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Mario Lodi, le 10 lezioni per gli insegnanti di oggi

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Mario Lodi, le 10 lezioni per gli insegnanti di oggi
Attilio Rossetti (Mario Lodi - Casa delle Arti e del Gioco)

Dalla classe democratica alla centralità del bambino all'interno del percorso educativo. A otto anni dalla sua scomaprsa, il maestro Lodi continua ad insegnarci come coltivare anime e talenti delle generazioni future

Il 17 febbraio è una data da non dimenticare: ricorre il centenario della nascita di Mario Lodi (1922-2014), uno dei maestri protagonisti del rinnovamento pedagogico in chiave democratica della scuola italiana e scrittore  di molte storie per ragazzi tra cui non si può dimenticare Cipì (1961), ormai un vero classico, tradotto in molte lingue. Chi non conosce la storia del passero nata sui banchi della scuola di pianura?

Ma Mario Lodi non si può ricordare solo per Cipì, per La mongolfiera o C’è speranza se questo accade al Vho: la storia del maestro nato a Piadena cent’anni fa è ancora oggi attuale. Basterebbe osservare le immagini della mostra a lui dedicata “La scuola di Mario Lodi” o rileggere alcuni suoi testi per fare di quell’esperienza una nostra pratica quotidiana.

Ecco dieci lezioni di Mario Lodi per i maestri di oggi

  • Far nascere la democrazia. Quando nel 2011, intervistai Lodi raggiungendolo nella sua cascina divenuta “Casa delle arti e del gioco” alla domanda “Cosa faceva quando entrava in aula?” mi rispose: “Ci mettevamo in cerchio per poterci guardare in faccia e non allineati in modo che uno non coprisse l’altro. Mi raccontavano di loro, del papà, del loro gattino, di ciò che amavano mangiare. Lì nasceva la base della democrazia. Se questo esercizio lo faccio ogni giorno creo l’abitudine alla democrazia”. Oggi lo chiameremmo setting dell’aula. Il maestro ci insegna a creare una situazione dove nessuno mostra la schiena all’altro ma tutti si guardano negli occhi, si confrontano.
  • Nell’ultima intervista, per i suoi novant’anni, Mario raccontò: “Fu il mio primo giorno di scuola a San Giovanni in Croce, al principio degli anni Cinquanta. Mentre parlavo, uno dei bambini si alzò dal suo banco e andò a guardare cosa succedeva sui tetti di fronte. A poco a poco anche gli altri fecero lo stesso. E allora mi domandai: lasciar fare o reprimere? Così mi alzai, e insieme a loro mi misi a guardare il mondo alla finestra”. Con questa frase Lodi ci insegna un principio sacrosanto per chi fa il maestro: lui sta con i bambini, condivide le loro scelte, sempre! Il bambino non va oppresso ma va messo al centro della lezione.
  • “Non c’è cattedra: per me una sedia è più che sufficiente”. Uno degli scatti più emozionati del catalogo e della mostra “La scuola di Mario Lodi” è quello che lo ritrae seduto accanto al banco di un bambino. Nelle aule di Lodi non c’era alcuna cattedra, alcun predellino. Anzi racconta Mario: “Abbiamo trasformato gli angoli dell’aula in piccoli atelier per la pittura, per il gioco, per il teatro”.
  • Il maestro di Piadena realizzava in classe un giornale: “Il bambino è produttore di cultura. La ricerca è il mezzo con cui il bambino apprende. Scrivere è slargare il mondo, scoprire gli altri”.
  • Accanto al giornale, il maestro aveva creato una piccola cooperativa, aperta ai bambini e ai genitori. “L’amministrazione – spiega Lodi – non è un semplice gioco, ma l’attività che permette la sopravvivenza del giornale: è l’aspetto matematico di essa”. Il maestro Mario ci insegna ad affidare responsabilità ai bambini. Solo così si rendono maturi.
  • “Cipì” nasce dalle conversazioni collettive: non è una fiaba voluta ma cresciuta quasi per caso. Lodi ci insegna attraverso questo e altri testi (famosa anche la corrispondenza tra i bambini di don Lorenzo Milani e quelli di Piadena), l’importanza della scrittura collettiva.
  • “Cerco di collegare le attività alla vita e questo mi richiede una nuova riorganizzazione del lavoro per valorizzare tutti i contributi. Il modo naturale di “sentire” gli altri in libertà si fonda su due presupposti: eliminare qualsiasi forma di timore e di soggezione (e il voto è l’impedimento maggiore)”. Nella scuola di Lodi non esistono i voti.
  • “L’insegnante sarà dunque l’animatore che stimola e aiuta i bambini a vivere il tempo scolastico facendo esperienze interessanti e coinvolgenti. E lo farà prima di tutto stabilendo con loro un rapporto personale da amico”. Una lezione di vita: si può essere autorevoli (non autoritari) anche da amici.
  • In una lettera agli insegnanti all’inizio dell’anno scolastico scrive: “Non dimenticate che davanti al maestro e alla maestra passa sempre il futuro. Non solo quello della scuola, ma quello di un intero Paese: che ha alla sua base un testo fondamentale e ricchissimo, la Costituzione, che può essere il vostro primo strumento di lavoro”. La Carta Costituzionale dev’essere uno strumento, un libro da tenere in classe e adoperare.
  • Mario Lodi in quegli anni viene anche criticato. Sul quotidiano “La Provincia” di Cremona appaiono lettere contro il suo modo di fare il maestro. Fare il nostro mestiere, raccontandolo, testimoniandolo, mettendoci la faccia è pericoloso ma è un rischio da correre.
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