Immerso in un fitto bosco, sulle pendici del monte Catria nell’entroterra marchigiano, il Monastero di Fonte Avellana è avvolto da un profondo silenzio, rotto di tanto in tanto dal suono delle campane e dal bisbiglìo di chi vi arriva in cerca di quiete. L’atmosfera mistica è così intensa da persuadere Dante, che qui fu ospite nel 1318, a collocarvi il Cielo dei Contemplativi (Canto XXI del Paradiso). Proprio a Dante è dedicata la biblioteca dell’eremo, ricchissima di testi religiosi e non solo. Importante centro camaldolese dell'ordine benedettino, il Monastero ha origine nel 980 e si configura come splendido esempio dello stile romanico. Lungi dall'essere un luogo separato dal contesto in cui è inserito, è un centro volto a intessere relazioni con differenti realtà culturali, laiche e religiose.
Sei monaci che vestono abiti laici organizzano visite guidate, anche per le scuole, alla scoperta di alcuni dei magnifici spazi interni e del giardino botanico. Ed è qui che incontriamo il priore Gianni Giacomelli: soltanto a vedere il suo sorriso ci si sente bene. Ci introduce, docenti e alunni, nel mondo spirituale e antropologico dell’interiorità umana, cosa ben diversa dalla religione. Apre davanti ai nostri occhi stupefatti il grande libro della Bibbia Poliglotta. È un testo del 1657, quando ancora si era lontani dall’Età dei Lumi. Presenta il testo biblico nella versione originale ebraica, accompagnato dalle versioni in greco, siriaco, targum o aramaico, samaritano e arabo. Ognuna di queste versioni è a sua volta tradotta in latino. La Bibbia, dunque, è considerata espressione della cultura di un popolo, un principio di inclusione e integrazione culturale che dovrebbe essere recepito da chiunque, soprattutto da chi educa i giovani e i bambini. Nella Bibbia Poliglotta la traduzione di tutte le versioni in latino (la lingua comune dell'epoca) permette a chi legge di comprendere come l’esperienza spirituale del Dio biblico sia entrata a far parte della struttura culturale e spirituale dei vari popoli. Apre la mente e il cuore a tutte le culture e alla loro corretta interpretazione.
DIVERSE LINGUE, DIFFERENTI SFUMATURE
Genesi 1,1: “In principio Dio creò il cielo e la terra”. Per la versione ebraica, il corrispondente latino dice “In principio Deus creavit caelum et terram”. Questo significa che nella cultura ebraica si è capaci di immaginare un essere che può far passare dal nulla al qualcosa. Il greco traduce così l’ebraico: “In principio Deus fecit caelum et terram”. Fece, non creò. Perché la cultura greca non riesce a concepire il passaggio dal nulla al qualcosa. La differenza tra fecit e creavit fa sì che lo stesso soggetto, Deus, acquisisca sfumature diverse nelle due culture, greca ed ebraica.
Il testo siriaco ci dice: “In principio Deus creavit esse caeli et esse terrae”: ovvero l’essere del cielo e l’essere della terra. Nel mondo ebraico non c’è posto per l’astrazione, mentre nel mondo siriaco l’astrazione diventa un modo di comprensione della realtà. Il testo arabo ci riserva una sorpresa: ricordiamoci che proprio gli arabi ci hanno lasciato in eredità i numeri, tra cui lo zero. Bene, se tutte le precedenti traduzioni latine iniziano con “in principio”, nella traduzione dall’arabo si legge: “Primum quod creavit Deus fuit….”. Straordinario! Dio diventa l’ordinatore delle cose. Primo, secondo, terzo… c’è un ordine nella creazione. Si capisce così che non può esserci un testo in grado di esprimere in modo universale la realtà, soprattutto se la realtà riguarda la dimensione spirituale.
La Bibbia Poliglotta dimostra, che esiste una pluralità della cultura. Oggi parliamo di inter-culturalità. O comprendiamo ogni cultura in termini interculturali e plurali, o non comprendiamo alcuna cultura.
UN TESTO DI PACE
Il priore Gianni è convinto che la Bibbia Poliglotta sia un testo di pace. L’attualità ce lo conferma. Leggo su un giornale: “Crociata dei monaci buddisti contro gli Islamici”. Il rapporto tra le religioni è subito presentato in termini conflittuali, istigando il lettore a sentimenti contrari, negativi. La Bibbia Poliglotta invece trasmette un messaggio di integrazione, comprensione: Dio è padre solo quando è al plurale, quando è inter-culturale, sia per chi crede sia per chi non crede ma pensa comunque a un orizzonte spirituale della vita.
Si potrebbe usare un’ulteriore categoria, oltre alla pluralità e all'inter-culturalità: è la trans-culturalità, superiore alle altre due, che ancora non uniscono completamente sebbene dialoganti. Ogni cultura, per essere davvero tale, deve essere trans-culturale: se ogni cultura dialoga con le altre, si lascia trasformare. Se ognuno capisse, come ci fa vedere la Bibbia Poliglotta, che ci sono tante idee di Dio, le guerre in suo nome finirebbero. E’ semplicemente meraviglioso come il priore Gianni riesca a far comprendere questo grande messaggio a tutti coloro che lo ascoltano, di qualsiasi provenienza e di qualsiasi età.
LA DOMANDA DELLE DOMANDE
Una terza della nostra Primaria era in visita a Fonte Avellana. Davanti alla Bibbia Poliglotta, arrivati alla versione araba, un bambino di origine algerina ha esclamato: “Ma questo è arabo!”. Il priore Gianni gli ha chiesto: “ Ma tu lo sai leggere?”. Il bambino si è risentito: “Ma certo!”. “Allora leggimelo!”. E il bambino ha letto. Ma quando i bambini vogliono dire qualcosa, non si trattengono, e il piccolo ha aggiunto: “Ma i nostri dii dicono tutti la stessa cosa!”. E poi: “Ma se i nostri dii dicono tutti la stessa cosa, allora si vogliono bene!”. Bellissimo, solo un bambino può pensarlo. E infine: “Ma se i nostri dii si vogliono bene, perché gli uomini si vogliono male?”.
Domanda di una profondità straordinaria. Un sillogismo perfetto: dicono la stessa cosa, si vogliono bene, allora perché gli uomini si vogliono male? Nessuna lezione di inclusione, cittadinanza, integrazione, tolleranza, apertura ha mai avuto questa efficacia. Per questo vi invito a visitare con i vostri studenti il monastero di Fonte Avellana e a incontrare il priore Gianni.