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Le parole del 2022: lo slang della generazione Z

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Le parole del 2022: lo slang della generazione Z
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Goblin, chad e cringe: ecco alcuni dei termini ed espressioni giovanili che hanno caratterizzato il 2022, con alcuni consigli agli insegnanti per capirci di più (ma non troppo!)

Delimitare confini: una questione di identità (generazionale)

Unpopular opinion: tra giovani e adulti è giusto non capirsi del tutto, soprattutto quando c’è lo slang di mezzo. E quindi? Una terza via esiste, ed è percorribile se da entrambe le parti c’è la volontà di abbandonare il punto di vista di pregiudizi e stereotipi, che suonano più o meno così: da un lato l’inconfondibile “ok boomer” pronunciato nei confronti di tutto ciò che è adulto, dall’altro frasi come “lo slang delle nuove adolescenze inquinerà la lingua italiana” ma anche “noi eravamo giovani migliori”.

Intanto lo slang ha una funzione molto importante per la costruzione dell’identità generazionale e ricopre all'interno delle varietà dell'italiano una posizione di rilievo per apertura, flessibilità e dinamismo. Poi i termini e le espressioni dei giovanissimi prendono vita se hanno una loro funzione. All'interno della loro tribù linguistica, il sistema-lingua funge proprio da oggetto attraverso cui sentirsi parte integrante di un gruppo e, dall'altra parte, attraverso cui distaccarsi dalla tribù "dei grandi". Quando parlo di funzione mi riferisco anche a espressioni legate alle piattaforme, che sono particolarmente utilizzate dalle nuove adolescenze. Non è casuale dunque rintracciare neologismi e soprattutto anglismi legati al mondo digitale.

Perché conoscere lo slang degli Zedders?

Se guardiamo alla Generazione Z, ovvero ai nati tra il 1995/1996 e il 2010, l'attenzione al gergo generazionale inizia già nella preadolescenza, a partire dai dieci anni. I termini sono tantissimi e cambiano molto velocemente nel tempo. Complici le piattaforme social e i trend linguistici che su TikTok, per esempio, viaggiano sull'onda della viralità. Cringe, crush, flexare, blastare

Recentemente ho avuto modo di curare un intervento sul linguaggio generazionale in un liceo e molte studentesse e studenti mi hanno confermato che gran parte di questi termini sono già obsoleti. In questi anni, mentre hanno esaurito la loro carica nella tribù generazionale, sono state riconosciute dal mondo degli adulti, che solo ora si interrogano sui significati. Capite quanto il tempo sia un fattore determinante per il dialogo intergenerazionale, oggi? Per questo cerco di parlare tanto con loro. A volte non sono obsoleti i termini ma i loro significati, che mutano molto velocemente.

Piccolo dizionario 2022 della Generazione Z

Ecco tre espressioni che secondo me hanno caratterizzato lo slang del 2022 della Generazione Z.

Il trend linguistico di TikTok: #goblinmode

Perché dovremmo assomigliare ai goblin? Che cosa abbiamo in comune con questi folletti malvagi vestiti di stracci, rappresentati come figure leggendarie nelle storie folkloristiche alla Tolkien? A spiegarlo è proprio l’utilizzo di questo hashtag sulle piattaforme social, #goblinmode, che su TikTok vanta di più di ha 366mila visualizzazioni ed è associato per esempio a video ironici di ragazze senza trucco e con un abbigliamento poco curato che passano gran parte del loro tempo in casa.

“Essere un goblin” o meglio “comportarsi come un goblin” simboleggia il rifiuto di tutto ciò che oggi la nostra società ci impone: avere un’estetica perfetta, essere sempre presenti sui social, conoscere tutte le notizie del giorno, insomma essere sul pezzo. E invece il desiderio è esattamente l’opposto: una vita off(line).

Attenzione però, il #goblinmode non è un’identità permanente, ma un vero e proprio stato d’animo, come ha detto in un’intervista Dave McNamee, che si professa l’ideatore della fortunata locuzione. Guardando dall’alto questo buffo trend possiamo però cogliere informazioni importanti sulle pressioni che le nuove adolescenze avvertono alla luce dell’era post-pandemica. Non credo sia casuale la ricerca, seppur esagerata, di ribellarsi alla “società della performance” che viviamo ogni giorno e rintanarsi in una dimensione tutelata, dove non esiste il giudizio e dove forse, possiamo prendere distanza anche dalle (brutte) notizie di questi ultimi anni, come crisi climatica, guerre o futuro lavorativo molto fumoso.

Se dicono che “sei un chad” puoi iniziare a preoccuparti

Negli Stati Uniti circola da molti anni, ma in Italia è questo il suo momento. Mi riferisco al termine “chad”, nato nel sottobosco di internet per indicare lo stereotipo del ragazzo popolare delle high school americane, solitamente il “bello con gli addominali” della squadra di football. Anche se apparentemente più farci sorridere, definire qualcuno “chad”, per le nuove adolescenze, è un vero e proprio insulto.

Esattamente come #goblinmode, anche “chad” denuncia una serie di imposizioni estetiche attribuibili al genere maschile. Significa che ne sei schiavo, che non hai una personalità. Più precisamente: che non ti sei interrogato sul genere. Esiste addirittura un’emoji dedicata, molto diffusa nella cultura pop giapponese: si tratta dell’icona dei Moai, le statue che si trovano sull'Isola di Pasqua. Perché ricorda proprio il chad? Per i tratti marcati del volto e, soprattutto, la grandezza della mascella. Su TikTok sono virali moltissimi video dove i ragazzi imitano il chad usando un filtro speciale che allunga il volto. Provare per credere.

Il cringe è un imbarazzo evoluto

In un post su Facebook della pagina di Treccani la parola cringe veniva descritta attraverso il concetto di “vergogna vicaria” del filosofo Tonino Griffero: di fatto, secondo lui, siamo “cringiati” quando proviamo vergogna per chi non la prova affatto. Se ci pensate, è qualcosa di molto simile a ciò che in italiano esprimiamo con la locuzione “mi vergogno per qualcuno”.

Ma c’è di più. Avete presente quando l’imbarazzo è così insostenibile da voler fuggire o, meglio ancora, da desiderare il mantello invisibile di Harry Potter? Cringe, per l’Oxford Dictionary, sembra derivare da cringan, un verbo dell’inglese antico che nel lessico bellico indicava “arrendersi”, “piegarsi” e  “rannicchiarsi”, che può essere associato anche al tedesco krank “malato”. Insomma, con cringe ci si riferisce a una situazione difficile da gestire. Letteralmente, oggi significa “indietreggiare per il disgusto”, e ancora “strisciare”.

Per le nuove adolescenze, gli adulti che utilizzano i social sono cringe perché non si rendono conto dei vari livelli di humor (black humor, direi), per esempio, di cui sono costituiti i meme. E per questo anche considerati "boomer". Per questo termine, mi sento di dover specificare che non vale solo l'aspetto anagrafico, ma pure l'uso improprio degli oggetti che le nuove adolescenze utilizzano con significati particolari.