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Educazione innovativa: nuova call di Ashoka

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Educazione innovativa: nuova call di Ashoka
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Mappare dirigenti, insegnanti e progetti innovativi nelle scuole italiane per poi metterle in rete. A questo punta la nuova chiamata della rete sociale Ashoka. Scopri come si partecipa

Una nuova mappatura dell'educazione innovativa in Italia: è la sfida lanciata da Ashoka, la più grande rete al mondo di imprenditori sociali. Bill Drayton, figlio di un'immigrata australiana e di un esploratore americano, l'ha fondata nel 1980, convinto che non ci sia forza più potente per cambiare il mondo di un imprenditore sociale: una persona motivata da un'idea innovativa che può aiutare a risolvere alla radice un problema sociale. A oggi, Ashoka opera in oltre 90 paesi in tutti i continenti e ha selezionato più di 3.700 imprenditori che vengono aiutati a mettersi in rete, circondati di alleati che possano contribuire a rendere la loro idea un modello replicabile e adattabile. Ventitré di loro sono italiani.

La rete delle scuole Changemaker

Nel campo dell'educazione Ashoka ha selezionato una rete di 350 Scuole Changemaker: istituti dove gli studenti apprendono nuove competenze in grado di addestrarli a diventare protagonisti del cambiamento sociale. Competenze come l’empatia, l’auto-imprenditorialità (la capacità di formare e guidare una squadra e avere un impatto sulla realtà), la leadership condivisa e la creatività. L'idea è quella di suscitare un movimento globale sull'educazione innovativa che dal basso porti all'emersione di un nuovo paradigma didattico.

Nel 2015 questa idea è sbarcata anche in Italia. Ashoka ha mappato la rete scolastica nazionale grazie anche alla collaborazione con alcuni partner importanti come INDIRE, la Fondazione San Zeno, la Fondazione Pittini, le Università degli Studi di Milano e Milano-Bicocca, la Fondazione Agnelli.

Si è arrivati così all'individuazione nel 2017 delle prime cinque scuole italiane inserite nel programma di Ashoka, cui se ne sono aggiunte altre sei nel 2019.  Grazie al supporto di questa rete internazionale, le scuole hanno potuto partecipare a meeting internazionali per raccontare la propria esperienza e hanno potuto aiutare altre scuole italiane a lanciare programmi innovativi.

Terza mappatura dell'innovazione educativa

Ora Ashoka è pronta a lanciare la terza mappatura italiana.  “L'approccio questa volta è un po' diverso - spiega Luca Solesin di Ashoka -. L'idea non è più quella di selezionare scuole Changemaker ma di fare una mappatura dell'innovazione educativa nel senso più ampio. Abbiamo visto infatti che tanta innovazione presente nelle scuole non è un'innovazione integrale di tutta la scuola. Magari a innovare sono i singoli dirigenti o i singoli docenti o i singoli progetti. Noi vogliamo scovarli per comprendere quali sono i trend che dopo questi anni di pandemia sono stati sviluppati”.

Una call aperta

Il comitato scientifico si è già riunito per definire i criteri di selezione. A breve verrà lanciata una call aperta tramite un questionario online nel quale ogni scuola ma anche ogni singolo docente potranno raccontare la propria esperienza. Seguiranno l'analisi e le visite sul campo degli esperti Ashoka.

A settembre verranno annunciati i risultati. “Non c'è nessun tipo di premialità, anche perché i soldi adesso non dovrebbero mancare per fare progetti di innovazione visti tutti i fondi del PNRR che stanno arrivando alle scuole. Il premio è la soddisfazione di essere rappresentati in questa mappatura e di far parte di questa analisi che si sta conducendo”.

Dopo la pandemia, la risacca

Negli ultimi anni Ashoka ha lavorato in rete con centinaia di scuole. Che sensazione avete avuto rispetto alla pandemia: ha frenato l'innovazione o al contrario è stata uno stimolo per trovare strade nuove? “Il primo anno, anno e mezzo, c'era la voglia di esplorare, di cambiare, era cresciuta la voglia di formarsi. Poi c'è stata la risacca. Ora tanti docenti dicono che vogliono tornare a fare quello che facevano prima. Anche per quanto riguarda la formazione online c'è proprio una frenata. Però tante cose si sono consolidate, alcuni aspetti sono arrivati per restare: un approccio al digitale, il registro elettronico, alcune strumentazioni, alcuni modi di lavorare”.

I buchi della DAD

Forse ci si è resi conto che il digitale non è poi così d'aiuto o comunque non è l'unica innovazione di cui abbia bisogno la scuola? “Il fatto che il digitale fosse necessario ma non fosse la soluzione è stato abbastanza chiaro a tutti fin da subito. C'era oggettivamente un ritardo da questo punto di vista e non è un caso se il piano Scuola 4.0 tanto insiste sulle competenze digitali. Però la risacca credo sia anche dovuta al fatto che sono stati anni veramente stancanti per le scuole (che erano in prima linea) ma anche per tutti in generale. Ora si vedono i risultati, in termini di socialità dei ragazzi, in termini di comportamenti. Molti docenti con cui ho parlato mi dicono ad esempio che le seconde medie di quest'anno sono classi faticosissime: sono gli studenti che nel 2020 erano in quinta primaria, hanno dei buchi nella preparazione, grandi difficoltà. Ora insomma emergono le perdite di apprendimento causate dalla pandemia, ora si vendono i risultati del periodo prolungato di DAD”.

Innovare velocemente

Quindi forse questa frenata nell'innovazione è dovuta anche al fatto che i docenti si rendono conto che c'è molto da recuperare e quindi si marcia a testa bassa lungo il programma… “La spinta all'innovazione c'è lo stesso, tante scuole stanno sperimentando, lo stesso PNRR costringe a fare progetti innovativi. Rispetto a cinque anni fa, quando l'innovazione era una parola di nicchia che veniva detta a mezza voce, adesso è assodata, tutti sanno che bisogna lavorarci. Poi però bisognerà vedere che gestione verrà fatta dell'innovazione. Non basta avere attrezzato il laboratorio, occorre implementare una vera didattica laboratoriale. Si è fatto indubbiamente molto, ma c'è ancora tanto da fare. Vedremo come si muoverà il nuovo ministro. Ci sono stati dei ritardi nella consegna delle linee guida per la spesa dei fondi del PNRR quindi molte scuole sono in ritardo nella presentazione dei progetti, ci sono molte riforme che devono ancora essere realizzate come quella degli istituti tecnici".

"Per quanto riguarda le nuove indicazioni sull'orientamento: vedremo se saranno dati gli strumenti alle scuole per metterle a terra o verranno lasciate lettera morta. Anche gli elementi messi in campo dalla legislazione precedente, bisogna vedere se e come saranno ripresi e portati avanti, ad esempio il piano Ri-generazione scuola. Bisognerà vedere anche se saremo abbastanza veloci nella trasformazione perché in un contesto in cui tutti gli stati stanno innovando, cambiando, riformando, sperimentando e investendo conta ovviamente chi riesce a farlo nel modo più efficace e rapido. Sono opportunità che dobbiamo spendere bene, così come i fondi del PNRR. Se non le cogliamo rischiamo di avere ancora ritardi, sempre di più. Perché poi il vero problema è che questo si riflette sulle disuguaglianze. Se sei fortunato nel tuo territorio c'è una buona scuola, altrimenti... le famiglie che hanno i soldi possono investire in un altro tipo di educazione, un'altra scuola oppure altre opportunità educative extrascolastiche ad integrazione, ma restano tagliati fuori gli svantaggiati. È una lotteria".

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