Che cosa hanno in comune una pernice bianca che si mimetizza sulla neve sfuggendo così ai predatori, una lucertola che se viene afferrata da un predatore ci rimette la coda ma si salva la vita, un leopardo che grazie al manto maculato si mimetizza nel gioco di luci e ombre degli alberi diventando invisibile alle prede e una giraffa che riesce a mangiare le foglie dove gli altri non arrivano? La risposta è in una parola: l’adattamento. L’adattamento alle condizioni ambientali permette di sopravvivere e quindi di generare figli con caratteristiche positive simili. Ma che cosa determina questo adattamento? È una scelta degli animali? Sicuramente no. Si tratta del caso? Nemmeno. La risposta si chiama evoluzione e il padre di questa teoria rivoluzionaria è Charles Darwin.
Questo brillante giovane inglese nato il 12 febbraio 1809 era un appassionato naturalista e per fortuna della scienza e dell’umanità aveva resistito alle insistenze del padre che voleva farne un medico. A 22 anni si era imbarcato sul brigantino Beagle e in 5 anni fece letteralmente il giro del mondo raccogliendo prove a favore della teoria che stava nascendo dentro di sé.
In quei tempi andava per la maggiore la teoria creazionista secondo cui gli animali erano così prodigiosamente adatti all’ambiente in cui vivevano perché così erano stati creati. In realtà c’era già stato un geniale francese di nome Lamarck che aveva parlato di evoluzione ma facendo un paio di errori: aveva supposto che le modifiche acquisite durante la vita diventassero ereditarie e che ci fosse una specie di spinta interna tesa al miglioramento e quindi all’adattamento all’ambiente.
Darwin sosteneva invece che era la selezione naturale a decidere quali caratteristiche fossero positive per l’adattamento all’ambiente e gli esseri viventi non potevano trasmettere le caratteristiche acquisite durante la vita, né potevano in qualche modo “spingere” le caratteristiche preferibili a realizzarsi. In realtà potevano comparire sia caratteristiche positive che negative ma queste ultime venivano tolte di mezzo dalla selezione, semplicemente perché gli organismi che ne erano portatori non riuscivano a sopravvivere e quindi a tramandarle.
Generazione dopo generazione, in tempi lunghi erano selezionate quindi le caratteristiche positive fino ad accentuarle al massimo e addirittura far comparire vere e proprie nuove specie. Questo in estrema sintesi è il principio della teoria dell’evoluzione.
Darwin, tornato dal suo viaggio raccolse altre prove, studiò, elaborò e alla fine, nel 1859 uscì il suo celeberrimo libro L’origine delle specie che tanto scalpore destò nel mondo scientifico e nella cultura del tempo perché gettava le basi della rivoluzionaria teoria dell’evoluzione. Tutti gli esseri viventi si erano originati da progenitori comuni e differenziati in una moltitudine di specie evolvendosi sotto la spinta della selezione naturale.
Immaginiamo la selezione naturale come una sorta di griglia. Quando c’è un temporale nel flusso dell’acqua che scorre verso la griglia di un tombino ci sono frammenti solidi di vario tipo e dimensione. Solo quelli adatti per dimensioni riescono a passare attraverso la griglia e seguire il flusso dell’acqua. Allo stesso modo solo gli organismi adatti alle condizioni ambientali riescono a passare attraverso la griglia della selezione naturale seguendo il flusso della…vita.
In genere, i tempi attraverso cui avviene l’evoluzione di una nuova specie sono lunghi, si parla in termini di milioni di anni a ci sono situazioni in cui è possibile assistere dal vero a un laboratorio di evoluzionismo perché i tempi si accorciano rendendo osservabile il fenomeno di selezione naturale. È il caso delle falene della specie Biston betularia. Questa umile farfallina di colore chiaro si appoggia mimetizzandosi sui licheni chiari dei tronchi. In realtà esiste una forma bianca (typica) e una scura (carbonaria). La selezione è operata dagli uccelli predatori delle falene perché quelle chiare si mimetizzano e sono cacciate più difficilmente, quelle scure invece soccombono in maggiore quantità.
Con la rivoluzione industriale di metà 800 e il conseguente inquinamento dell’aria i licheni erano rapidamente scomparsi essendo organismi molto sensibili e i tronchi, anche quelli chiari delle betulle si erano anneriti. A quel punto erano le forme scure delle falene a essere favorite e infatti il numero delle falene chiare era diminuito. Poi con il disinquinamento le percentuali si erano di nuovo invertite. Al tempo di Darwin ovviamente non si sapeva nulla di DNA e mutazioni genetiche, oggi siamo invece a conoscenza del fatto che è proprio una mutazione genetica a decidere per quale varietà di colore codificare.
Possiamo allestire velocemente in classe un modello della situazione evoluzionistica appena illustrata ponendolo in forma di gioco.
Si tratta di attaccare su un foglio A4 20 quadratini bianchi e 20 neri. Poi si appende alla parete e a una distanza adeguata un gruppo di 4 alunni deve contare il numero delle “falene” nere e il numero delle falene chiare. Due alunni si occuperanno di quelle scure e due alunni di quelle chiare. La prima coppia di alunni che finirà la conta lo comunicherà. E' abbastanza sicuro che la prima manche terminerà con esito favorevole alla “squadra nera”...
Dato che le falene nere così sono state avvistate e mangiate dagli “alunni predatori” si attaccherà a quel punto un nuovo foglio A4 già predisposto con 10 quadratini neri e 25 bianchi. Un secondo gruppo di alunni (formato da 4 bambini) procederà alla gara della conta. Anche in questo caso l'esito sarà quasi sicuramente favorevole ai “predatori” delle falene nere che saranno così destinate a diminuire ancora.
Ora si possono invertire le parti mettendo su un cartoncino nero 20 cartoncini bianchi e solo 5 neri e si procederà come nella prima fase. Questa volta è facile prevedere esito opposto e quindi una successiva diminuzione delle bianche e un aumento delle nere. E così l’evoluzione in classe è…servita!