“Educare è liberare potenzialità, allargare gli sguardi, forgiare e mettere a punto conoscenze e strumenti in grado di moltiplicare le possibilità di scelta di ciascuno, ma non dovrebbe mai pretendere di portare dove vogliamo noi”. Così scrive Franco Lorenzoni, maestro di scuola dell'infanzia per tre anni, maestro elementare per 37 anni, nel suo ultimo libro, Educare controvento. Storie di maestre e maestri ribelli, edito da Sellerio.
Lorenzoni ha fatto parte del Movimento di Cooperazione Educativa, nato negli anni Cinquanta e ispirato alle idee del pedagogista ed educatore francese Célestine Freinet, e ha fondato nel 1980 in Umbria la Casa-laboratorio di Cenci, un centro di sperimentazione educativa che ricerca su temi ecologici, scientifici, interculturali e di inclusione.
“Certo, il nostro mestiere è da decenni sottostimato, mal pagato e avvilito da politiche che hanno impoverito la scuola pubblica. È svalutato socialmente e spesso poco riconosciuto dalle famiglie. Ma noi che abbiamo scelto di insegnare non abbiamo il diritto di far pagare alle future generazioni il malgoverno della scuola. Al contrario, dobbiamo fare la nostra parte per cercare di risarcire le giovani generazioni dalla cecità di una società e di politiche che sembrano incapaci di pensare al futuro con lungimiranza. Negli anni mi sono andato sempre più convincendo della stretta connessione che lega la conoscenza alla riconoscenza - spiega Lorenzoni -. Ed è la gratitudine che provo verso maestre e maestri del passato e del presente che ho avuto la fortuna di incrociare che mi ha spinto a scrivere questo libro”.
Ecco allora chi sono le maestre e i maestri ribelli per Franco Lorenzoni, presentati con le sue parole tratte da Educare controvento.
1) PIERO CALAMANDREI Piero Calamandrei, giurista e costituente, tornò dalla Prima guerra mondiale profondamente segnato dall'orrore. Ed è forse per ribellarsi e allontanarsi dall’insensatezza della guerra che il giovane giurista toscano decise di dedicare tanta attenzione alle prime parole e pensieri del piccolo Franco (il figlio nato nel 1917). Nel diario che scrive dei suoi Colloqui con Franco che verrà stampato nel 1923, Calamandrei narra la sua esperienza raccogliendo una gran quantità di osservazioni puntuali sui primi passi nel mondo di Franco, da padre che ha rimesso in discussione molte sue convinzioni e forse, proprio per questo, è capace di un’attenzione fuori dal comune.
Chi ha subito sconfitte, ha visto incrinarsi certezze e talvolta è maggiormente in ricerca, si interroga con radicalità e può sviluppare una più profonda qualità nell’ascolto di chi è diverso da sé.
Nel suo ruolo di costituente Calamandrei difese con forza la necessità di una scuola pubblica di qualità per tutti. Era profondamente convinto, infatti, che la scuola costituisse «il più importante dei diritti di libertà» e la «fondamentale garanzia di liberazione sociale».
2) ALESSANDRA GINZBURG Alessandra Ginzburg, pedagoga e psicoanalista nata nel 1943, si ribella alla segregazione in cui erano costrette a vivere bambine e bambini con disabilità, prima che si aprisse loro la scuola nel 1977. Nel 1970 guida una sperimentazione a Roma realizzando la prima scuola dell’infanzia integrata in Italia. Dobbiamo essere grati alle esperienze pioniere che ci hanno aperto la strada, anche se la realtà oggi è a macchia di leopardo. Alcuni passi decisivi sono stati fatti, anche se la strada da percorrere è ancora molto lunga.
Fu in quel contesto di grandi rivolgimenti che si elaborò e sperimentò quella che lei cominciò a chiamare pedagogia dell’ascolto. Da sempre siamo abituati a proporre agli altri la nostra visione del mondo come l’unica possibile.
Accettare che un bambino, per di più molto piccolo, ne abbia una propria che è nostro compito aiutare ad esprimere invece che soffocarla con frettolose risposte, è ancora più arduo. Un educatore capace di ascolto arricchisce la comunità dei bambini di un dono prezioso: la passione della conoscenza intesa come interrogazione appassionata sul mondo e sui suoi misteri.
3) EMMA CASTELNUOVO Emma Castelnuovo, docente di matematica e ricercatrice nata nel 1913, si ribella a un insegnamento della matematica che avvilisce le intelligenze invece di esaltare le capacità di scoperta di tutte e tutti. Emma aveva la dote di far innamorare della matematica chiunque incontrasse.
La geometria è vedere lo spazio con gli occhi della mente. Ma poiché, secondo Emma Castelnuovo, la mente è meno democratica delle mani, per dare la possibilità a tutte e tutti di fare scoperte matematiche inventò mille modi per arrivare a concetti complessi, articolando figure costruite con materiali semplici come spaghi, elastici e barrette di ferro, sostenendo in questo modo chi incontrava maggiori ostacoli a misurarsi con l’astrazione.
