Immaginate di tornare a casa dall’aver fatto la spesa con tre buste piene di cibi. Prima di entrare in casa ne buttate una nel cassonetto. Così, con nonchalance. E immaginatelo soprattutto nel periodo natalizio appena trascorso in cui i consumi, anche alimentari, aumentano.
È in effetti quello che avviene ogni giorno: un terzo abbondante del cibo prodotto finisce buttato. Lo spreco di cibo, oltre ad essere un intollerabile insulto a chi ancora nel mondo soffre la fame e la malnutrizione (800 milioni di persone!), è un grande contributo al riscaldamento globale, all’inquinamento, al consumo di suolo e di energia. E ovviamente tutto ciò si traduce anche in spreco di denaro, calcolato in miliardi di euro ogni anno.
Nel mondo ogni giorno il 40% di cibo finisce buttato. Si tratta dei vari passaggi della filiera, dalla produzione, al trasporto, allo stoccaggio, dalla commercializzazione al consumo domestico. Tenendo conto del fatto che ai ritmi attuali la popolazione si avvicinerà ai 10 miliardi entro metà secolo, bisognerà produrre ogni anno 53 milioni di tonnellate di cibo in più e convertire in terre coltivate 442 milioni di ettari di foreste e aree naturali.
Il numero vi dice poco? Pensate alla superficie dell’India. In termini di CO2 prodotta questo incremento da qui al 2050 consisterà in 80 miliardi di tonnellate, ovvero 15 volte più delle intere emissioni USA del 2019. In effetti lo spreco di cibo causa da solo l’8% della produzione di CO2 e metano nel mondo.
Le alternative però esistono: ridurre drasticamente lo spreco alimentare anche in presenza di incremento demografico permetterà di sfamare l’intera popolazione mondiale senza ulteriore consumo di suolo. È stato calcolato che una dieta più salutare e più ricca di alimenti vegetali calibrata su 2300 chilocalorie al giorno invece delle 3000 che sono spesso la norma nelle società ricche (e obese!) ridurrebbe drasticamente la foodprint, una sorta di gioco di parole tra footprint (l’impronta ecologica) e food (cibo), in pratica l’impronta alimentare.
Tornando all’esempio iniziale del cibo buttato nel cassonetto si pensi che ogni secondo si riempiono di cibo 2860 cassonetti condominiali da 30 chili! Se questa tendenza continuerà, nel 2050 i cassonetti saranno 3741, ma potrebbero anche ridursi a soli 591 se si seguirà un ambizioso piano di riduzione degli sprechi.
Si faceva il riferimento alla necessità di passare a una dieta meno ricca di carne perché la produzione di CO2 legata alla produzione e al consumo di carne è di gran lunga maggiore rispetto ai cibi vegetali. Un esempio: un chilo di pomodori impatta per 350 grammi di CO2, un chilo di manzo per 36 chili di CO2! Lo spreco di carne nelle cucine di tutto il mondo equivale al peso di 65 mucche al minuto. Ricordatevi che ogni volta che buttate un piatto di lasagne producete molte più emissioni di un ortaggio che marcisce nel campo. Nelle lasagne c’è tutto il contenuto energetico immagazzinato lungo la filiera.
Gli sprechi casalinghi sono legati a tre fattori:
La proposta operativa per gli alunni si basa per ora sui primi due aspetti: i bambini e i ragazzi dopo avere preso coscienza del problema tengono d’occhio al tempo stesso frigorifero, dispensa e pattumiera. Annotano per un certo periodo l’andamento in riduzione degli scarti alimentari derivanti da cibi avanzati nel piatto o scaduti in frigo e dispensa dopo aver… dispensato buoni consigli ai genitori!