Bambine e bambini con background migratorio sono penalizzati nel loro percorso scolastico: è quanto emerge, dati alla mano, da un’indagine realizzata da Save the Children Italia e pubblicata il 6 settembre 2023. Il rapporto è accompagnato da una petizione che punta a chiedere al Parlamento una riforma della legge sulla cittadinanza.
Nonostante ragazzi e ragazze si riconoscano in un contesto multiculturale e abbiano frequentazioni con background migratorio, la scuola italiana non sembra ancora essere pensata per chi ha origini straniere e, ancor meno, per chi ha una cittadinanza diversa e resta quindi escluso da molte attività. Questo e molto altro si legge nel rapporto Il Mondo in una Classe realizzato da Save The Children, che fa parte del progetto di ricerca europeo IMMERSE (Integration Mapping of Refugee and Migrant Children in Schools and other Experential environments in Europe).
La maggior parte dei dati presentati desta preoccupazione. Eccone riassunti alcuni che possono essere utili a capire la scuola oggi e il tipo di approccio necessario per affrontarla al meglio.
L’emergenza Covid è finita e, sebbene abbia testimoniato le difficoltà del nostro apparato scolastico la percentuale di Pil investito nel settore è tornato a scendere: 4,1%. E questo nonostante il calo demografico continui a ridurre il numero di iscrizioni: in un confronto tra l’as 2021/2022 e 2015/2016, la differenza è di ben 71.000 tra bambini e bambine che accedono alla prima elementare.
Mentre molte scuole sono costrette a chiudere, altri istituti non riescono a garantire il tempo pieno: sempre nell’anno 2021/2022, soltanto il 38,06% delle classi primarie italiane aveva un orario completo (a tempo pieno) e poco meno del 55% degli alunni ha potuto usufruire della mensa scolastica.
Come dice il nome, l’indagine di Save the Children punta l’attenzione sul fatto che la scuola italiana è sempre più multiculturale ma ancora non inclusiva, finendo – così come funziona – per creare svantaggi soprattutto in chi non ha la cittadinanza italiana.
Un fenomeno recente è il white flight, cioè lo spostamento di bambini e bambine italiani dalle periferie ai centri, in scuola più frequentate da italiani. Nonostante solo il 18% delle classi italiane sia frequentato al 100% solo da cittadini e cittadine italiani, il white flight rappresenta un problema da affrontare. Il 10,6% degli iscritti (cioè 800mila) nelle scuole italiane è composto da bambini, bambine e adolescenti con background migratorio: un numero che è destinato a crescere e a creare potenzialmente ulteriori divari.
In generale, chi ha un background migratorio rischia maggiormente insuccessi scolastici e dispersione. Solo circa il 78% dei bambini con cittadinanza diversa a quella italiana è iscritto alla scuola dell’infanzia, contro oltre il 96% dei bambini e delle bambine italiani. Salendo di grado e spostandosi alle superiori appaiono i numeri più preoccupanti: il 48,8% degli alunni senza cittadinanza italiana è in ritardo con gli studi, mentre tra i cittadini e le cittadine italiane solo il 16,3%. Gli INVALSI sono un altro modo per misurare le difficoltà degli studenti con background migratorio: alla fine del primo ciclo scolastico, bambini e bambine immigrati di prima generazione, cioè nati altrove e arrivati in Italia, non raggiungono le competenze in italiano, matematica e inglese in misura doppia rispetto agli altri.
Senza contare l’incidenza della povertà: oltre il 36% delle famiglie composte da sole persone straniere si trova in condizioni di povertà assoluta, il che incide ovviamente sul rendimento scolastico e sulla frequenza.
L’indagine di Save the Children è accompagnata da una petizione che chiede al Parlamento italiano di rivedere la legge sulla cittadinanza – che oggi per i figli di genitori stranieri è richiedibile solo con la maggior età e con un lungo processo amministrativo. Questa permetterebbe di ridurre almeno in parte le difficoltà degli studenti con background migratorio, rendendo la scuola più inclusiva (basti pensare alle competizioni sportive o ai viaggi a cui non possono partecipare).
La Direttrice Generale di Save the Children, Daniela Fatarella, non si ferma qui e chiede, tra le altre cose, “interventi e politiche ampie che sostengano nella scuola e nella società le opportunità date da una società multiculturale e consentano di far fiorire i talenti di tutte le studentesse e gli studenti, cosa di cui, peraltro, il nostro Paese ha un enorme bisogno per il suo sviluppo”. Fatarella sottolinea anche l’importanza di mediatori culturali nelle scuole capaci di accompagnare bambini, bambine e adolescenti nel loro percorso, spesso reso difficile dallo scarso supporto in famiglia a causa della lingua e dalle difficoltà di integrazione.
In fondo, come evidenzia l’indagine, il 67,5% degli studenti stranieri iscritti nelle nostre scuole è nato in Italia, ed è un numero che cresce ogni anno. È arrivato il momento di investire su questi bambini e bambine che, troppo spesso, vengono lasciati indietro.