Emma aveva l’idea che è sempre dal concreto che si genera anche la più ardita delle astrazioni. La manualità pratica è sempre più lontana, oggi, dalla vita quotidiana di ragazze e ragazzi. Nella scuola il corpo sembra costretto a un forzato letargo, così l’usare le mani per approfondire un concetto è pratica purtroppo assai rara.
Ed è un peccato perché offre stimoli che possono rivelarsi straordinariamente creativi, in un tempo in cui la maggior parte degli studenti pensano che sia possibile creare solo nel mondo virtuale.
4) NORA GIACOBINI Nora Giacobini, insegnante e formatrice nata nel 1916, si ribella all’etnocentrismo occidentale proponendo un corpo a corpo con la storia come ricerca e vicinanza con i più fragili e i vinti. La stella polare delle sue proposte educative non è mai stata quella di indottrinare ragazze e ragazzi, trasmettendo loro la sua visione del mondo, ma di costruire un contesto di libertà e insieme di rigore tale che tutte e tutti si potessero impegnare in un percorso di conoscenza autonomo, compiendo la fatica di conquistare e assaporare una autonomia di giudizio difficile da raggiungere e difficile da mantenere.
Partire dai materiali e progettare lunghe manovre di avvicinamento a un tema o a un evento storico stava alla base del suo metodo, che rifuggiva ogni indottrinamento ideologico e si fondava, al contrario, su un lavoro molto curato di raccolta e proposta di documenti, scritti e fotografie capaci di fornire stimoli e strumenti perché ragazze e ragazzi potessero piano piano costruirsi una loro personale convinzione. Convinzione da verificare in continui confronti e discussioni tra compagne e compagni, in un serrato lavoro di gruppo capace di dare voce a tutti. Mise a punto uno schedario sulla storia di Cristoforo Colombo, arrivando a elaborare una critica radicale della visione eurocentrica della storia, presente in quasi tutti i libri scolastici.
5) MARIO LODI Maestro elementare e scrittore nato nel 1922, si ribella a una scuola che nega la parola a bambine e bambini. Quando, giovane maestro, entra nella scuola e si trova di fronte ragazzi «fermi come statue, coi cervelli inerti, che spesso non restituiscono nemmeno il sorriso», si interroga e riflette sul perché fuori non siano così. È affrontando di petto questo contrasto tra la vita e la scuola, che Mario Lodi comincia a configurare la sua idea di educazione.
Distruggere la prigione, mettere al centro della scuola il bambino, liberarlo da ogni paura, dare motivazione e felicità al suo lavoro, creare intorno a lui una comunità di compagni che non gli siano antagonisti, dare importanza alla sua vita e ai sentimenti più alti che dentro gli si svilupperanno, questo è il dovere di un maestro, della scuola, di una buona società. Trasformare la classe in una comunità capace «non soltanto di istruire, ma anche e soprattutto di educare, formando un cittadino capace di inserirsi nella società col diritto di esporre le proprie idee e col dovere di ascoltare le opinioni degli altri».
Mario Lodi, pur fortemente persuaso delle sue convinzioni, era di carattere mite. Potrebbe sembrare ingenuo o persino velleitario evocare oggi nella scuola, di fronte a nervosismi e aggressività crescenti da parte di ragazze e ragazzi, genitori e anche di noi insegnanti, la gentilezza come postura e come metodo. Eppure non credo ci possa essere alcuna possibilità di intendere quale sia il terreno di coltura della democrazia senza mostrare la capacità di ascolto utilizzando parole gentili.
6) DON LORENZO MILANI Don Lorenzo Milani, Priore e maestro nato nel 1923, si ribella all’ignoranza dentro cui si vorrebbero confinare i poveri. Lettera a una professoressa uscì nel maggio del 1967, un mese prima della morte prematura del Priore di Barbiana, e divenne subito il più profondo e coinvolgente atto di accusa contro la scuola di classe. Lettera a una professoressa fu il frutto di una scrittura collettiva e rappresenta ancora oggi, ad oltre mezzo secolo di distanza, una delle espressioni più alte di una pratica purtroppo assai rara nella scuola, luogo privilegiato di incontro in cui maestro e allievi si mettono in gioco insieme creando cultura.
Molte cose sono cambiate da allora e le bocciature nella scuola primaria e media sono drasticamente diminuite. Rimangono tuttavia fortissime le disparità e le espulsioni, ora chiamate dispersione scolastica. Sopravvive, soprattutto, una forma più sottile ma non meno infame di emarginazione e discriminazione, che consiste nella creazione, in quasi la metà delle scuole del nostro paese, di sezioni ghetto in cui sono messi «a pascolare » – come s’usa dire a Napoli – i ragazzi che la scuola dà per persi prima ancora di accoglierli, che dunque vengono separati dai più ricchi e privilegiati e spesso affidati a insegnanti di passaggio, precari, costretti continuamente a cambiare scuola. «Ho insegnato che il problema degli altri è uguale al mio -scriveva Don Milani -. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia».
