Bastano cinque minuti per cambiare la scuola? Non scherziamo! Tutti noi sappiamo bene che il sistema scolastico italiano avrebbe bisogno di profonde e strutturali riforme che richiedono anni per essere messe a punto e implementate. Eppure, se invece che guardare all'intero guardiamo a ogni singola realtà che lo compone, scopriamo che ci sono scuole in Italia che sono cambiate in cinque minuti.
O meglio, sono cambiate grazie a semplici idee a costo quasi zero che possono essere raccontate in cinque minuti. «Sono piccole idee ma con dietro delle grandi visioni -spiega Anna Granata, professoressa in Pedagogia presso l’Università di Milano Bicocca-. Noi le stiamo raccogliendo perché pensiamo siano preziose. Il nostro progetto, Cinque minuti per cambiare la scuola, non vuole suggerire che cambiare sia semplice. La scuola ha bisogno di un cambiamento strutturale notevole. Allo stesso tempo però piccole idee di facile applicabilità possono avere un impatto notevole sulle singole realtà».
Anna Granata è la coordinatrice di un team di persone che lavora a questo progetto. «Vogliamo dare visibilità a piccole idee concrete che possono cambiare in meglio la vita della scuola. Anzi, dell'intera comunità scolastica. Crediamo in una scuola aperta a tutti, come dice la nostra Costituzione all'Articolo 34, dove ognuno possa stare bene: in primis sicuramente alunni e alunne di ogni età ma anche gli insegnanti che, se non stanno bene a scuola, non possono costruire un clima positivo.
E aggiungo le famiglie, che hanno un ruolo centrale nel nostro sistema scolastico e tutti gli attori fino ad arrivare ai dirigenti scolastici. Ci siamo accorti che i dirigenti più virtuosi, che riescono a sfruttare appieno la normativa sull'autonomia scolastica, sono quei dirigenti che non si accomodano sul modo tradizionale di fare scuola, anche sul piano organizzativo, ma trovano idee di facile applicabilità e a costo zero che però hanno un impatto molto forte sulla vita della scuola».
Gli esempi sono tanti, e davvero illuminanti. «A Busca, in provincia di Cuneo, l'istituto Carducci ha avuto un'idea semplicissima -racconta Anna Granata-. I ragazzi delle medie alla fine di ogni ora passano cinque minuti all'aria aperta. L'impatto sulla capacità di concentrazione degli studenti è fortissimo, ma anche gli insegnanti stanno meglio perché questo momento all'aria aperta migliora il clima in classe e le relazioni.
Come dicevo, una piccola idea ma dietro c'è una grande questione, il posto del corpo dentro la vita scolastica». Poi c'è l'esempio del liceo Righi di Roma: la dirigente scolastica ha affidato le chiavi della succursale agli studenti, che possono utilizzare gli spazi della scuola al pomeriggio e anche la sera. «Pensiamo a quanta narrazione in negativo sugli adolescenti... e invece qui la scuola decide di dare la responsabilità e la fiducia agli studenti -commenta Granata-. È un progetto che va avanti da molti anni e non ci sono stati mai problemi. Il gesto di fiducia operato dalla dirigente richiama una risposta di responsabilità dei ragazzi, entro un circolo virtuoso che fa bene a tutti».
Un'altra scuola di Roma lascia le chiavi della primaria ai genitori nel pomeriggio, anche qui con l'idea che possano usare quegli spazi per attività che vadano oltre l'orario scolastico e per sentirsi parte di una comunità. «Un altro tema importante è quello del conflitto scuola-famiglia -interviene Granata-. Posso citare ancora l’IC Carducci di Busca: il dirigente ha deciso di scrivere insieme alle famiglie il patto di corresponsabilità educativa, che è uno strumento spesso arido e formale che i genitori firmano distrattamente. Invece questa scuola ha capito che questo strumento poteva diventare il perno attorno al quale costruire una vera comunità».
E ancora: un gruppo di dirigenti scolastici piemontesi, su proposta di Davide Martini, uno tra i più attivi nel territorio, ha istituito il collegio docenti in alta quota. Mentre si cammina insieme verso la vetta, si sciolgono le tensioni perché si esce dalle mura scolastiche. Perfino la finanza a volte aiuta a costruire una vera comunità scolastica. In una scuola dell'infanzia a Milano, su proposta dei rappresentanti dei genitori, si è modificata la raccolta fondi. Questo contributo, che è quasi simbolico per la maggior parte dei genitori, per famiglie in difficoltà può essere oneroso. In un contesto molto eterogeneo dal punto di vista socio-economico, si è deciso di evitare la raccolta basata su una cifra prestabilita e invece di scommettere sulla generosità di ognuno, sulle possibilità di ognuno, attraverso una raccolta del tutto anonima. “La cifra complessiva raccolta è risultata superiore -racconta Granata- e si sono sciolte molte conflittualità tra le famiglie».
