Che cosa hanno in comune un dentifricio, il David di Michelangelo e il gioco del curling? Apparentemente nulla. In realtà, tutti e tre hanno un elemento in comune: la roccia. Il dentifricio contiene piccole quantità di gesso che aiutano a rimuovere meglio il cibo dai denti, il David è un capolavoro della scultura realizzato in marmo e le “stone” utilizzate nel curling sono attrezzi sportivi fatti di un granito particolare. Sono solo tre delle innumerevoli situazioni della vita reale, nelle quali possiamo ritrovare la presenza o l’utilizzo di una roccia.
Ogni roccia che possiamo trovare sulla superficie terrestre ha una storia, che si è svolta in parte alla luce del sole e in parte sotto la crosta, e questa storia fa parte di un ciclo detto “litogenetico”.
La genesi di una roccia è un po’ come preparare un’insalata: si tratta di mescolare tanti ingredienti diversi. Tuttavia, mentre l’insalata è subito pronta da mangiare, una roccia ha bisogno di un tempo di preparazione molto più lungo e del verificarsi di determinate condizioni ambientali. Ed è qui che entra in gioco l’arte della Terra!
Spargiamo su un tavolo diversi campioni di rocce di natura diversa (sedimentarie, metamorfiche ed ignee) e chiediamo agli studenti di esaminarle attentamente da vicino, ponendo domande stimolo del tipo: “Quali caratteristiche hanno in comune?” o “qual è la sensazione che si prova al tatto?”
Alla fine di questa fase esplorativa, chiediamo loro di suddividere le rocce in tre gruppi sulla base delle informazioni raccolte. In questa fase, è importante non fornire loro troppe informazioni “tecniche”, ma aiutarli ad osservare e ragionare.
Scegliamo due colori a cera vivaci e diversi tra loro. Grattugiamo o tagliamo i pastelli a pezzetti (sotto la supervisione di un adulto), simulando così l’azione degli agenti atmosferici e dell’erosione. Manteniamo separati i colori in ciotole diverse.
Prendiamo un foglio di carta stagnola. Depositiamo a strati i sedimenti sul foglio: prima quelli di un colore e poi quelli dell’altro. Pieghiamo il foglio a metà ed esercitiamo sopra di esso una forte pressione con l’aiuto di un libro pesante per circa 1 minuto. Per esercitare più pressione, potremmo anche mettere il foglio di alluminio sul pavimento con sopra il libro e salire in piedi sopra di esso. Più si preme, meglio è. Questo simula la pressione che gli strati superiori di sedimenti esercitano su quelli inferiori, necessaria per la formazione della roccia sedimentaria.
Rimuoviamo con cura il foglio ed esaminiamo la roccia così ottenuta. Che caratteristiche presenta? È solida o friabile? Notiamo qualche somiglianza con alcune delle rocce esaminate nella fase esplorativa?
Avvolgiamo la nostra roccia sedimentaria nel foglio di carta stagnola. Per simulare il calore e la pressione estrema che la roccia subisce all’interno della Terra, immergiamola in acqua molto calda per alcuni istanti e schiacciamola un po’, usando una pinza o dei guanti da forno per non scottarci.
Aspettiamo che si raffreddi e stacchiamo con cura i pastelli fusi dal foglio. Esaminiamo la nostra roccia metamorfica.
Sono ancora distinguibili i colori dei sedimenti di partenza? Una volta raffreddata è più o meno resistente della roccia sedimentaria? Di nuovo, notiamo qualche somiglianza con alcune delle rocce esaminate nella fase esplorativa?
Avvolgiamo la nostra roccia metamorfica in un nuovo foglio di alluminio e immergiamola all’interno della pentola in acqua molto calda per il tempo necessario affinché i pastelli si sciolgano completamente. In alternativa, possiamo tenere brevemente il pacchetto di alluminio sopra la fiamma di una candela per avere una fonte di calore più intensa e per accelerare il tempo di fusione.
Non appena i pastelli sono completamente fusi, scegliamo come far raffreddare il nostro “magma”. O lo immergiamo in un contenitore con acqua ghiacciata per simulare il raffreddamento rapido che avviene quando la lava si raffredda fuori dalla crosta terrestre, creando rocce ignee estrusive. O la lasciamo raffreddare lentamente come accade quando il magma si raffredda lentamente all’interno della Terra, creando rocce ignee intrusive. Esaminiamo la roccia ignea così ottenuta. Cosa è successo ai colori? Notiamo differenze tra la roccia “estrusiva” e quella “intrusiva”? In che modo questa roccia è diversa da quelle ottenute nelle fasi due e tre?
