Andrea Franzoso nel libro Ero un bullo (DeAgostini, 2022) racconta la storia vera dell’ex bullo Daniel Zaccaro, oggi educatore in una cooperativa che lavora per i servizi sociali del comune di Milano. Dalla violenza subita nell’ambiente familiare ai pestaggi, ai furti e alle rapine, dalla criminalità al carcere, dall’abbandono scolastico alla laurea in Scienze dell’educazione e alla volontà di aiutare gli altri, il libro di Franzoso si presta per un lavoro in classe su temi urgenti, quali il bullismo, l’importanza di avere le parole per esprimersi e guide solide per confrontarsi e crescere.
FASE 1: BRAINSTORMING - CHE COSA C’È DIETRO LA STORIA DI UN BULLO?
I primi capitoli del libro “Ero un bullo” raccontano le dinamiche familiari di Daniel e i comportamenti carichi di aggressività e violenza, fisica e verbale, ai quali assisteva insieme alla sorella. «Durante le litigate dei genitori, a Lucia si chiudeva lo stomaco e tremavano le mani mentre Daniel abbassava lo sguardo e si irrigidiva». In particolare, i giudizi del padre, sin dai primi anni di vita, lo attraversano prepotentemente, minando la sua autostima e i suoi desideri. «Non combinerai nulla di buono nella vita. Manchi di coraggio. Scordati di giocare ancora con l’Inter, ti hanno già scaricato. Non sanno che farsene, di una zavorra come te. Sei uno Z-E-R-O». La figura dell’adulto, nel corso del tempo, si trasforma per Daniel in una sorta di manichino, un modello di riferimento idealizzato che non ha corrispondenza nella realtà.
L’insegnante, dopo aver letto qualche estratto dai primi quattro capitoli del libro, avvia un dibattito in classe sulla figura del bullo, attraverso l’esperienza di Daniel.
FASE 2: LE PAROLE PER DIRLO, VOCABOLARIO, EMOZIONI E CRESCITA
Le parole sono importanti, è vero: ma perché? Nella storia di “Ero un bullo”, Daniel, in un momento preciso della sua vita, si rende conto che gli mancavano le parole per esprimere il proprio vissuto. «E allora procedeva per continue approssimazioni, oppure ricorreva a qualche esempio, mai del tutto congruo, o ai versi delle canzoni che amava. Senza le parole, non soltanto non era in grado di esprimersi e di comunicare, ma non riusciva nemmeno a pensare. Il risultato? La realtà che lo circondava diventava incomprensibile. E lui ne soffriva, si arrabbiava». Nei testi delle canzoni, in particolare rap, Daniel e il suo amico Yuri trovavano le parole per raccontare le sfumature del dolore e della rabbia. «Non c'è una scuola che mi ha formato a questo mondo / Non c'è un adulto che c'è stato fino in fondo / Non c'è un sistema che mi ha aiutato» (Mondo Marcio, Non sento niente).
L’insegnante, dopo aver affidato agli studenti la lettura individuale del capitolo “Le parole che non ho”, divide la classe in gruppi, e a ciascuno chiede di rispondere alle seguenti domande.
FASE 3: ALLA RICERCA DEGLI ADULTI CREDIBILI
Sulla scena di vita di Daniel si affacciano anche diversi adulti "positivi", ma ciò che li fa riconoscere degni di fiducia è la loro autenticità, la capacità di ascoltare e di assumersi le proprie responsabilità, e la coerenza fra ciò che dicono e ciò che fanno. Altre figure poi forniscono a Daniel il gusto per la conoscenza e la lettura: nei libri trova non soltanto le parole per esprimersi ma anche storie appassionanti che gli permettono di rileggere la sua stessa vita.
L’insegnante affida alla classe il seguente esercizio.
Esamina le caratteristiche degli adulti a cui Daniel ha dato fiducia e spiega perché nel suo processo di crescita sono stati importanti:
a) Il brigadiere Stara: ……………………………………………
b) Don Claudio Burgio: ………………………………………….
c) Fiorella: ……………………………………………………….
d) L'avvocato Ranieli e l'educatrice Angela: …………………………………………………………………..
Poi, avvia un dibattito in classe per riflettere sulla figura dell’adulto.