E se a parlare di bullismo in classe invitassimo i ragazzi al posto degli adulti esperti? Coetanei dei nostri studenti o di poco più grandi, saprebbero certamente trovare le parole giuste per convincere gli studenti a fare la cosa giusta: reagire, tutti insieme. È questa l'idea di MaBasta, il Movimento Anti Bullismo Animato da STudenti Adolescenti. È nato nel 2016, dall'idea di una classe prima dell'istituto superiore Galilei Costa di Lecce.
Quel gruppo di quindicenni ha saputo mettere a punto un vero e proprio modello per contrastare il bullismo, sperimentato con successo ormai da moltissime scuole. Mirko Cazzato, il leader del gruppo, oggi ha 20 anni e si dedica a tempo pieno a trovare finanziamenti per la sua start up. Per il suo impegno sociale è stato nominato Studente dell'anno 2021 da YEA-Your Edu Action ed è stato selezionato nella Top 10 mondiale del Global Student Prize.
MABASTA: UNA START UP SOCIALE NATA A SCUOLA
“La mia scuola spingeva gli studenti a creare la propria impresa: se ti veniva un'idea di prodotto, ti aiutavano a testarlo e a metterlo sul mercato. La nostra classe per la prima volta ha realizzato l'idea di una start up sociale, senza scopo di lucro. Avevamo appena letto su un post di Facebook che una ragazzina si era gettata dalla finestra a Pordenone a causa dei bulli che la tormentavano. Per fortuna una tapparella aperta aveva attutito la sua caduta e si era salvata. Eravamo pieni di rabbia e i nostri prof ci hanno esortato a gridarla forte perché arrivasse a tutti. Facemmo il nostro primo comunicato stampa e fu pubblicato dopo qualche giorno sul Corriere della Sera!”
“Da lì è partita una reazione a catena, siamo stati intervistati dai Tg nazionali e da Striscia la notizia, abbiamo conosciuto grandi personaggi come Papa Francesco, il presidente Sergio Mattarella, vari ministri, attori come Tom Holland (l'interprete di Spiderman), Alessandro Zani e tanti altri. Roberto Mancini ha fatto un video dove esprimeva la sua vicinanza al progetto... Insomma, grandi vip si sono messi al fianco della nostra causa. E siamo anche finiti sul palco di Sanremo con Carlo Conti e Maria de Filippi,” dice Marco Cazzato che abbiamo intervistato.
Qual è la vostra idea contro il bullismo? “Spronare ogni singolo ragazzo a fare qualcosa di concreto, a non rimanere in silenzio, a non dire quella fatidica frase «io mi faccio i fatti miei» ma ad agire, a non aver paura di parlare o scrivere su un bigliettino quello che ti capita o quello che vedi. Soltanto se tutti noi ragazzi insieme facciamo qualcosa di concreto possiamo davvero mettere fine a questa terribile piaga”.
"L'unione, la coesione, il gruppo: è questa la chiave. Creare una gang di buoni, che si contrapponga al gruppetto di bulli".
“Noi proponiamo di eleggere in ogni classe, a scrutinio segreto, un bulliziotto e una bulliziotta: ragazzi rispettosi e rispettati ma non temuti, che abbiano la capacità di mettere pace e soprattutto che riescano a captare ogni forma di bullismo all'interno della classe. Devono creare un contro-branco, un gruppo di amici e amiche che vada contro il gruppo dei bulli, naturalmente non per picchiarli o insultarli ma per far capire loro che stanno sbagliando. Contemporaneamente, i bulliziotti con questo gruppo di amici devono far capire alla vittima che non è sola”.
Non è mai capitato che questi bulliziotti diventassero a loro volta vittime dei bulli, che venissero presi di mira? “No, perché non devono essere da soli. Naturalmente se il bulliziotto va da solo contro tre bulli è molto facile che venga preso di mira anche lui. Ma deve creare un gruppo di 5, 6, 7 amici, quindi sarà difficile che il bullo se la possa prendere con sette persone contemporaneamente”.
Il metodo di MaBaSTA prevede anche di installare in un punto strategico della scuola la Bullibox, una cassetta delle lettere dove imbucare segnalazioni in modo anonimo. Poi sarà opera degli adulti aprire la scatola ed esaminare i bigliettini, verificarne il contenuto e prendere provvedimenti.
