Spalancare gli occhi e la bocca in un atteggiamento che è di stupore e meraviglia. È così che il nostro corpo racconta una delle sei emozioni primarie: la sorpresa. Per chi vuole essere un buon educatore, forse la sorpresa rappresenta l’ingrediente più importante, tra quelli disponibili nel corredo emotivo di chi sta crescendo. È infatti la sorpresa che ci spinge alla ricerca del nuovo, che ci allontana da ciò che è già consolidato e appreso e ci muove verso ciò che rimane ancora ignoto e da conquistare.
Fondamentalmente è proprio così che potremmo raccontare il percorso di crescita e in modo particolare quello di apprendimento dei nostri alunni: un movimento continuo e mai pago verso una terra ignota, promessa. Il docente è in questo senso il condottiero che sta al timone della nave. Fa intuire le nuove terre che si potrebbero scoprire insieme, fa immaginare luoghi e persone di cui si ignora tutto, ma di cui si intuisce l’importanza.
La paura frena, blocca, congela. La paura si attiva a scopo protettivo, perché quello in cui ci si potrebbe imbattere può rappresentare un rischio o un pericolo che potrebbe avere esiti rovinosi. La sorpresa invece spinge a correre, ad andare verso l’ignoto. Avvolge ciò che ancora non si sa e non si conosce con un desiderio irrefrenabile, trasformandolo in qualcosa che deve essere raggiunto e conquistato. È la sorpresa che spinge il lettore a voler vedere come va a finire un libro. Ed è sempre la sorpresa che muove il ricercatore verso esperimenti e test di laboratorio di cui vuole validare le tesi che ancora nessuno è riuscito a dimostrare.
Costruire una didattica che attivi l’emozione della sorpresa è oggi fondamentale e sfidante al tempo stesso. Perché i nostri studenti vivono in un contesto che è iperstimolante e ipersollecitante. I loro sensori emotivi relativi alla sorpresa sono stati invasi e saturati fin da quando erano piccoli, da milioni di immagini, situazioni e stimoli che spesso hanno bloccato la ricerca attiva del meraviglioso all’interno del mondo reale. C’è così tanta meraviglia artificiale già pronta e preconfezionata negli infiniti schermi che fin dalla più tenera età i nostri studenti frequentano, da annullare la spontanea ricerca del nuovo e dell’ignoto che da sempre fa alzare lo sguardo e dirige con passo magari un po’ incerto ma pieno di speranza verso il futuro.
Rendere la classe un luogo di incontro con la meraviglia: è questa una delle sfide più complesse per i docenti dei nativi digitali. Aiutare i bambini a considerare l’ambiente naturale il più interessante scrigno del tesoro che si possa conquistare. Permettere loro di rimanere sintonizzati con i ritmi e i bisogni del loro corpo, senza che questi vengano stravolti da milioni di stimoli artificiali che saturano il loro ambiente di vita. Condurli alla scoperta dello splendore presente nell’arte, dell’incanto che li attraversa quando la musica li avvolge e li emoziona. Affascinarli con la scoperta costante dell’altro, tenendo allenate le loro competenze pro-sociali.
Incontrare la meraviglia è oggi possibile, proprio come lo era anni fa. Solo che è più sfidante, perché il rischio è quello della demotivazione, della noia, della distrazione continua. Però è solo promuovendo sorpresa e seminando stupore che si realizza la crescita. E in questo i bambini di oggi non sono differenti da quelli delle generazioni che li hanno preceduti.