La musica per Wassily Kandinsky non era solo una passione, era una vera e propria ossessione: i colori venivano infatti percepiti come un "coro" da fissare sulla tela. Secondo il pittore russo, "il colore è un mezzo che consente di esercitare un influsso diretto sull'anima. Il colore è il tasto, l'occhio il martelletto, l'anima il pianoforte dalle molte corde.”
Nella scuola primaria, l’educazione musicale si presenta ricca di molteplici sfaccettature, dall’ascolto alla produzione; eppure è importante offrire allo studente la possibilità di fare della musica un canale espressivo importante, una via privilegiata per innescare meccanismi di riflessione interiore.
Per queste ragioni, impostare una lezione interdisciplinare che abbracci la musica e l’arte di Kandinsky mi è sembrata un’occasione nuova e originale per produrre e imparare.
Il nocciolo di tutta l’arte di Kandinsky è proprio l’emozionalità: il colore, egli ritiene, può avere due tipi di effetti sullo spettatore, uno fisico basato su sensazioni momentanee e uno psichico dovuto alla “vibrazione dello spirito”. Perché accade questo? I colori hanno qualità sensibili che, proprio come accade con la musica di ogni diverso strumento, possono toccare e modificare l’anima dello spettatore.
Questi i presupposti in base ai quali ho costruito un'attività didattica per una classe terza della scuola primaria.
Abbiamo selezionato brani specifici per poter riflettere insieme sull'intensità del suono degli strumenti musicali. Ai bambini ho chiesto se riuscivano ad individuare lo strumento predominante, come lo avvertivano, che emozione suscitava l’ascolto. A questo proposito, ho presentato in forma semplificata il saggio di Kandinsky in cui vengono analizzati i colori in base ai loro suoni interiori, ai loro effetti psichici. Ogni colore viene associato a uno strumento musicale.
Il giallo è vitale, prorompente, irrazionale e viene paragonato al suono di una tromba.
Il blu suggerisce quiete ed è associato al suono del violoncello.
L'azzurro, il blu che tende ai toni più chiari, è indifferente, distante ed è paragonabile al suono di un flauto.
Il blu scuro viene invece avvicinato al suono di un organo, profondo e intenso.
Il rosso è caldo, vitale, vivace, irrequieto come il suono di una tuba.
L'arancione esprime movimento, è paragonabile al suono di una campana.
Il verde è noioso, suggerisce opulenza, è una quiete appagata ma appena gira verso il giallo acquista energia; i suoi toni sono ampi e caldi come quelli del violino.
Il viola, come l'arancione, è instabile, è paragonabile al corno inglese, alla zampogna, al fagotto.
Il marrone è ottuso, duro e poco dinamico.
Il bianco è la somma (convenzionale) di tutti i colori dell'iride nella quale però tutti scompaiono. È silenzio assoluto ma ricco di potenzialità: è la pausa tra una battuta e l'altra di un'esecuzione musicale, che annuncia altri suoni.
Il nero è mancanza di luce, è anch’esso silenzio ma è definitivo, è la pausa finale di un'esecuzione musicale ma, a differenza del bianco, dà valore a qualsiasi altro colore.
Anche le forme per Kandisky avevano un significato musicale:
Alla classe ho mostrato le opere di Kandisky. È stato curioso notare come, dopo aver ascoltato il punto di vista dell’artista, gli alunni abbiano spontaneamente provato a immaginare immediatamente la melodia che quel quadro rappresenta. A questo punto, la classe è diventata artista ed esecutore.
Ogni bambino, facendo riferimento alla “legenda” di Kandisky o anche ipotizzandone altre più vicino al loro modo di percepire, ha realizzato una melodia usando forme e colori.
Ognuno di loro ha dato un titolo al suo componimento, ha provato a canticchiarlo facendo riferimento agli strumenti utilizzati ma soprattutto al tipo di emozione che suscitava.
Ritengo che sia indispensabile offrire agli studenti, sin dai primi anni di scuola, strumenti che educhino all’arte e alla musica; strumenti che permettano di esprimersi e di capire. Non mi sono focalizzata su quanto potesse essere bello esteticamente il loro prodotto finale; il bello è innanzitutto soggettivo, ma ciò che deve davvero essere sorprendente è il processo. Un po' come accade nei viaggi, non conta la meta ma ciò che si prova mentre si è in cammino.