È il momento di riflettere su quanto accaduto, stimolando gli studenti con domande del tipo: “Partendo dalla roccia ignea finale, come possiamo riottenere una roccia sedimentaria?” oppure “come possiamo passare da una roccia ignea a una metamorfica?” L’obiettivo è comprendere che il ciclo delle rocce è un processo continuo che avviene su tempi molto lunghi, nel quale ogni roccia può diventare un altro tipo di roccia sotto opportune condizioni. A tale scopo, potrebbe essere di aiuto realizzare con gli studenti un diagramma che descriva visivamente il ciclo per spiegare meglio come si formano i diversi tipi di rocce sulla superficie terrestre e all'interno della Terra.
Nel corso di migliaia o milioni di anni, sabbia, polvere, detriti e sporco hanno formato diversi strati sul terreno, che sono stati pressati insieme e compattati per formare rocce sedimentarie. Queste rocce, a loro volta, sono state spostate ancora più in profondità nel sottosuolo a causa del movimento della crosta terrestre ed esposte a quantità ancora maggiori di calore e pressione, che le hanno trasformate in rocce metamorfiche. Una volta a contatto con lo strato sottostante la crosta, la temperatura diventa così alta che si fondono formando il magma, che raffreddandosi si solidifica formando rocce ignee. La Terra catalizza tutte queste reazioni in modo naturale e attraverso processi di alterazione, come onde oceaniche e agenti atmosferici, i sedimenti vengono erosi dalle rocce ignee e metamorfiche per andare a formare nuove rocce sedimentarie. Esistono alcune varietà di granito che stanno ancora terminando il loro ciclo dopo più di 4 miliardi di anni!
Alla luce di quanto appreso, gli studenti possono ripetere il procedimento utilizzando più colori per creare la propria roccia personale, oppure creare uno speciale colore a cera “metamorfico” o “igneo”, dando forma cilindrica ai miscugli ottenuti in fase due o tre. Qui la creatività artistica degli studenti dovrebbe essere incoraggiata e lasciata libera di esprimersi, ovviamente all’interno di opportuni vincoli di sicurezza.
Un’altra idea interessante potrebbe essere quella di organizzare un’uscita alla scoperta di specifici luoghi naturali dove sono visibili i vari tipi di formazioni rocciose. L’Italia è piena di questi luoghi da scoprire e spesso non sono neanche troppo distanti da dove abitiamo!
Laura Moriarty è un’artista statunitense che realizza opere con cera d'api pigmentata le cui forme, colori, trame e motivi risultano da processi simili a quelli che modellano e rimodellano la terra: riscaldamento e raffreddamento, erosione, subduzione, attrito, ripiegamento, agenti atmosferici, slittamento. Lei stessa raccontava in un’intervista di qualche anno fa che la sua prima ispirazione venne dalle illustrazioni dei libri di testo di geologia sui quali studiava.
Un percorso artistico inverso, ma per certi aspetti analogo, è invece quello del professor Bernardo Cesare dell’Università di Padova. Il suo lavoro è lo studio delle rocce metamorfiche e il suo hobby la fotografia. In particolare, il professor Cesare studia i “nanograniti”, inclusioni molto piccole di magma che si trovano all’interno dei cristalli e che si sono formate durante la fusione parziale delle rocce. Il loro studio permette di conoscere la composizione chimica del magma al momento della sua formazione e di capire così cosa è accaduto, quali cambiamenti ha subito la crosta terrestre, le condizioni in cui si sono formate le montagne, ma anche di ipotizzare possibili mutamenti futuri.
Lo studio di queste rocce avviene al microscopio e, per permetterlo, vengono tagliate in fette sottilissime di spessore inferiore ad un millimetro, perché così i minerali della roccia diventano trasparenti, lasciando passare luce. Per gioco, il professor Cesare iniziò a scattare delle foto a queste sezioni di roccia illuminate con una particolare luce polarizzata, ottenendo meravigliose immagini che venivano apprezzate anche dai non geologi. Ognuna delle sue immagini racconta una storia geologica e, al tempo stesso, racchiude un valore estetico: due aspetti che possono essere utilizzati per avvicinare le persone alla scienza e all’arte.
Testo di Andrea Capozucca