In Natura nulla viene creato, ma tutto si trasforma - anzi, evolve - in base ad una selezione naturale dettata da caso e, soprattutto, necessità. Con questo principio, espresso e dimostrato nel celeberrimo L'origine della specie (1859) Charles Darwin cambiò per sempre il mondo scientifico e non solo.
Nel numero 181 di Focus Storia, il giornalista Matteo Liberti ha interpellato alcuni esperti per comprendere meglio i punti principali di una teroia così rivoluzionaria.
CHE COSA TEORIZZÒ DARWIN?
Dopo oltre vent'anni di studi e viaggi, l'avventuroso naturalista inglese si convinse che l’evoluzione fosse la spiegazione più plausibile per la vastissima varietà di specie animali e vegetali che popolano il pianeta, arrivando a capire come, nel tempo, gli esseri viventi tendessero a cambiare alcune caratteristiche non in base ad una sorta di miglioramento istintivo ed ereditario come teorizzavano alcuni suoi colleghi come Jean-Baptiste de Lamarck, ma in base ad un meccanismo di selezione naturale innescato dalla serrata lotta per la sopravvivenza.
«Nel dettaglio Darwin affermò che l’evoluzione di nuove specie a partire da un progenitore comune avviene tramite un accumulo di graduali e in apparenza poco significativi mutamenti - afferma Telmo Pievani, storico della biologia consultato da Liberti - quelli positivi, ossia favorevoli alla sopravvivenza, vengono assimilati di generazione in generazione e trasmessi ai discendenti, divenendo dominanti e determinando la suddetta diversificazione».
UN PUNTO DI VISTA CHE RUPPE COL PASSATO
Qeullo che sosteneva Darwin apparì quasi scandaloso per molti suoi contemporanei. La sua teoria, infatti, spogliava l'essere umano del privilegio di essere il "signore del Creato", trovandosi di colpo al pari di tutti gli altri animali. La Chiesa cattolica naturalmente rigettò simili pensieri anti-creazionisti (secondo la Bibbia fu Dio a creare l'uomo e a metterlo al centro della sua opera), così come molti ambienti religiosi Oltreoceano. La Chiesa anglicana invece mantenne una posizione molto più mordiba, tanto da accettare molti dei concessi espressi dallo studioso.
Tuttavia, anche tra chi accolse con entusiasmo la teoria darwiniana non mancò chi ne interpretò erroneamente le conclusioni: la lotta alla sopravvivenza infatti venne letta da molti come una giustificazione alla cosiddetta "legge del più forte" (quando invece Darwin parlava piuttosto di legge del più adatto), applicando al contesto sociale i principi dell'evoluzionismo per giustificare il colonialismo e l'oppressione di civiltà meno sviluppate e dunque - secondo tale stortura - ritenute biologicamente inferiori.
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Articolo tratto da Focus Storia 181