7) ALEX LANGER Alexander Langer, militante ecologista e pacifista nato nel 1946, si ribella a ogni accettazione passiva delle segregazioni etniche, che ciclicamente riemergono insanguinando la storia. Pacifista integrale e concreto, è stato maestro più che politico, perché nella sua militanza e nelle sue proposte la dimensione educativa lo ha sempre caratterizzato, per la capacità di incarnare in modo esemplare ciò che sosteneva.
La vita di Alex è stata piena di atti concreti di non collaborazione, piccoli e grandi. Per anni è stato obiettore di coscienza riguardo alle spese militari, autoriducendo le tasse che pagava in proporzione alle spese militari del bilancio dello stato, e devolvendo il corrispondente a gruppi od organizzazioni che promuovevano la pace.
Nel 1981 si oppose al censimento etnico obbligatorio nell’Alto Adige-Südtirol, intuendo la pericolosa deriva che poteva provocare. Di questa sua scelta pagò le conseguenze perché fu estromesso dalla scuola e gli fu impedito, nel 1995, di concorrere alla carica di sindaco a Bolzano.
“Nelle nostre società deve essere possibile una realtà aperta a più comunità, non esclusiva, nella quale si riconosceranno soprattutto i figli di immigrati, i figli di famiglie miste, le persone di formazione più pluralista e cosmopolita”. Così scriveva Alexander Langer nel 1994, nel Tentativo di decalogo per la convivenza interetnica. Sua anche la proposta, straordinariamente attuale, di conversione ecologica. Bisogna riscoprire e praticare dei limiti: rallentare (i ritmi di crescita e di sfruttamento), abbassare (i tassi di inquinamento, di produzione, di consumo), attenuare (la nostra pressione verso la biosfera, ogni forma di violenza). “Più lentamente, più profondamente, più dolcemente e soavemente».
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8) MALALA YOUSAFZAI Malala Yousafzai, paladina della libertà di istruzione delle donne nata nel 1997, si ribella alla pretesa di impedire l’accesso alla scuola di bambine e ragazze. Quando Malala ricevette il Premio Nobel per la pace, ricordo l’emozione delle bambine e bambini della mia classe quando lessi loro integralmente l’intervento che tenne a Stoccolma.
Si sono molto divertiti ad ascoltare la frase in cui Malala diceva: “Sono molto orgogliosa di essere la prima pashtun, la prima pachistana e la prima giovane a ricevere questo premio. Sono abbastanza sicura di essere anche la prima vincitrice del Nobel che ancora litiga con suo fratello minore”.
“Questo premio non è solo per me. È per i bambini dimenticati che vogliono un’istruzione. È per i bambini spaventati che vogliono la pace. Non è il momento di averne compassione. È il momento di agire. Alcuni dicono che sia poco fattibile, o troppo costoso, o troppo difficile. O persino impossibile. Il cosiddetto mondo degli adulti può anche capire queste obiezioni, noi bambini no. Perché nazioni che chiamiamo grandi sono così potenti nel provocare guerre, ma troppo deboli per la pace? Perché è così faci le darci una pistola, ma così difficile darci un libro? Viviamo nel mondo moderno e crediamo che nulla è impossibile. Possiamo raggiungere la luna, forse a breve atterreremo su Marte. Per questo, in questo ventunesimo secolo, dobbiamo essere determinati a far realizzare il nostro sogno di un’istruzione di qualità”.
9) GRETA THUNBERG Manifestare è necessario e importante, più difficile è rispondere alle domande di Greta con coerenza. Partiamo dalle sue affermazioni riguardo al senso dello studiare: “Qualcuno dice che invece di scioperare dovrei andare a scuola. Qualcuno dice che dovrei studiare per diventare una climatologa, così potrò risolvere la «crisi climatica». Ma la crisi climatica è già stata risolta. Conosciamo già tutti i dati e abbiamo tutte le soluzioni. L’unica cosa che ci resta da fare è svegliarci e cambiare. A cosa serve imparare nozioni nel sistema scolastico, quando i fatti elencati dalla scienza promossa da questo stesso sistema vengono ignorati dai nostri politici e dalla nostra società?”. Se diamo il giusto peso a queste affermazioni, ci rendiamo conto che Greta mette in luce con coraggio la maggiore incongruenza che mina alla base il senso dell’educare.
Che senso ha, infatti, sostenere che la scuola debba costruire competenze, cioè permettere a ragazze e ragazzi di incontrare, elaborare e far propri saperi che valgano anche fuori, nella società e nella vita, quando le conoscenze essenziali, che hanno a che vedere con il mantenimento degli equilibri del nostro pianeta, sono ignorate da quasi tutti i potenti della terra? Greta chiede, nel modo ultimativo che sanno avere gli adolescenti, un radicale cambiamento nella relazione della società con la conoscenza. Chiede di svegliarci e di agire di conseguenza. Chi crede nella funzione dell’educazione non può non interrogarsi su tutto ciò.