Mille realtà innovative esaminate tra scuole, realtà non profit e profit, giovani e imprenditori sociali. Sono questi i numeri della nuova Mappatura dell'innovazione educativa in Italia realizzata da Ashoka, il più grande network mondiale di imprenditori sociali innovativi: oltre 4mila, da 94 Paesi, sostenuti da questa associazione che punta a creare reti virtuose e a massimizzare l'impatto innovativo delle loro idee e dei loro progetti.
Secondo il report di Ashoka, presentato il 14 dicembre alla Camera dei Deputati, la crisi sanitaria del 2020-21 ha fatto emergere in maniera ancora più evidente la difficoltà del sistema educativo italiano ad adattarsi alla complessità della modernità. C'è un diffuso malessere a scuola, sia tra i docenti, i cui tassi di burn out sono aumentati considerevolmente con la pandemia, sia tra gli studenti, sempre più preda di stanchezza, apatia, irritabilità e preoccupazione.
Mai come ora c'è bisogno di innovare, di valorizzare l'immaginazione, l'intuito e la libertà. Contrariamente al cliché che vede la scuola italiana immobile, invischiata in pastoie burocratiche e bloccata da gerarchie e “tradizioni” pedagogiche, la fotografia scattata dal report di Ashoka è un'immagine dai colori brillanti per la passione e l'entusiasmo di tantissimi operatori del settore educativo. Senza contare che i rilevanti fondi messi a disposizione dal PNRR hanno certamente dato una bella spinta ai processi innovativi già in atto. “Questa bellissima raccolta di esempi virtuosi è la dimostrazione che il territorio è sempre più avanti del legislatore ed è un enorme passo avanti per le proposte educative del Paese”, ha commentato Mauro Berruto, componente Pd della Commissione Infanzia e Adolescenza della Camera.
Del Comitato Consultivo che ha svolto l'indagine hanno fatto parte accanto ad Ashoka 10 partner strategici esperti di innovazione educativa e 3 partner sostenitori. La mappatura (la terza realizzata dal 2017 ad oggi) questa volta si è allargata al di fuori dell'ambito strettamente scolastico perché, come sostengono i relatori di Ashoka, la scuola non è un'isola, e fare innovazione non può ormai prescindere dall'apertura al territorio e alle realtà profit e non profit. Oltre agli istituti di ogni ordine e grado, sono stati presi in considerazione dunque anche progetti e metodologie di insegnamento, insieme a leader di cambiamento, ovvero individui con visione, motivazione ed esperienza nel cambiare la scuola.
Accanto a loro, enti multi-settoriali impegnati da diversi anni nel creare un ecosistema che permetta di far emergere l'innovazione educativa attraverso collaborazioni con realtà pubbliche e private. Il rapporto naturalmente ha dei limiti: non è esaustivo, anche se raccoglie davvero un numero impressionante di casi virtuosi. Soprattutto, non è in grado di offrire indicazioni sul reale peso statistico di queste realtà innovative nel panorama scolastico generale.
Chi sono dunque gli innovatori in Italia? Per quanto riguarda la scuola, dal report emerge che i docenti più innovativi sono nella fascia di età tra i 40 e i 50 anni (33%) o over 50 (37%). D'altra parte, l'età media del nostro corpo docenti è tra le più alte in assoluto e il percorso di precariato per ottenere la cattedra è molto lungo. I giovani leader del cambiamento sotto i 30 anni si trovano soltanto in contesti extra scolastici. Ad affiancare la scuola nel compito educativo, infatti, si fanno spazio realtà profit (3%) e non profit (11%) con progetti anche estremamente interessanti.
Da menzionare, poi, la categoria in forte ascesa degli Edu-influencer: divulgatori pedagogici che si rivolgono direttamente agli studenti via web. Il report ne individua ben 168. Spesso costruiscono prodotti di grande qualità, molto apprezzati anche dai docenti, che veicolano attraverso piattaforme come YouTube, TikTok e Instagram. Alcuni influencer prediligono lo scambio tra docenti e per questo utilizzano gruppi Facebook o siti web creati ad hoc per contenere materiale da poter scaricare.