Un liceo delle scienze umane a Seregno, in Brianza, ha una percentuale altissima di studenti con disabilità, alcuni anche grave. «I ragazzi si sono resi conto che i normodotati e i disabili erano due universi diversi dentro la scuola, l'inclusione era solo sulla carta -racconta Granata-. E allora hanno promosso l'ora d'orto: ogni giorno lavorano insieme attorno alle aiuole e così si creano relazioni che superano quella barriera che dentro il contesto classe necessariamente si crea.
Abbiamo scoperto scuole, nel biellese, che per contrastare la dispersione scolastica consentono l'ingresso fino alle 11.30. Sembra che questa modalità faciliti molto ragazzi che rischierebbero altrimenti di lasciare la scuola. Come vede sono piccole cose ma con grandi temi alle spalle: non possono aspettare una riforma radicale ma devono essere subito messe all'opera.
È chiaro che un sostegno più significativo alla scuola in generale, anche solo come risorse umane e formazione di queste risorse, sarebbe un elemento chiave di cambiamento. Però attraverso l'autonomia ogni scuola può trovare la sua strada di miglioramento: ma nel farlo non deve sentirsi sola, isolata e persa. Può farsi ispirare da un'idea che viene da un altro territorio, da un altro contesto ma che magari può suggerire la soluzione per la propria scuola».
Queste piccole, grandi idee sono importanti e devono essere fatte conoscere. Lo scopo di questo progetto è quello di aiutare le scuole innanzitutto a comunicare, e poi a fare rete. A settembre verrà lanciata una call per selezionare 50 microidee, ispirate tutte da questa logica di creatività organizzativa: quindi non la singola pratica del singolo docente o l'attività didattica, ma proprio una riorganizzazione creativa della scuola a favore del benessere della comunità scolastica.
Gli innovatori selezionati saranno invitati all'università Bicocca. «Organizzeremo un tavolo di confronto tra persone che vivono la scuola in diversi ruoli per lo scambio di idee e prospettive non tradizionali -spiega Anna Granata-. Realizzeremo alcuni video di pochi minuti da diffondere attraverso canali social e web in cui ciascun attore racconterà il suo progetto di cambiamento permanente e duraturo evidenziando l’impatto sull’intera comunità scolastica. Coinvolgeremo i protagonisti del mondo scolastico in un evento in stile TEDx per raccontare le idee di creatività organizzativa e diffonderle sul territorio nazionale. I protagonisti di queste belle microinnovazioni generalmente non hanno tempo di curare la comunicazione, e anche non lo sanno fare. Noi li vogliamo aiutare».
Molto spesso non sono neppure consapevoli del fatto che quello che hanno pensato e inventato possa essere qualcosa di importante per gli altri...
«Esatto, ci ha colpito vedere che molti non hanno nemmeno una fotografia delle loro meravigliose attività. Sono proprio poco abituati a raccontarsi. C'è una certa modestia che però in questo momento va messa da parte perché è più importante fare rete e sostenersi a vicenda».
Per poter fare tutto questo, Anna Granata e il suo team hanno lanciato una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Ginger con l'obiettivo di raccogliere 10mila euro. «In realtà ne abbiamo 5mila che sono un cofinanziamento della fondazione EOS e che verranno sbloccati non appena raccoglieremo gli altri 5mila. Siamo a quota 3mila e siamo fiduciosi di farcela ma abbiamo bisogno di un aiutino ancora.
Ci piacerebbe soprattutto far incontrare, parlare, discutere tra loro i dirigenti scolastici: sono i primi responsabili e i portavoce, ma sono anche gli attori del cambiamento se vogliono, se ci stanno. Le porto un esempio, su un altro tema importante purtroppo molto strumentalizzato, quello dell'accoglienza degli alunni stranieri appena arrivati. C’è una scuola a Bagnolo Piemonte dove un bambino su tre è madrelingua cinese. Questa scuola, in tempi di calo demografico e spopolamento dei comuni montani, resta aperta proprio grazie all'arrivo di queste famiglie cinesi che lavorano nelle cave.
La scuola ha capito che questo poteva diventare l'elemento di forza. Si è deciso di distaccare una docente per insegnare l'italiano ai bambini cinesi. Questa insegnante, Sabina Depetris, ha un curriculum incredibile, una formazione per l'insegnamento di italiano L2 di altissimo livello e insegna anche in master all'Università di Torino. Ha creato uno spazio ludico che attira anche bambini italiani.
Così si crea quell'immersione nella lingua fondamentale per l'apprendimento. In questo caso il dirigente ha capito che c'era una risorsa straordinaria, una persona competente, brava, capace e appassionata che poteva creare il laboratorio plurilingue più stimolante possibile. Troppo spesso raccontiamo la scuola in termini di problemi, di sfide e difficoltà e non di opportunità. Dobbiamo capovolgere la prospettiva e renderci conto che ci sono anche realtà e professionalità molto stimolanti. È di questa scuola che abbiamo bisogno».