La mia esperienza quasi ventennale sui laboratori di cucina mi ha dato sufficienti elementi per valutare questo approccio come uno tra i più efficaci per fare educazione alimentare. In realtà, come vedremo, si tratta di un modo coinvolgente e divertente per fare anche informatica, matematica e altro ancora. Nel caso della scuola secondaria di I grado di Mosso (BI) abbiamo fin dall’inizio adibito il locale della mensa a “cucina didattica” ottenendo dal Comune un frigorifero, una cucina con forno e fornelli, una dispensa e una serie di utensili necessari. A carico degli alunni partecipanti il grembiule, il cappello da cuoco, il contenitore per portare a casa i piatti preparati.
CHEF TRA I BANCHI
La formula scelta ha previsto l’adesione a laboratori pomeridiani facoltativi più una serie di attività rivolte all’intera classe al mattino, secondo necessità. Gli ingredienti sono sempre stati acquistati tramite un piccolo contributo delle famiglie. Il mio primo laboratorio è stato dedicato alla cucina vegetariana, con la preparazione in ogni incontro di un piatto diverso: la pizza, una torta, verdure ripiene, un’insalata. Ovviamente in un approccio esperienziale e cooperativo gli alunni non se ne stanno solo a guardare il prof-chef che lavora, ma mettono anche loro… le mani in pasta!
Le insalate avevano partecipato a un piccolo concorso: i ragazzi, che lavorano sempre a gruppi di 3 o 4, avevano a disposizione una gamma di ingredienti (insalata verde, pomodori, olive, cipolle, noci e così via) e dovevano scegliere quelli da utilizzare per comporre un’insalata buona ma anche bella. Una volta fatte le foto alle insalate queste erano state sottoposte al voto degli alunni di tutta la scuola.
Qualche anno fa era stata proprio una mia classe a vincere il concorso “Cibostico” del servizio Informacibo della Provincia di Biella con una ricetta a base di verdure. Anzi, come suggerisce il nome del concorso, a base di verdure particolarmente ostiche per il palato dei ragazzi: broccoli, cipolle, cavoli, cavolfiori. Si tratta delle verdure meno gradite ai giovanissimi ma con gli effetti in assoluto più benefici. In quel caso dovevano essere proprio i ragazzi delle scuole a proporre ricette appetibili per i coetanei. Alla fine era stata realizzata una pubblicazione e le migliori ricette presentate erano state proposte per l’inserimento nei menu delle mense scolastiche biellesi.
ALTRI LAB DI CUCINA
Nel corso degli anni ho poi organizzato altri laboratori: di cucina etnica, molecolare, rinascimentale, a base di gas. Oppure dedicati al pane e agli altri prodotti da forno, alle castagne e ai modi diversi per utilizzarle. Per il laboratorio di cucina etnica avevo coinvolto mamme marocchine, bosniache, nigeriane e albanesi, che avevano proposto interessanti cus cus, byrek, pite e varie prelibatezze africane. Un modo per fare anche educazione alla mondialità attraverso il cibo.
Il laboratorio di cucina rinascimentale lo avevamo concepito con il coinvolgimento di Storia e Musica e alla fine era stata organizzata una bella cena per genitori e insegnanti con gli alunni in veste di cuochi e musici. In altre situazioni i ragazzi avevano organizzato una cena per oltre 80 persone con piatti legati alla tradizione delle castagne oppure un perfetto pranzo francese con gli alunni chef e camerieri in grado di presentare le loro portate esclusivamente con l’impiego della lingua transalpina.
Ma fare cucina significa anche avere a che fare con trasformazioni chimiche, fisiche e biologiche ed ecco allora che il laboratorio diventa una formidabile occasione per fare scienza. La lievitazione, le trasformazioni del glutine, la denaturazione delle proteine del latte o dell’uovo, l’aria incorporata nell’albume, il controllo dei parametri di temperatura, sono alcuni degli esempi di come in cucina si possano approfondire in modo gustoso, è il caso di dirlo, una quantità di seri argomenti scientifici. Del resto i miei alunni entravano in cucina non solo con grembiule, mattarello e coltelli ma anche con l’indispensabile computer portatile.
Per ogni ricetta erano chiamati a completare una scheda che conteneva dati sul valore economico e nutrizionale di ogni ingrediente. Si trattava quindi di maneggiare proporzioni e percentuali per calcolare il costo riferito a una certa quantità di prodotto finito ma anche per valutare il contenuto calorico totale e suddiviso tra protidi, glicidi e lipidi. Questa operazione comportava quindi anche l’acquisizione di competenze matematiche e informatiche.
E proprio discutendo di proteine, grassi e carboidrati, vitamine, zuccheri e sali minerali, ma anche di additivi e genuinità degli ingredienti, il discorso si spostava in modo consapevole sui temi dell’equilibrio nutrizionale e della corretta alimentazione. Fare cucina a scuola aumenta l’autostima perché rende coscienti di quanto si possa essere in grado di fare con le proprie mani ed è un’importante spinta verso l’autonomia: imparare a fare da mangiare rende in effetti autonomi e indipendenti rispetto a una funzione fondamentale per gli esseri umani.
In questi anni poi non sono stati pochi i genitori che mi hanno fatto notare quanto i loro figli in seguito a questi laboratori si fossero appassionati e chiedessero di poter preparare da mangiare per l’intero nucleo famigliare, offrendo non solo manicaretti ma anche le conoscenze acquisite a scuola rispetto alla corretta alimentazione e ai cibi spazzatura.