Preside eletto dagli insegnanti, no all’autonomia differenziata e alle superiori in quattro anni, cautela nell’approccio all’intelligenza artificiale. E i genitori? Il loro ruolo nella relazione docente-studente dovrebbe limitarsi allo stretto necessario.
È la scuola sognata da chi sale in cattedra tutti i giorni, secondo un recente sondaggio Gilda (di Swg) degli insegnanti, che ha raccolto le opinioni di un campione nazionale di 600 docenti, di ogni età e di ogni grado scolastico. Forse una “fantascuola”, come qualcuno l’ha definita, dove non poteva mancare la richiesta (di quasi 8 docenti su 10) ai sindacati di impegnarsi sul fronte degli aumenti salariali rivolti a tutti piuttosto che a favore di incrementi di fondi destinati solo ad alcuni docenti a fronte di prestazioni aggiuntive.
Diverse le tematiche affrontate dal sondaggio nelle quali emerge un sostanziale accordo nella classe docente. Tra esse, l’autonomia differenziata: il 54%, soprattutto di scuola secondaria e del Centro-Sud, è contrario, contro il 35% di favorevoli, prevalentemente del Nord. Al Sud si teme infatti che l’autonomia possa accentuare le differenze tra le due “Italie”, con uno svantaggio per le scuole meridionali.
“L’autonomia differenziata mina le basi di un Sistema Scuola inclusivo – ha commentato il Coordinatore nazionale di Gilda, Rino di Meglio, durante la presentazione del sondaggio – e rischia di disgregare il sistema nazionale con tanti sistemi educativi di istruzione e formazione. Significherebbe cristallizzare le differenze invece che migliorare”.
I dati mostrano inoltre un generale scetticismo dei docenti sui miglioramenti che sarebbero dovuti derivare dall’autonomia scolastica, che ha attribuito la dirigenza ai presidi.
Viene accolta invece con favore (2 insegnanti su 3) una riforma che vedrebbe il preside votato e nominato direttamente dai docenti ogni quattro anni. Sempre interno alla scuola ed eletto dal Collegio docenti, inoltre, dovrebbe essere un Consiglio superiore della docenza che vigili sulle sanzioni disciplinari. Mal digerito, invece, dagli insegnanti senior (over 55) un organo esterno con gli stessi compiti. Più favorevoli ad esso i giovani. Bocciate invece dalla gran maggioranza l’idea della "scuola – azienda", che da istituzione diventi erogatrice di servizi, come anche le norme che stanno spingendo verso un accorpamento degli istituti.
L’accordo maggiore tra i docenti si ha, però, sul ruolo dei genitori nella scuola. Quella delle famiglie deve essere una partecipazione responsabile: è ammissibile una certa ingerenza dei genitori nel rapporto docente-studente, ma solo in casi estremi. Quanto alla programmazione didattica, le famiglie non dovrebbero esercitare alcun ruolo. Nove docenti su dieci ritengono infatti che l’ingerenza sempre più insistente dei genitori danneggi la crescita degli studenti e leda il principio costituzionale della libertà di insegnamento.
Insegnanti invece spaccati in due sull’Intelligenza Artificiale, che resta comunque poco utilizzata o conosciuta. Il 52%, soprattutto tra i senior, si dice contrario, rispetto al restante 48%, soprattutto under 35, che invece ha un approccio positivo verso il suo utilizzo. La maggioranza degli intervistati vede più opportunità che rischi nell’uso della IA per la burocrazia scolastica (assenze, voti, correzioni verifiche), per i programmi e i materiali didattici e per la formazione dei docenti. Si evidenziano invece maggiori rischi sull’introduzione dell’IA per l’insegnamento in aula, per il rapporto scuola-famiglia e soprattutto per lo svolgimento dei compiti a casa. In generale, i giovani mostrano più ottimismo sull’impatto che potrebbe avere l’IA per la professione docente, mentre tra il personale dei licei si registrano maggiori preoccupazioni. Si è vista maggiore apertura da parte degli insegnanti della scuola primaria alle tecnologie innovative, come l’apprendimento online o la realtà virtuale/aumentata.
“Noi della Gilda siamo convinti che l’IA possa essere uno strumento prezioso per la scuola, ma che sia necessario utilizzarla in modo consapevole e responsabile – ha sottolineato Di Meglio. Tuttavia, è importante che il ruolo dell’insegnante, protagonista del processo educativo non venga sminuito o addirittura sostituito”.
Se l’Intelligenza Artificiale divide gli insegnanti, c’è invece accordo sul maggior uso della tecnologia negli Istituti tecnici. Si ritiene infatti che il miglioramento delle dotazioni tecniche e tecnologiche nei laboratori possa rendere maggiormente appetibili gli Istituti Tecnici al mondo del lavoro. Necessario, inoltre, come anche per gli istituti professionali, il potenziamento delle partnership con le imprese.
Le superiori, però, devono durare cinque anni per il 71% degli intervistati. Perché non quattro? I docenti del liceo sottolineano maggiormente i rischi in termini di livello di consapevolezza e maturità generale in uscita, mentre chi insegna al tecnico o al professionale teme che la riduzione di un anno influisca negativamente sull’approfondimento e sullo sviluppo di competenze avanzate, richieste dalle aziende.