Sono tante le domande che un insegnante di matematica si sente rivolgere: lo zero è un numero? Che cosa sono i numeri naturali? Che cosa si intende per “uguale”? E un successivo è davvero un successivo? Se volete una mano per rispondere a tutte le curiosità, ecco una scheda didattica di matematica che può aiutarvi in classe.
Capita di leggere che zero non sia un numero perché “non indica nessuna quantità”. Non è così: “niente” è una quantità. Alla domanda “quanti ippogrifi hai?” io rispondo serenamente “nessuno”. E zero è proprio il numero di ippogrifi che possiedo.
Qua e là, anche su qualche libro (purtroppo), fa capolino una pigrizia perniciosa che ci induce a dire cose senza senso. Immaginate di dover calcolare 30 diviso 5 e poi di voler raddoppiare il risultato.
Io scriverei così: “30:5=6 e 6×2=12”.
Mi capita di leggere questa versione pigra (e sbagliatissima): “30:5=6×2=12”
Non si può! Non si deve! Errore! Due cose sono uguali se sono uguali, altrimenti sono diverse. In quella scrittura pigra e sbagliatissima io leggo 6=12 e proprio non capisco.
Ho visto anche questa affermazione: “Il successivo di 3,8 è 3,9”. Mi dispiace: non ha nessun senso. In matematica, usiamo il termine “successivo” solo nell’insieme dei numeri naturali. Tra i decimali non c’è proprio modo di definire che cosa sia il successivo.
Provo a mostrarvi l’assurdità di questo tentativo con un esempio. Il numero 3,8 può essere anche scritto come 3,80 oppure come 3,800 – non si usa farlo, ma non è sbagliato: le tre scritture hanno tutte lo stesso significato.
Se usassi l’accezione di “successivo” come nell’affermazione senza senso, nei tre casi dovrei dire che:
Quale delle tre dovrebbe essere vera? Un’affermazione matematica non può cambiare “verità” solo perché la scrivo in modo diverso.
Nel libro Parliamo tanto di me (Bompiani, 2016) Cesare Zavattini scrive questo brano che spiega bene perché non c’è il numero naturale “più grande di tutti”.
Mio padre ed io giungemmo all’Accademia quando il presidente Maust stava cominciando l’appello dei partecipanti alla gara mondiale di matematica [...]. Uno, due, tre, quattro, cinque.... Nella sala si udiva solamente la voce dei gareggianti. Alle diciassette circa avevano oltrepassato il ventesimo migliaio [...]. Alle venti, i superstiti erano sette: 36747, 36748, 36749, 36750... Alle ventuno, Pombo accese i lampioni.
40719, 40720, 40721... Alle ventidue precise avvenne il primo colpo di scena. L’algebrista Pull scattò: Un miliardo. Un oh di meraviglia coronò l’inattesa sortita; si restò tutti con il fiato sospeso. Binacchi, un italiano, aggiunse: Un miliardo di miliardi di miliardi.
Nella sala scoppiò un applauso, subito represso dal presidente. Mio padre guardò intorno con superiorità [...] e cominciò: Un miliardo di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi, di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi.... La folla delirava: Evviva, evviva... Ma mio padre continuava “...di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi...”. Il presidente Maust, pallidissimo, mormorava a mio padre, tirandolo per le falde della palandrana: “Basta, basta, vi farà male”. Mio padre seguitava fieramente: “...di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi!”.
A poco a poco la sua voce si smorzò, l’ultimo fievole di miliardi gli uscì dalle labbra come un sospiro, indi si abbatté sfinito sulla sedia. Il principe Ottone gli si avvicinò, e stava per appuntargli la medaglia sul petto, quando Gianni Binacchi urlò: “Più uno!”.
La folla precipitatasi nell’emiciclo portò in trionfo Gianni Binacchi. Quando tornammo a casa, mia madre ci aspettava ansiosa sulla porta. Pioveva. Il babbo, appena sceso dalla diligenza, le si gettò tra le braccia singhiozzando: “Se avessi detto più due avrei vinto io”.
Puoi usare questo racconto per fare alcune attività.
I numeri possono far paura ai più giovani, ma non è il caso di spaventarsi: potete usare una scheda didattica di matematica per coinvolgere la classe!