Preparare da mangiare, allacciarsi le scarpe, fare il letto… Sono azioni banali che compiamo quotidianamente. Senza pensarci. Ebbene, insegnarlo ai bambini e alle bambine significa spiegare loro la procedura da eseguire passo per passo affinché possano farlo da soli. Dare cioè le istruzioni che con esattezza indicano i gesti da compiere nella giusta sequenza. È un po’ quello che fa, anche se con un linguaggio diverso, chi programma: perché quando si programma, in fondo, si “istruisce” il computer affinché metta in atto una determinata procedura.
Allora, è proprio il caso di dirlo: gli ingredienti del pensiero computazionale e coding sono più a portata di mano di quanto si possa pensare e la scuola può e deve essere una palestra per allenarsi e acquisire questa abilità.
Il pensiero computazionale non può mancare nella cassetta degli attrezzi dei ragazzi e delle ragazze che adesso frequentano la scuola e che fra qualche anno dovranno affrontare le sfide del mondo del lavoro. È una delle competenze chiave indicate dall’Institute for the Future e dall’University of Phoenix Research Institute nel report Future Work Skills 2020, che analizza il panorama del lavoro e identifica le skill necessarie nei prossimi 10 anni.
Il pensiero computazionale è un’abilità fondamentale per tutti. Trasversale alle singole discipline di insegnamento. Non serve cioè solo ai futuri informatici e alle future programmatrici. Ne è convinta anche Jeannette M. Wing, docente e responsabile del dipartimento di Computer Science alla Carnegie Mellon University, che già nel 2021 sosteneva infatti che “alla lettura, alla scrittura e all’aritmetica, dovremmo aggiungere il pensiero computazionale fra le competenze che ogni bambino deve acquisire”.
Il pensiero computazionale, infatti, aiuta a sviluppare capacità logiche e di problem solving, in modo creativo ed efficiente. È un approccio che consente ai bambini di imparare a scomporre problemi grandi in problemi più piccoli e a pensare fuori dagli schemi al fine di giungere alla soluzione. Per Alfonso Molina, co-creatore e direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale, “è un insieme di abilità mentali che serve a semplificare problemi complessi. È un modo di pensare algoritmicamente, perché di fatto porta a individuare la procedura, la sequenza precisa di istruzioni, l’insieme di regole da seguire per eseguire un compito.
Pensate alla ricetta per preparare pane e marmellata. O alla successione di azioni da compiere per fare i lacci alle scarpe. Sono esempi di algoritmi nella vita quotidiana. Perché, in fondo, un algoritmo è la sequenza delle operazioni da compiere per risolvere un determinato problema. Ecco che allora, anche semplicemente facendo loro scrivere una ricetta e mettere poi le mani in pasta, facendo attenzione all’ordine e alla univocità delle istruzioni, i bambini possono fare la prima esperienza “intuitiva” di algoritmo, con gli input (gli ingredienti), la lista di passi da fare (le istruzioni per realizzare la ricetta) e l’output (la merenda), e imparare così i concetti fondamentali della programmazione.
Non è un caso che l’Unesco abbia richiesto agli Stati membri di “integrare i fondamenti scientifici dell’informatica nell’educazione generale di tutti i cittadini” (lo fa nel documento Paris Call: Software Source Code as Heritage for Sustainable Development).
Del resto, come ha evidenziato anche Molina, “la tecnologia digitale ha già cambiato il modo di vivere, viaggiare, studiare e lavorare. E continuerà a farlo in futuro. Le competenze digitali saranno dunque sempre più necessarie per qualsiasi professione. Ma non solo: il pensiero algoritmico aiuta a sviluppare pensiero logico, quindi a ragionare”.
È dunque anche uno strumento utile per imparare perché aiuta a formalizzare il processo da percorrere per raggiungere l’obiettivo, che sia la risoluzione di un problema o la strategia migliore per ripassare storia prima dell’interrogazione. E il modo più semplice e divertente di sviluppare il pensiero computazionale è attraverso la programmazione (coding) in un contesto di gioco.
“Il coding” scrive Linda Liukas in Hello Ruby. Avventure nel mondo del coding (Erickson), “è l’alfabetizzazione del XXI secolo”.
Il Miur, in collaborazione con il Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica (Cini), ha avviato dal 2014 l’iniziativa Programma il futuro (sul sito programmailfuturo.it è disponibile una serie di lezioni interattive e non) proprio per fornire alle scuole strumenti semplici e facilmente accessibili per avvicinare gli studenti alla pratica della programmazione. Sulla piattaforma potete trovare diverse iniziative a cui far partecipare la classe. Niente paura, sarà un’esperienza divertente anche per voi insegnanti!
Ecco un’attività che potete proporre in classe: realizzare un’opera d’arte fatta di post-it colorati partendo da istruzioni codificate.
Suddivisi in gruppi da quattro, guidate gli alunni e le alunne nella scelta di un soggetto da rappresentare. I gruppi non devono essere al corrente del soggetto scelto dagli altri gruppi. Su un foglio a quadretti fate disegnare e colorare la bozza dell’opera d’arte che sarà poi realizzata in grande formato. Ricordate: ogni quadretto rappresenta un post-it.
A questo punto devono inventare una legenda per codificare il disegno. Altrimenti detto: devono iniziare a programmare. Ciascun gruppo deve creare, cioè, le istruzioni che indicheranno quale post-it bisogna attaccare e dove per riprodurre il disegno. Per esempio, nell’attività proposta nel libro Tinkering coding making. Per bambini dai 6 agli 8 anni (Erickson) si suggerisce di codificare il colore verde con la lettera V; il rosa con la R e l’azzurro con la A. E di contare i quadratini sul disegno quadrettato per creare le istruzioni relative alla posizione dei post-it di diverso colore: riga per riga, partendo dalla riga più alta fino a quella più bassa.
Per esempio, se nella prima riga i primi otto quadratini devono essere colorati di rosa, i sei successivi di verde, e l’ultimo di azzurro, il codice sarà Riga1: 8R, 6V, 1R.
Ricordate ai vostri alunni di controllare più volte il codice, altrimenti al momento della realizzazione dell’opera con i post-it il risultato potrebbe essere un po’ cubista.
Deve essere ben chiaro il concetto di “istruzione univoca”, molto importante in programmazione: il codice, cioè, deve avere un solo significato e non deve poter essere interpretato in altri modi. A questo punto i gruppi possono scambiarsi tra loro il codice che descrive il disegno e iniziare a eseguirlo. E il gioco è fatto.
Insegnare il pensiero computazionale anche senza l’ausilio di strumenti digitali è fondamentale per far sviluppare a bambine e bambini i ragionamenti matematici necessari per la vita di tutti i giorni, non soltanto per diventare programmatori!