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Il metodo scientifico spiegato a scuola

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Il metodo scientifico spiegato a scuola
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Far comprendere ai bambini e ai ragazzi come opera la scienza e in che cosa consiste l’indagine scientifica non è poi così difficile. Ecco come fare

Ognuno di noi quotidianamente utilizza tecnologie che sono figlie delle straordinarie conoscenze che la scienza ci ha consentito di ottenere. Ciononostante ben poche persone sanno che cosa sia veramente la scienza e quali siano i metodi e i criteri che essa impiega per indagare la realtà. Nella maggior parte dei casi chi utilizza tecnologie complesse non ha la più pallida idea di come esse funzionino e su quali principi si basino. In pratica, esse rappresentano misteriose “scatole nere” in cui si ripone fiducia ma di cui si ignora completamente il funzionamento.

L’uso diffuso della tecnologia avanzata, tipico della nostra società, non corrisponde affatto a una equivalente diffusione di una mentalità scientifica. Questo atteggiamento può portare paradossalmente a derive sostanzialmente irrazionali e a considerare la tecnologia una sorta di nuova magia. Il compianto Umberto Eco aveva perfettamente compreso questa caratteristica singolare della nostra epoca.

La mancata conoscenza di che cosa sia e di come operi la scienza porta anche ad altri comportamenti paradossali. Le stesse persone che magari fanno ampio uso delle tecnologie figlie della scienza, contemporaneamente maturano diffidenza e sfiducia nei confronti della scienza stessa, preferendo discipline alternative che si presentano come più sensibili alle reali esigenze umane e meno influenzate da ipotetici poteri che, al contrario, condizionerebbero, secondo loro, l’establishment scientifico. Questo raggiunge il suo livello più grottesco in Internet.

Le tecnologie informatiche e il web rappresentano uno dei risultati più eclatanti che dimostrano l’attendibilità e l’efficacia delle conoscenze prodotte dalla scienza. Ciononostante Internet è pieno di siti che criticano e demonizzano la scienza, contrapponendo a essa discipline esoteriche e occulte, auspicando un abbandono della tecnologia e il ritorno a uno stile di vita più naturale e rimpiangendo ipotetici tempi antichi meno tecnologici e quindi più a misura d’uomo.

Si tratta di un curioso paradosso non dissimile da quello del cretese Epimenide (VI secolo a.C.) che affermava che tutti i cretesi sono bugiardi, o quello, che mi capitò di vedere tempo fa, di una scritta murale che affermava perentoria “Vietato scrivere sui muri!”.

IL METODO SCIENTIFICO NON È SPONTANEO

La diffusa ignoranza nei confronti della scienza e il clima di diffidenza nei suoi confronti che spesso l’accompagna hanno diverse cause. Sicuramente il modo di procedere tipico della scienza non è affatto spontaneo e naturale nell’uomo. Istintivamente noi tendiamo ad avere, nei confronti della realtà, approcci più simili a quello magico piuttosto che a quello scientifico. Quest’ultimo è una conquista che l’umanità ha fatto tardivamente nella sua storia.

La scienza modernamente intesa ha poco più di quattro secoli e nei millenni precedenti l’uomo ha seguito strade diverse per rapportarsi con il mondo. Questo vale anche a livello individuale: la mentalità scientifica si acquisisce con lunghi anni di studio e non è per nulla spontanea.

Secondariamente, vi è un problema di educazione. Come ama ripetere spesso il decano della divulgazione scientifica, Piero Angela, nelle nostre scuole si insegnano le scienze, ma non si insegna la scienza! Questa è purtroppo una cruda realtà. Nei programmi scolastici si dà spazio ai contenuti delle diverse discipline scientifiche: fisica, chimica, biologia, scienze della terra, eccetera. Ma quasi mai ci si sofferma sugli aspetti metodologici che caratterizzano la ricerca scientifica, al di là dei settori specifici. Questo purtroppo fornisce ai ragazzi solo nozioni, che inevitabilmente con il tempo si dimenticano, ma non influisce sul modo di pensare che invece è sicuramente l’aspetto più importante della scienza.

A conferma di ciò, vi è il fatto che non è per nulla infrequente trovare persone che, pur avendo seguito un corso di studi scientifici, non si fanno problemi a coltivare discipline che di scientifico hanno ben poco. Personalmente conosco laureati in biologia che credono all’astrologia, laureati in chimica che si curano con l’omeopatia, medici che praticano la medicina tradizionale cinese, laureati in fisica che credono allo spiritismo, eccetera. Questi casi, più frequenti di quanto si pensi, rappresentano un fallimento del sistema formativo.