Avete girato parecchie scuole, immagino sarete venuti a conoscenza di tanti casi concreti di bullismo. Ti sei fatto un'idea della motivazione, di cosa scatta in queste persone? “Io ho avuto «l'onore» di conoscere ex bulli, i cosiddetti bulli pentiti, e tutti quanti mi hanno detto che loro erano cattivi in quel periodo della vita semplicemente perché era un brutto momento. Mi hanno spiegato che si sentivano soli, magari perché i genitori si stavano separando, e sfogavano la loro rabbia picchiando gli altri. Non tutti hanno un piatto caldo quando tornano a casa da scuola e anche questo può essere un forte motivo di stress per i ragazzi. La maggior parte delle volte questi bulli non sanno relazionarsi con il prossimo, non sanno farsi degli amici. Credono che picchiando i più deboli e avendo l'appoggio degli altri questi ultimi siano loro amici ma non è così. Va spiegato al bullo che se evitasse di prendere a pugni e insultare gli altri avrebbe amici veri e non delle persone che semplicemente lo temono”.
Quindi c'è una grande solitudine alla base di questo atteggiamento? “Sì, il bullo è una vittima di se stesso. Ci sono due vittime: chi viene preso di mira e il bullo stesso, che è vittima della società e di qualcosa che è più grande di lui. Con questo non voglio giustificare il bullismo perché è ingiustificabile, però gli spettatori, coloro che non subiscono niente e non fanno niente, devono comprendere che oltre ad aiutare la vittima va aiutato anche il bullo perché ha dei problemi e se se li porta dietro da grande magari poi finirà in carcere, perché questa sua non capacità di relazionarsi con gli altri lo porterà da adulto a prendere direzioni sbagliate. Gli spettatori possono fare la differenza perché sono la maggioranza: in una classe uno o due sono vittime, tre o quattro sono bulli ma tutti gli altri sono spettatori. Se fanno gruppo e si uniscono, riescono a far comprendere alla vittima che non è sola e al bullo che sta sbagliando”.
Con il Covid riuscite a fare incontri nelle classi? “È molto più difficile e i tempi si sono molto allungati ma andiamo avanti. Io ho tanti progetti in piedi, contiamo di raggiungere 300 classi in Italia, ne abbiamo già raggiunte 250. Non è il Covid a fermarci. Magari non ci possiamo andare fisicamente, dobbiamo fare tutto online, però funziona bene comunque. Facciamo un incontro di 35/40 minuti con massimo tre classi in modo da riuscire ad avere un dialogo con tutti i ragazzi e a far comprendere l'importanza del messaggio che stiamo lanciando. Inviamo dei materiali prima dell'incontro così gli studenti li possono vedere e toccare con mano. Poi insistiamo molto sulle azioni concrete che i ragazzi dovranno mettere in pratica il giorno stesso, appena finito l'incontro. Li rendiamo partecipi del problema, loro si responsabilizzano e cominciano a fare qualcosa di concreto per combattere il bullismo. E i risultati si vedono.
Molto spesso i dirigenti ci chiamano e ci dicono: «Caspita pensavo che in questa scuola non ci fosse bullismo e invece sono venuti fuori grazie a voi casi che ora stiamo affrontando e risolvendo»”.
A girare nelle classi sono 25 ragazzi e ragazze dai 14 ai 17 anni. Vanno soprattutto nelle scuole secondarie di primo grado perché, come dice Mirko, “il problema del bullismo bisogna affrontarlo dalle radici non dalla cresta. Il nostro target va dalla quarta elementare alla seconda superiore. I nostri interventi sono gratuiti. Se poi le scuole ne hanno la possibilità possono donare a MaBasta dei piccoli fondi che ci aiutano a ripagare i materiali e la benzina. Le scuole possono anche scaricare gratuitamente i materiali direttamente dal nostro sito”.
MaBasta mette a disposizione di tutti anche il DAD, Digital Antibullying Desk, un centro di ascolto digitale per accogliere in tempo reale ogni segnalazione, realizzato grazie a un crowdfunding e a un finanziamento pubblico. Basta andare sul sito, www.mabasta.org.