Basta uno sguardo alla classe di adolescenti per abbracciare le tante sfumature del loro disagio, per indovinare le tante battaglie silenziose che lì si stanno combattendo: ci sono i ragazzi apatici, impermeabili a qualsiasi stimolo. Quelli ipercompetitivi. Quelli che lanciano sassi a chiunque gli si avvicini. Quelli che feriscono solo se stessi. Fare lezione è difficile, a volte quasi impossibile. Perché se il cuore è pieno di tagli, la mente si chiude. Parola di Stefano Rossi, psicopedagogista tra i massimi esperti di didattica cooperativa, classi difficili ed educazione emotiva. Che spiega come riconoscere, e curare, quelle ferite.
«L'adolescenza è a tutti gli effetti una nuova nascita, ed è una nascita con dolore» racconta Rossi. Il punto è imparare non soltanto a riconoscere ma anche a percepire con il cuore questo dolore, molto più profondo di quanto generalmente noi adulti pensiamo.
Stefano, forse è proprio questa la base di partenza per avvicinare quegli adolescenti che ci sembrano così sfuggenti, ostili, respingenti ma in realtà ci stanno semplicemente chiedendo aiuto...
«È importante perché anche in classe l'adolescente sente se lo sentiamo. Per esperienza diretta so che i ragazzi sentono se noi abbiamo rispetto, abbiamo empatia per quelle battaglie silenziose di cui noi insegnanti e genitori giustamente in parte non dobbiamo sapere nulla. Il problema è che spesso poi in classe l'adolescente che arriva con un cuore pieno di sassi finisce per fare una sassaiola. Se volessimo semplificare, sui grandi numeri potremmo dire che nelle scuole professionali abbiamo ragazzi che fanno una sassaiola verso l'altro, etero-aggressività. Nei licei invece abbiamo ragazzi che questi tagli li rivolgono verso se stessi, auto-distruttività. Allora la proposta che faccio ai docenti è quella di avere a disposizione delle lezioni d'amore per poter curare il cuore dei ragazzi: è fondamentale per aprire la loro mente. Se il cuore rimane pieno di tagli la mente non si apre».
Il tuo nuovo libro,“Lezioni d'amore per un figlio” (Feltrinelli), ci accompagna alla scoperta dei tanti labirinti in cui un adolescente può restare intrappolato, con suggerimenti veramente preziosi per riuscire a indicare loro una via d'uscita. Quali sono i labirinti che più spesso può succedere di riconoscere tra gli alunni della propria classe?
«In realtà tutti e 20 i labirinti che provo a dettagliare in un modo o nell'altro impattano sul lavoro in classe. Ce ne sono due però particolarmente importanti per i docenti, il labirinto della demotivazione e quello del perfezionismo. Per certi versi rappresentano due facce della stessa medaglia».
Partiamo dalla demotivazione: ci sono ragazzi che tirano i remi in barca, sono apatici, passivi, si sentono già sconfitti in partenza e quindi non si impegnano. In questo caso agli studenti si può raccontare la breve ma intensa storia di Sammy Basso, un ragazzo affetto da una malattia rara, la progeria. Sammy nasce in un corpo che è già anziano e che invecchia ad iper velocità. Avrebbe tutte le carte in regola per perdersi nel labirinto della demotivazione, dell'auto-commiserazione. Invece, nonostante questa partenza difficile, ha deciso di scrivere in prima persona le pagine della sua vita. Si è laureato in biologia, ora è un divulgatore e uno studioso della propria condizione e il suo sorriso illumina le stanze.
«È una piccola storia per stimolare i nostri ragazzi a capire che le persone invincibili non sono, come vuole la società della prestazione, le persone che vincono sempre. Sono quelle che non si lasciano vincere dalle cadute. Devi capire che non sei padrone del tuo destino, nessuno di noi lo è, non lo è neanche Sammy, ma tu sei padrone di come scegli di rispondere al destino, diventando una penna coraggiosa che scrive la propria vita.
Consiglio di dare un foglio bianco agli studenti e invitarli a pensare a quella volta in cui il destino ti ha buttato a terra, ti ha fatto cadere e tu invece hai provato a rialzarti come una penna coraggiosa. Che cosa hai fatto? E soprattutto come ti sei sentito? Ecco il cuore intelligente. Dopodiché si possono ascoltare le condivisioni di tutti i propri bambini e ragazzi».
