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Service learning: Roberto Castaldo è il prof dell’anno

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Service learning: Roberto Castaldo è il prof dell’anno

Con un progetto di service learning il docente Roberto Castaldo si è aggiudicato il titolo di prof dell'anno. Intervista e dettagli del sito realizzato con i ragazzi per agevolare il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione

Roberto Castaldo è il “prof dell'anno” secondo l'organizzazione no profit Junior Achievement Italia, che lo ha premiato nell'ambito della diciannovesima edizione di BIZ Factory, il Festival dell'imprenditoria giovanile. Napoletano, 58 anni, insegna all'ISIS Europa di Pomigliano d'Arco e ha guidato gli studenti della sede distaccata di Casalnuovo di Napoli nella creazione di Europa Community Service, un sito per aiutare i cittadini nel faticoso rapporto con la pubblica amministrazione.

Inizialmente era previsto un vero e proprio ufficio relazioni con il pubblico dove le classi avrebbero lavorato, una settimana a testa, a diretto contatto con i cittadini. La pandemia ne ha imposto la chiusura ma i ragazzi non si sono dati per vinti e hanno trasferito tutto sul web: tutorial per ottenere lo SPID, spiegazioni sull'utilizzo della carta d'identità elettronica, informazioni utili su orari e procedure, consigli per un corretto utilizzo dei social e di internet.

«Un lavoro corale, che ha coinvolto sei consigli di classe di tre indirizzi diversi del nostro istituto: il tecnico grafico, il tecnico per il turismo e soprattutto il professionale servizi commerciali per le community» ci tiene a precisare Roberto Castaldo, che per tutta l'intervista usa infatti la prima persona plurale.

Il motto: apprendere serve, servire insegna

«Abbiamo voluto portare nel nostro istituto un approccio didattico innovativo e decisamente motivante come quello del Service Learning (apprendimento servizio). Il motto dice tanto: apprendere serve, servire insegna. È secondo me il miglior punto di partenza: se nella scuola tradizionale si impara nelle aule, si studia per ottenere un buon voto e la realtà è servita ai nostri studenti divisa in tante fette ciascuna delle quali è una disciplina, nel SL le attività in aula sono legate a quelle oltre l'aula. Non si studia come nascono le piante, si coltiva l'orto oppure si mettono a dimora giovani alberi per ripopolare la foresta bruciata. Noi siamo sempre stati convinti che tra la scuola tradizionale e la vita vera c'è un grande gap: il SL può servire a colmarlo perché nel momento in cui si riesce a trovare come offrire un servizio al territorio si contribuisce all'acquisizione di apprendimenti, saperi e competenze e si motivano i ragazzi a imparare di più. Per superare un esame ci vuole tanto ma per cambiare il mondo ci vuole di più, anche per modificare un piccolo segmento della realtà in cui viviamo».

L'idea di base è quella di mettere gli studenti a contatto con il territorio in modo che possano rispondere insieme ai loro docenti alle esigenze del territorio stesso.
«La nostra mini impresa quest'anno è arrivata a coinvolgere 188 studenti e tantissimi insegnanti. Per noi è stato illuminante il lavoro che abbiamo svolto con Junior Achievement (vedi paragrafo in fondo al pezzo, n.d.r), che ci è stata introdotta dalla professoressa Angela Serpe che è un po' il motore di tutto quello che vi sto raccontando. Naturalmente mettere d'accordo tanti studenti e tanti colleghi è cosa assai complessa, penso in tutte le scuole. Noi abbiamo avuto dalla nostra una dirigente, la professoressa Rosanna Genni, che ha sempre supportato e invogliato l'innovazione didattica. Anche grazie a lei abbiamo avuto modo di creare una mini impresa in ogni classe, assegnando dei ruoli: CEO, Human Resources e così via. I pari grado di tutte queste sei classi si sono riuniti due volte al mese per scambiarsi informazioni, per coordinare il lavoro che stavano facendo. In questo modo tutti sono riusciti a contribuire in maniera organica alla creazione dei prodotti che sono finiti poi sul sito web. Per ottenere questo risultato abbiamo riprogrammato i contenuti disciplinari di tutte le materie, cercando di far parlare i colleghi tra di loro, cercando di farli partecipare anche alla fase progettuale. Noi docenti ci siamo in qualche modo trasformati in consulenti, che poi è una trasformazione che da tanti anni viene richiesta a tutti gli insegnanti, di ogni ordine e grado nel momento in cui si passa dalla cosiddetta scuola delle conoscenze alla cosiddetta scuola delle competenze. Infine abbiamo creato l'academy che rappresenta la chiusura del cerchio: dopo 3 anni di mini impresa, passati a imparare come si apprende, come si fa, come usare i propri talenti personali, come convivere, come collaborare e partecipare alla vita civile, era giusto che i nostri studenti di quinta diventassero i tutor di quelli di terza».

