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Rapporto OCSE 2022 sulla scuola: ritmi lenti e ancora poche STEM

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Rapporto OCSE 2022 sulla scuola: ritmi lenti e ancora poche STEM
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Molti iscritti e qualità d'istruzione elevata fino alle medie, poi iniziano i problemi: ecco la fotografia della scuola italiana secondo i dati raccolti nell'annuale report di OCSE, Fondazione Agnelli e Save the Children.

In Italia si investe sulla scuola dell’infanzia, sulla primaria e sulla secondaria di primo grado ma gli studenti continuano, da grandi, a privilegiare le discipline artistiche e umanistiche, dove trovano meno lavoro, anziché quelle scientifiche e tecnologiche dove è più facile trovare occupazione. A dirlo è il report dell’OCSEEducation at a Glance 2022 – Uno sguardo sull’istruzione, presentato stamattina alla stampa, nel corso di un evento organizzato congiuntamente da OCSE, Fondazione Agnelli e Save the Children.

Il documento fornisce ogni anno una comparazione delle statistiche nazionali, grazie alle quali si può misurare lo stato dell'istruzione nel mondo. Pagine di dati e grafici che vanno tradotti nella concretezza della nostra vita da insegnanti ed educatori.

Cosa c'è di buono

Partiamo dai dati positivi. Tutti gli esperti di scuola insistono nell’affermare che bisogna dare importanza ai primi anni d’infanzia e l’Italia non delude: il 92% di tutti i bambini di 3-5 anni è iscritto a programmi d’istruzione; un dato superiore alla media dell'Ocse.

Non solo. La scuola in quel segmento è pure di qualità: il rapporto tra numero di bambini e numero di docenti nella scuola dell’infanzia, (12 bambini per docente) è leggermente al di sotto della media Ocse e la spesa totale per le istituzioni della scuola dell’infanzia (10 458 dollari) è di poco superiore alla media Ocse anche se va detto che è finanziata per il 15% da fonti private.

A guardare i dati su quanto il Governo spende per la scuola dell’obbligo non siamo messi male. Sopra la media Ocse, sia pure leggermente, si conferma nel 2021, infatti, anche la spesa cumulativa per il singolo studente della scuola: per un ragazzo fra i 6 e i 15 anni spendiamo in Italia 105.750 dollari. Va osservato, tuttavia, che questo non si traduce in un’offerta di servizi e spazi scolastici uguale sui territori, dove esistono ampi divari, ad esempio, nell’offerta di tempo pieno, nella disponibilità di mense scolastiche o di palestre nella scuola primaria e secondaria di primo grado.

Luci ed ombre

I problemi di investimento sono sul resto del ciclo scolastico di uno studente dove l’Italia va sotto la media rispetto agli altri Paesi. È come se alla tappa finale del Giro d’Italia, il campione in carica, lasciasse la presa proprio all’ultimo momento.

Il rapporto Ocse non ha tralasciato un’osservazione nemmeno degli ultimi due anni rilevando luci e ombre. Partiamo da quest’ultime: «durante la pandemia, anche le assenze degli insegnanti hanno influito sul regolare funzionamento delle scuole, a causa sia dei contagi sia della quarantena preventiva. In Italia – cita il report - le assenze degli insegnanti sono aumentate considerevolmente (di oltre il 5%) tra gli anni scolastici 2019/20 e 2021/22».

Numeri che hanno avuto senz’altro ripercussioni sull’andamento scolastico dei nostri alunni. Ma ci sono anche note liete: «l'accresciuta digitalizzazione del sistema scolastico è stata una delle principali conseguenze della pandemia in molti Paesi dell'Ocse. A livello di scuola secondaria inferiore, l'Italia ha risposto alla pandemia offrendo una maggiore disponibilità di strumenti digitali a scuola, di opportunità di apprendimento ibrido, formazione digitale interna per gli insegnanti e per gli studenti».

Anche questo l’abbiamo visto e vediamo come corra il rischio di andare perso a causa di una mancata continuità.

Ancora troppo pochi studenti scelgono le STEM

Ma arriviamo allo scoglio finale. Di fronte a una scuola dell’obbligo così descritta in Italia, le discipline artistiche e umanistiche, con una percentuale del 20%, sono state le più diffuse i tra gli indirizzi scelti dalle matricole universitarie, a differenza di quanto accade nella maggior parte dei Paesi dell'Ocse, in cui le discipline più popolari sono state economia, gestione e giurisprudenza.

Malgrado la crescente necessità di competenze digitali e le buone prospettive occupazionali per gli studenti laureati in tecnologie dell'informazione e della comunicazione, solo una piccola parte dei neoiscritti all'istruzione terziaria sceglie questi indirizzi.

Eppure in Italia, l'88% dei 25-64enni con una qualifica terziaria nel campo delle tecnologie ha un lavoro, ma gli studenti di tali discipline rappresentano solo il 2% delle matricole universitarie. Tale dato è inferiore alla media dell'Ocse del 6%.

Va da sé che è necessario investire fin dalla scuola dell’infanzia sulla promozione delle discipline matematico scientifiche per le quali esiste ancora una certa “resistenza”. In primis è necessario puntare su una formazione didattico e pratica degli insegnanti dei primi anni del ciclo d’istruzione così come può essere utile un investimento da parte delle scuole su progetti specifici che vanno nella direzione di stimolare, fin dai tre – dieci anni, l’interesse per queste materie.