Il maggior numero di innovazioni scovate dalla mappatura di Ashoka si colloca nel primo ciclo, sommando le proposte arrivate dagli istituti comprensivi, dalle primarie e dalle secondarie di primo grado (51%). Ma ben il 40% dei progetti innovativi è stato elaborato dalla scuola secondaria di secondo grado che quindi dimostra di aver iniziato a percorrere con brio la strada dell'innovazione. Una piccola rappresentanza di innovazioni candidate è stata registrata anche nella scuola dell’infanzia e negli asili. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, l’indagine riscontra un numero maggiore di esperienze d’innovazione al Nord Italia. Infatti, il 49% delle realtà candidate proviene dalle regioni settentrionali, il 22% dal Centro Italia e il 23% dal Sud Italia cui si aggiungono con il 5% le Isole.
A quali bisogni rispondono le strategie d’innovazione rilevate dalla mappatura? Contrastare la dispersione scolastica, valorizzare le competenze del XXI secolo, creare benessere, sfruttare il potenziale del digitale nella creazione di percorsi educativi di senso, ripensare la valutazione formativa e sfruttare le opportunità offerte dal patrimonio culturale per rendere i giovani protagonisti di cambiamento. È interessante evidenziare come la maggior parte delle progettualità siano destinate alle fasce di transizione da un ordine di scuola ad un altro. La mancanza di orientamento è un problema molto sentito e una sfida raccolta dagli innovatori soprattutto negli istituti di formazione professionale e nelle scuole secondarie di secondo grado. La didattica non sembra rispondere ai reali bisogni della società del XXI secolo, e la scuola appare come “un’isola”, incapace di leggere i bisogni del territorio e, conseguentemente, di indirizzare i singoli in percorsi generativi e di senso per le proprie specificità.
Il malessere psicologico di studenti e studentesse è rilevato quotidianamente dai docenti innovatori che hanno messo in campo strategie per creare un ambiente scolastico positivo e inclusivo all’interno del quale ogni studente e studentessa possa sentirsi a proprio agio. Ad esempio, sono stati utilizzati laboratori sulla conoscenza delle emozioni, sulla loro gestione e condivisione. Oppure attività di formazione sulle competenze del benessere per gli insegnanti, per identificare e rispondere ai segnali di malessere psicologico degli studenti. Il benessere è sicuramente la priorità di tutte le categorie scovate in questa indagine.
Altro filo rosso è la volontà di sfruttare al meglio il digitale nella didattica per attivare processi di cambiamento. L’utilizzo di strumenti digitali permette al docente di proporre una didattica più attrattiva per le nuove generazioni e nel contempo di formarle a un utilizzo più consapevole dei device. Infine, l'apertura al proprio territorio con l’obiettivo di creare reti e interconnessioni con realtà pubbliche e private viene giudicata indispensabile dagli innovatori. La scuola deve acquisire un ruolo da protagonista nello sviluppo sociale per consentire l'acquisizione di quelle competenze trasversali, relazionali e personali che saranno davvero utili ai ragazzi per la vita.
Insomma, di innovazione nella nostra scuola ce n'è molta e in molte e cruciali direzioni. Il problema rimane sempre lo stesso: come metterla a sistema? Come far sì che le bellissime esperienze mappate da Ashoka non si esauriscano tra le mura di un'aula o, quando va bene, di un plesso ma riescano a formare e uniformare l'intero sistema scolastico italiano?
Dall'indagine Ashoka emerge un consiglio prezioso: non è più possibile pensare di affrontare le sfide della modernità in campo educativo con le sole proprie forze. Bisogna superare l'individualismo per confluire in una leadership condivisa, in un disegno collettivo del progetto educativo. “Solo attraverso un approccio sistemico e coordinato possiamo garantire che le innovazioni che emergono in varie parti del mondo scolastico abbiano un impatto significativo e duraturo sul sistema educativo nel suo complesso - ha dichiarato Elena Mosa, ricercatrice dell'INDIRE, uno dei partner di Ashoka per la realizzazione di questa mappatura -. Le scuole devono aprirsi alle opportunità generative che derivano dalla condivisione delle migliori pratiche, dall’apprendimento reciproco e dalla costruzione collettiva del sapere. La collaborazione non solo accelera il processo di innovazione, ma crea anche un terreno fertile per lo sviluppo di soluzioni sinergiche a sfide comuni”.