A noi di Focus Scuola il SL piace molto: ci sembra la chiave giusta per insegnare per competenze e soprattutto per far sentire utili questi ragazzi, un aspetto fondamentale. Anche le neuroscienze continuano a dirci che bisogna far sì che bambini e ragazzi apprendano con gioia perché quello che apprendono con gioia gli resta fissato nella memoria, quello che apprendono con ansia lo chiudono in un cassetto e stanno bene attenti a non riaprirlo più. C'è stata gioia in questo progetto?
«Assolutamente sì. Ciascuno dei ragazzi ha visto innanzitutto il prodotto, il portale web, nascere dalle loro mani e questo già è qualcosa di non comune e non scontato per la nostra scuola. Creare qualcosa che prima non esisteva con le proprie mani è già di per sé fonte di soddisfazione. Quando poi questo qualcosa è stato dato in pasto agli utenti allora c'è stata sicuramente l'esplosione di gioia perché i cittadini hanno cominciato a usare il nostro sito, abbiamo migliaia di utenti al giorno. E il comune ha linkato la nostra pagina direttamente dal suo sito ufficiale. In questi casi si capisce a cosa serve davvero la scuola, quella che apre le sue porte e diventa una comunità professionale ed educativa, nel senso che sviluppa l'identità personale preparando a contempo alle professioni e garantendo il miglioramento del senso di responsabilità verso gli altri, verso la realtà di cui si è parte, verso il mondo intero».

Quando noi di FS proponiamo ai docenti progetti come quello che ci ha appena raccontato a volte la reazione è freddina: bello ma è un di più, io ho già tanto da fare col programma... Come si può far comprendere che un progetto del genere non fa altro, fa esattamente il “programma” e molto di più?
«Da più di vent'anni il programma non esiste!” protesta Castaldo. Lo sappiamo bene, ma è un fantasma molto concreto... “È vero, è un fantasma molto concreto che si concretizza ancora di più in vista dell'esame di Stato. Però anche l'esame di Stato negli ultimi anni è cambiato. Nel senso che è sempre minore la richiesta di ricordare tante cose ed è sempre maggiore la richiesta di ragionare, di trovare il procedimento giusto per risolvere un problema. Ricordo quello che diceva Howard Gardner cinquant'anni anni fa: se noi continuiamo a inseguire programmi vastissimi finiremo col dare ai nostri studenti una conoscenza larga un miglio e profonda un pollice, pronta a evaporare non appena lo studente si accorge che quello che ha appreso non serve più, in genere dopo un'interrogazione andata a buon fine. C'è tempo all'università per estendere la conoscenza che prima di allora si dovrebbe basare su pochi pilastri».