«Un'altra di queste 20 lezioni d'amore ha a che fare con l'altro lato della medaglia studentesca, ovvero gli studenti perfezionisti. Bisogna insegnare ai ragazzi che il perfezionismo non è una qualità, è un labirinto dell'anima perché i cosiddetti “studenti medaglia d'oro” hanno una falsa autostima. Sono studenti che fondano la loro autostima sul numero, sulle metriche del risultato. Questo è pericoloso perché questi ragazzini sono inseguiti da una voce che dice loro che se non prendono la medaglia d'oro non valgono nulla. Sono profondamente in ansia e alla prima caduta, alla prima medaglia d'argento, vanno in mille pezzi».
«Una seconda lezione d'amore quindi che possiamo condividere con i bambini e soprattutto con i ragazzi è che nel caso del perfezionismo il bullo peggiore è quello che c'è dentro di noi. Io lo chiamo il bullo interiore. È quella voce che ci massacra, che ci dice che non valiamo niente, siamo stupidi, nessuno ci vorrà mai bene. È proprio questa voce che ci dice o di non impegnarci perché tanto siamo dei falliti oppure di impegnarci in maniera ossessiva per dimostrare che valiamo qualcosa. La lezione d'amore è questa: devi imparare a capire che tu non sei quella voce, tu sei colui o colei che può pensare criticamente quella voce. In che modo? Intanto imparando a riconoscerla, e poi imparando a trasformare la voce del bullo interiore nella voce di un buon amico interiore».
«Un buon amico interiore ci aiuta a darci valore indipendentemente dalle metriche, ci incoraggia quando siamo in difficoltà, ci spinge a rialzarci dalle cadute, ma soprattutto ci spinge a trattare noi stessi con empatia e rispetto. In classe si può fare lo stesso lavoro che abbiamo detto in precedenza. Invitare i bambini e i ragazzi a prendere un foglio e a disegnare il proprio bullo interiore, o scrivere la frase con cui ci infanga, con cui più spesso ci mortifica. E poi ribaltiamolo: in che modo possiamo trasformare questa frase in una frase d'amore? Nella frase di un amico interiore? E poi come sempre ascoltare le condivisioni dei bambini e dei ragazzi su questo tema per sviluppare una mente critica e un cuore intelligente».
Mi ha colpito molto il tuo invito ad affrontare con i ragazzi le grandi domande dell'esistenza: qual è il senso della vita? Cos'è la felicità? E la giustizia? E il coraggio? Cosa sono il bene, il male, l'amore, l'amicizia, il desiderio, la speranza? Forse ogni tanto varrebbe la pena spendere del tempo con gli studenti per aiutarli a maturare anche un senso etico che diviene a mio avviso sempre più indispensabile per mantenere la barra dritta in un mondo così complesso.
«Rispetto all'obiezione che tutto questo ci fa in qualche modo perdere tempo dovremmo comprendere che ogni gruppo classe è composto da due cervelli, il cervello che pensa e il cervello che sente. In buona fede gli insegnanti lavorano con impegno sul cervello che pensa ma se noi dimentichiamo il cervello che sente e i tagli che in questo cervello noi troviamo il rischio è che questa dimensione invisibile della classe vada a paralizzare le capacità di apprendimento. Le neuroscienze ci dicono che se il cuore è abitato da ansia, stress, disistima, paura, la mente non riesce ad apprendere».
«Allora proviamo a immaginare queste lezioni d'amore come lezioni di ri-bilanciamento. Il cervello dei nostri studenti è come un'altalena tra due poli: il polo della mente e il polo dell'emozione. Quando si alza il polo del cervello emotivo con emozioni difficili (rabbia, paura, tristezza, insicurezza), si abbassa e quindi si spegne il polo del cervello che pensa. Le lezioni d'amore hanno l'obiettivo di integrare questi due piani del cervello ma soprattutto hanno l'obiettivo di offrire a bambini e ragazzi delle piccole storie, delle narrazioni con cui leggere il mondo in modo più critico, empatico e rispettoso. Un lavoro che è sicuramente spendibile alla scuola secondaria di primo e secondo grado ma che può essere parimenti e in maniera ancora più importante forse proposto anche alla scuola primaria».
In che modo queste lezioni d'amore si inseriscono all'interno del Metodo Rossi della Didattica cooperativa?
«Queste storie hanno un valore cooperativo nella misura in cui non sono storie per pensare sui bambini, sui ragazzi, ma sono storie per pensare con loro e ancor più per sentire con loro. L'attività di provare a descrivere prima individualmente su un foglio quella volta in cui ci siamo trovati in una situazione simile per poi condividere tutti insieme è un momento che facilita e riscalda la connessione emotiva all'interno della classe. È un aspetto importante perché far parte di una classe non significa sentirsi davvero parte di un gruppo. È un lavoro su cui investire».