission BambiniOnlus che ha promosso il progetto è aiutare i bambini a uscire dalla loro condizione di povertà educativa attraverso la creazione di una nuova metodologia didattica, capace di integrare gli elementi educativi dello sport e del movimento fisico con quelli della didattica digitale. Questa nuova metodologia è replicabile ed economicamente sostenibile: al termine del progetto sarà predisposto un vero e proprio toolkit che permetterà anche ad altre scuole di introdurla nei propri programmi didattici.

3 C.A.S.A. A Ballarò

Obiettivo del progetto dell'associazione Per Esempio Onlus è aumentare i livelli di benessere e le opportunità di crescita educativa per i minori della fascia di età 5-14 anni che vivono nel quartiere Ballarò a Palermo, in situazioni di fragilità sociale, culturale ed economica. Ricca l'offerta: attività di supporto allo studio, interventi di educativa di strada, percorsi formativi basati sulla metodologia della peer education in ambito scientifico e STEM, laboratori curricolari per il potenziamento di competenze trasversali, laboratori extracurricolari finalizzati alla preparazione di eventi di quartiere su temi quali l'interculturalità e la lotta alla discriminazione, laboratori estivi e attività sportive, che permettano anche una conciliazione dei tempi lavoro-famiglia. Sono previste, inoltre, attività di sostegno alla genitorialità (counseling psico-pedagogico, formazione per mamme tutor, laboratori di sartoria, accompagnamento al titolo di licenza media per genitori di minori in condizione di povertà assoluta, corsi di alfabetizzazione informatica), riqualificazione di spazi del quartiere, valorizzazione di spazi degli istituti scolastici partner e attività formative per i docenti. I beneficiari sono circa 620 minori e 1.200 nuclei familiari.

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