DIMOSTRO QUELLO CHE AFFERMO

Far comprendere ai ragazzi come opera la scienza e in che cosa consiste il metodo scientifico non è poi così difficile. Lo si può fare con parole e concetti molto semplici. Il grande fisico americano Richard Feynman, premio Nobel nel 1965, lo aveva dimostrato in maniera esemplare in una delle sue celeberrime lezioni tenute al California Institute of Technology. La chiarezza di Feynman è quasi disarmante nella sua semplicità. Eppure ogni giorno possiamo osservare persone (talvolta, ahimè, anche con responsabilità politiche) che non esitano a sostenere e a difendere le loro idee, anche se non sono affatto in accordo con i fatti e in qualche caso sono palesemente smentite da essi.

Ne abbiamo avuto numerosi esempi anche in occasione della recente pandemia da SARS-CoV-2. Si potrà obiettare che spesso gli stessi scienziati non sono d’accordo tra loro. È vero, ma questo fa parte della normale dinamica evolutiva della scienza. Come ha espresso chiaramente Feynman, “non abbiamo mai la certezza di essere nel giusto” ed è quindi perfettamente normale che, su certi argomenti ancora in fase di studio, i ricercatori possano esprimere pareri diversi. Ma, se si tratta di ricercatori seri, devono presentare le prove di quanto affermano ed essere disposti a modificare le proprie opinioni di fronte a nuove evidenze. Non per niente la scienza è in continua evoluzione. Si tratta di un’evoluzione che tende a raggiungere un accordo intersoggettivo tra i vari ricercatori: di fronte a solide evidenze fattuali, alla fine, non si può non essere d’accordo.

I mezzi di comunicazione però purtroppo trasmettono al pubblico un’immagine falsata della scienza. Troppo spesso nei media la voce degli scienziati è presentata come una delle tante opinioni. Questo appare evidente, per esempio, nei talk show televisivi dove, quando si affrontano temi tecnici quali vaccini, Ogm, problematiche ambientali, si offre pari spazio e pari dignità allo scienziato, al personaggio dello spettacolo, al politico, al sacerdote. Questo accade, sovente in buona fede, in nome della democrazia e del pluralismo culturale, ma può produrre gravi danni. Quelle espresse dagli scienziati, infatti, non sono semplici opinioni. Sono frutto di anni di ricerche e sperimentazioni e non possono per nessun motivo essere messe sullo stesso piano delle posizioni soggettive del politico, dello showman o di chiunque altro si pronunci su certi argomenti, senza possederne minimamente le competenze.

La normale attività degli scienziati è lenta, paziente, meticolosa, perfezionista e avviene lontana dai riflettori dei media. Anziché occuparsi di loro solamente in occasione di notizie eclatanti, cercando di creare una sorta di scienza-spettacolo, i media dovrebbero cercare di far conoscere al grande pubblico proprio l’attività ordinaria dei ricercatori, facendone comprendere i metodi, le strategie, i successi ma anche gli errori, gli entusiasmi ma anche gli sconforti, mettendo in evidenza come la scienza sia una straordinaria avventura profondamente umana.

Questo dovrebbe valere ovviamente anche in campo didattico, ambito nel quale c’è ancora tantissimo lavoro da fare. La comprensione di come opera la scienza può essere sicuramente favorita anche da un approccio di tipo storico. Anziché limitarsi a illustrare le teorie “giuste” della scienza, può essere didatticamente molto utile esaminare come si sono sviluppati storicamente certi concetti, inevitabilmente tra tentativi ed errori.
La scienza non è un percorso lineare verso la verità.

Il suo sviluppo è accidentato, spesso imbocca strade sbagliate, torna indietro, riparte, si modifica strada facendo e corregge continuamente i propri errori. Una buona didattica della scienza non può ignorare tutto ciò, se vuole realmente diffondere una mentalità scientifica. Limitarsi a trasmettere contenuti, che vengono poi ripetuti meccanicamente dagli studenti, non incide minimamente sul loro senso critico e non sviluppa la loro razionalità.

Lo psicologo dell’educazione americano Jerome Seymour Bruner aveva ben evidenziato questo aspetto della scienza, sottolineando la necessità di tenerne conto dal punto di vista didattico. Impariamo dunque a raccontare la scienza!

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