Da troppo tempo la scuola italiana è rimasta ancorata al paradigma aule-corridoi, risultando anacronistica rispetto alle esigenze educative contemporanee. Siamo in una realtà in cui i bambini e i giovani sono definiti “nativi digitali” e hanno un elevatissimo accesso alle informazioni e alle nozioni ma al contempo manifestano poco contatto con la realtà e con le attività pratiche, oltre a lamentare difficoltà nei contatti sociali. Di questo se ne stanno rendendo conto anche gli insegnanti che sono quindi alla continua ricerca di nuovi modelli e pratiche educative che aumentino l’efficacia del processo di apprendimento.
L’arredo ha un ruolo molto importante in questo processo di rinnovamento. Può permettere di ridisegnare il setting d’aula, stimolando la condivisione e rendendo fruibili spazi inutilizzati dalla didattica tradizionale, modificando la percezione dell’ambiente da parte degli studenti. L’arredo dotato di modularità permette di ricombinare fra loro in modo diverso tavoli e contenitori per modificare la disposizione degli spazi a seconda delle diverse attività. Creare angoli, isole o agorà genera di per sé lo stimolo per attività laboratoriali, di lavoro cooperativo o di condivisione. Un recente studio dell'Università di Salford ha messo in luce che la conformazione e organizzazione di uno spazio d’apprendimento può influire del 25% sul rendimento di uno studente. In particolare, il 73% della variazione delle prestazioni degli alunni guidate a livello di classe può essere spiegata da fattori ambientali. Quello che ci racconta questo studio è che esigenze di apprendimento differenti richiedono spazi differenti. Far lezione a gruppi o schierati dietro i banchi, seduti a terra o all’aria aperta cambia la forma dei pensieri e la capacità di incontro e scambio reciproco: spazi diversi producono riflessioni, ricadute e relazioni diverse.
Ciò non si traduce in un rifiuto automatico di ambienti e strumenti tradizionali: a cambiare deve essere innanzitutto il modo in cui questi ecosistemi vengono utilizzati. Il cambiamento non deve solo riguardare lo spazio fisico e gli arredi, ma anche il modo di fare scuola. Le scuole del Nord Europa insegnano: corridoi ampi con divani o tavolini rotondi, biliardini, aree lettura e aree Tv, palestre, bar, dove i ragazzi si gestiscono in autonomia. Sono gli studenti a scegliere come, dove e con chi sedersi durante l’attività autonoma. Per tutti vige una regola: i telefonini restano spenti e tutti bene in vista nella scatola. La didattica per competenze consente a questi ragazzi di studiare e potenziare le loro competenze tutti insieme, stimolati dai docenti. L’empatia è la strategia fondante: se l’insegnante sa ascoltare gli studenti ed è disponibile a un dialogo che va al di là delle discipline e delle attività didattiche, non avrà ulteriori difficoltà ad avviare conversazioni cliniche aiutando i ragazzi a riflettere sulle cose, sugli eventi, sui fatti più che a limitarsi a conoscerli. Perché la vera competenza si raggiunge quando, riflettendo su ciò che si sa, si riesce a riutilizzare in altri contesti ciò che si è imparato. Infine, ma non ultima per importanza, più cooperazione e meno competizione: questa è la carta vincente delle scuole del nord Europa.
In Italia la didattica per competenze ha troppi tecnicismi. Si finisce per complicare ciò che invece è semplice e falsare ciò che è veramente importante: il cambiamento dello stile di insegnamento basato sul “capovolgimento” dell’insegnamento stesso. Il “via la cattedra” è proprio il simbolo di questo capovolgimento. Stimolare gli alunni a riflettere attraverso la discussione è assai diverso dallo spiegare e interrogare. Nei fatti la maggioranza dei docenti rimane attaccata alle vie trasmissive dell’insegnamento testimoniate, appunto, dalla disposizione - ancora tradizionale - degli arredi all’interno delle aule.
Ci vorrebbe anche qui una scuola dove i ragazzi siano spronati a esprimere i loro dubbi e le loro questioni e dove gli insegnanti sappiano ascoltare. Dove si cerchi sempre di fare ragionare i ragazzi, in modo da dare loro la capacità di risolvere da soli i problemi cercando le risposte concretamente e non lasciando che siano gli altri a darle. La tecnica della conversazione clinica è molto usata nelle classi finlandesi. I docenti non hanno paura di “perdere tempo”. Sanno bene che ogni conoscenza “conquistata” dagli studenti con il ragionamento è una conoscenza “costruita” che serve a strutturare competenze. Se l’ambiente interno è curato, accogliente e funzionale allo scambio tra studenti e al ragionamento continuo, l’ambiente emotivo e psicologico di apprendimento costituisce l’altra faccia della medaglia. Questo ambiente è totalmente costruito dal docente. L’ambiente di apprendimento è quell’atmosfera, fatta di empatia, accoglienza e fiducia, che il docente crea per far sì che le domande e le risposte possano far crescere i ragazzi, affinché le attività di laboratorio permanente possano svolgersi in un clima non inquisitorio, non di interrogazione né di competizione, ma in un clima in cui lo spirito e la curiosità per la ricerca siano il motore per le attività quotidiane.