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Essere docenti dopo i 60 anni: la stanchezza di insegnare

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Essere docenti dopo i 60 anni: la stanchezza di insegnare
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Arrivare ai 60 anni e insegnare ancora: il punto di vista di Marco Rossi-Doria, primo maestro di strada in Italia e formatore di docenti

L’età pensionabile continua ad alzarsi e dopo i 60 anni, grazie ai progressi della medicina e della società, si è considerati ancora giovani. Ma se per molti impieghi è possibile rivedere le proprie mansioni e adattarle al tempo che passa, per i docenti non è così. Essere insegnanti over 60 può non essere semplice, in particolare quando si insegna alla scuola primaria. Parliamo della stanchezza di insegnare, un problema da non sottovalutare.

Insegnare alla primaria dopo i 60 anni

Aumentano tra i docenti sessantenni i casi di grave stanchezza dovuta all’età, che è cosa molto diversa dal burnout certificato. Sono maestri e maestre di scuola primaria che insegnano bene, ma si trovano in classi con bambini di sei anni o, per gli anticipi, di cinque anni. La differenza di età con i loro alunni è tanta: 50-55 anni. E questo porta a un vero affaticamento. Una situazione simile si verifica anche alla scuola materna, dove le maestre devono gestire bambini anche di tre anni.

Gestire bambine e bambini così piccoli, tutti insieme, per molte ore consecutive, richiede energie fisiche e mentali che col passare degli anni calano.

La creatività degli insegnanti è a rischio

Quando si insegna si è nel bel mezzo della più grande spinta creativa umana. Da una parte, i bambini sono presi dall’avventura dell’apprendimento e, per la prima volta fuori dalla famiglia, hanno come riferimento una guida adulta che governa processi complessi e che li aiuta a crescere, a capire, ad apprendere i codici del sapere e che li accompagna a cooperare. In questa esperienza i bambini danno e chiedono moltissimo. Dall’altra parte, ogni alunno, mentre cresce, cerca una sua identità e prova a differenziarsi dagli altri, vivendo paura, sfida spaesamento, estraneità e anche conflitti tra coetanei e con gli adulti.

Il ruolo di insegnante richiede molta energia

Se non si insegna, è difficile immaginare l’enormità d’energia che è richiesta dai bambini. Il docente deve indirizzare tutta la sua forza verso l’esplorazione, la scoperta, il logos e, al tempo stesso, compiere un’opera di contenimento e accompagnamento per aiutare a ricostruire curiosità e apprendimento quando prevalgono conflitto, silenzio o fragilità che vanno ogni volta accolti, ricondotti per mano alla parola per poi ridiventare scoperta, dialogo, motivazione, studio.

Insegnare è un lavoro creativo e rigoroso insieme – e, per questo, meraviglioso – fondato sull’intensità della relazione educativa, sull’inventiva e sulla costruzione didattica, attività che prendono molta forza fisica, cognitiva, emotiva. Ma, con il passare degli anni, proprio queste attitudini rischiano progressivamente di venir meno: le riserve positive si prosciugano e sopraggiunge una grande stanchezza di insegnare.

L’Italia è il paese con i docenti più vecchi

Quando il sistema scolastico non sa riconoscere questa grande stanchezza di insegnare, sbaglia. Così, sbagliano i governi quando promettono di identificare come usurante il lavoro delle maestre della scuola dell’infanzia, ma poi elargiscono misure di pensionamento anticipato molto penalizzanti, o quando non riescono a trovare modi per i quali – come accade in altre nazioni – gli insegnanti molto competenti, ma ormai stanchi, possano fare meno ore con i bambini e dedicarsi a fare da allenatori esperti ai neo-assunti. Più in generale l’errore è stato quello di non aver curato il ricambio degli insegnanti, tanto da farci diventare il Paese con il corpo docente più vecchio d’Europa, con il 57,2 % di insegnanti con più di 50 anni, a fronte della media europea del 36% e il 18% con oltre 60 anni, il doppio del 9% medio europeo.

E, in assenza di una vera politica per il ricambio del corpo docente, anche i dirigenti scolastici non agiscono bene quando, dimenticando di essere a capo di una comunità educante alla quale serve rispetto ed equilibrio, usano il loro potere di assegnazione degli insegnanti per affidare le classi più difficili o con i bimbi più piccoli a maestri sessantenni che, anche se esperti, ammettono un forte affaticamento.

Si potrebbe cominciare, per esempio, affiancando i più giovani e inesperti a insegnanti già maturi e adulti, in modo che possano godere entrambi di questo binomio dove energia e conoscenza si mettono l’una a disposizione dell’altra. Ma bisogna trovare un modo per contrastare la stanchezza di insegnare.