Quindi: torniamo ai fondamentali, meno cose da fare ma fatte veramente bene...
«Fatte in profondità. Lo diceva anche Umberto Eco. L'uomo saggio non è quello che sa quando è nato Napoleone, ma è colui che lo sa trovare in due minuti l'unica volta in vita sua che gli servirà quell'informazione. Il nostro compito non è insegnare tante cose, non lo è mai stato e comunque non lo è più, perché il mondo è cambiato, è ovvio che deve cambiare anche il modo in cui fare scuola. Io devo insegnare ai miei studenti a pensare, devo renderli dei pensatori abituali, devono essere abituati a porsi delle domande, devono essere avvezzi a sbagliare, devono sentirsi liberi di sbagliare. Noi quando da piccoli abbiamo imparato ad andare in bicicletta lo abbiamo imparato perché siamo caduti, perché ci siamo sbucciati le ginocchia. Qualunque processo di apprendimento passa attraverso tante fasi di errore. Oggi sbaglio, domani sbaglio, dopodomani sbaglio ancora. Poi inizierò a sbagliare meglio, infine arriverà il momento in cui grazie agli errori che ho fatto il mio apprendimento comincia ad attecchire, a funzionare. Però devo cambiare i paradigmi da questo punto di vista e anche molti timori da parte degli insegnanti. Secondo me dovremmo veramente muoverci tutti verso un qualcosa di radicalmente diverso. La stragrande maggioranza dei colleghi vede con curiosità l'innovazione, magari non è semplice cambiare le proprie abitudini sul posto di lavoro ma mi chiedo quale professionista non sia chiamato a farlo regolarmente. C'è tanto timore rispetto a una professione che incide in prima persona sulla vita dei nostri studenti. Anche noi abbiamo molta paura di sbagliare, forse è questa una delle cose che ci blocca di più. C'è più paura che contrarietà. Non conoscendo nel dettaglio come possono funzionare progetti come il nostro, che dal mio punto di vista sono perfettamente replicabili ovunque, si preferisce non fare il passo, non vedendo bene dove si va a mettere il piede. Però è anche vero che per innovare bisogna cambiare e cambiare significa spesso sbagliare».

Anche Lei ha avuto paura? Magari il suo primissimo giorno di scuola da docente?
«Il primo giorno di scuola avevo 23 anni. Sono stato per due anni l'insegnante di ruolo più giovane d'Italia. Ero talmente terrorizzato che sono entrato in classe con gli occhiali da sole. Era per me il modo migliore, più istintivo di difendermi da ciò che non conoscevo. Nessuno mi aveva mai detto a cosa sarei andato incontro. Io ho dovuto imparare da solo, praticamente sulla pelle dei miei studenti. Oggi qualche passo in avanti è stato fatto anche se restano molti punti di domanda sul modo in cui vengono reclutati alcuni colleghi. Il nostro è un mestiere bello come pochi ma che non si può improvvisare più di tanto».

Cos'è Junior Achievement?

Junior Achievement è la più vasta organizzazione non profit al mondo dedicata all’educazione economico-imprenditoriale. Giunta al suo ventesimo anno di attività, è stata nominata per il Premio Nobel per la Pace 2022. In 122 Paesi, la rete di JA riunisce oltre 465.000 volontari d’azienda provenienti da tutti i settori professionali e raggiunge più di 10 milioni di studenti e studentesse al mondo. Dal 2002 è anche in Italia e nell'anno scolastico 2020/21 ha formato oltre 148 mila giovani dai 6 ai 24 anni.

Nella diciannovesima edizione di BIZ Factory, il Festival dell'imprenditorialità giovanile, i ragazzi della 3G del liceo scientifico Marconi di Pesaro hanno vinto il primo premio con EIONGAMES. Gli studenti hanno ideato un gioco di carte, Plot, in cui i giocatori si devono sfidare l’uno contro l’altro utilizzando come unica arma l’argomentazione. In un contesto in cui le fake news sono sempre più diffuse, il gioco offre l’opportunità di imparare e divertirsi in compagnia, sfidandosi sulle più famose e assurde teorie del complotto. Dopo questa vittoria gli studenti e le studentesse voleranno in Estonia per partecipare alla finale europea, ospitata nell’ambito del più grande festival dedicato all’imprenditorialità organizzato da Junior Achievement Europe: Gen-E, in programma dal 12 al 14 luglio.