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Continuità educativa e didattica, buone pratiche per gestirla

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Continuità educativa e didattica, buone pratiche per gestirla
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Continuità educativa-didattica: buone pratiche per gestire i passaggi da un ordine all'altro

Aprile è il periodo dell’anno in cui nelle scuole si torna solitamente, e in modo, deciso, a parlare di continuità. Tra aprile e maggio si programmano ad esempio gli incontri tra docenti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria per concordare le attività di accoglienza per i bambini dell’ultimo anno dell’Infanzia. Ci si confronta in merito a quali classi gestiranno la giornata o le giornate di accoglienza: se ne occuperanno le classi prime i cui alunni sono più vicini d’età agli alunni dell’Infanzia? Oppure sarà compito delle classi quinte, i cui alunni, più grandi, possono condurre le attività con maggiore autonomia? La decisione non è sempre facile. Nel dubbio, si potrebbe affidare questo compito agli alunni di seconda, terza, o quarta. In alcuni istituti si opta per le classi “libere” dagli impegni dell’Invalsi e anche questa opzione ha dei vantaggi. Si pensa anche di affidare il tutto ai docenti che prenderanno le classi prime l’anno successivo, anche se, come abbiamo avuto modo di capire negli ultimi anni, non sempre chi lascia le quinte automaticamente prenderà le classi prime.

Da questo punto di vista le cose sono cambiate molto nel tempo; tanto dipende dalle scelte della dirigenza, sconosciute spesso fino all’ultimo. Solitamente si mantiene la formula collaudata negli anni senza pensare che, sperimentare, ogni tanto, fa molto bene e permette di trovare risorse nuove e nuove idee.

La giornata di accoglienza dall'infanzia alla primaria

La giornata di accoglienza per i bambini dell’infanzia che si apprestano a frequentare la scuola primaria è sempre un momento di grande creatività: letture di albi illustrati, laboratori artistici, piccole rappresentazioni teatrali. A seconda di chi si occupa dell’accoglienza, si assiste a giornate ricche di colore e vivacità che finiscono per influenzare, positivamente, tutta la scuola in cui esse hanno luogo.

Gli incontri tra alunni della primaria e i docenti della secondaria

In questo stesso periodo si programmano anche gli incontri tra docenti della scuola secondaria e alunni delle classi quinte della primaria. Negli ultimi anni, a causa della pandemia, questi incontri sono avvenuti per lo più a distanza. Quest’anno in molti istituti si sta tornando alla “vecchia” modalità in presenza: gli alunni si recano nei plessi di riferimento e vengono guidati dai docenti nella conoscenza della struttura scolastica, delle aule, dei laboratori, ecc. Oppure si programmano incontri nelle aule magne dove avvengono vere e proprie interviste ai docenti con il contributo e la testimonianza di alunni del primo anno della secondaria.

È vero che i ragazzi hanno già avuto modo di visitare le varie scuole durante le giornate di scuola aperta tra dicembre e gennaio, ma la possibilità di avere un contatto diretto con i futuri professori e con alunni che già hanno affrontato il temuto passaggio, non è assolutamente da sottovalutare.

Sono quindi settimane di intenso lavoro per le Commissioni che si occupano della continuità
didattica nei vari istituti. Va bene, benissimo, ma nei mesi precedenti? Si sono attuate buone pratiche perché si possa parlare di continuità anche in ambito più prettamente didattico?
Personalmente, e per esperienza, credo che non ci siano periodi dell’anno scolastico in cui il lavoro di continuità possa essere accantonato o messo a riposo. Se concepita in un certo modo, è possibile fare continuità sempre, durante tutto l’anno scolastico.
Essa presuppone che ci sia un dialogo costante tra docenti dei diversi gradi scolastici, non limitato agli incontri previsti a giugno per il passaggio di informazioni sugli alunni o per la consegna delle schede di sintesi globale di ciascun allievo.

La continuità didattica che cosa significa in concreto?

La vera continuità è un modo di concepire la scuola in cui i diversi livelli scolastici siano legati tra loro attraverso un confronto relativo alle modalità operative utilizzate dai docenti, all’elaborazione delle prove di verifica, delle interrogazioni. Un confronto, se vogliamo scendere più concreto, su come fare l’analisi grammaticale di una frase ad esempio. Non tutti i docenti di italiano infatti la propongono con le stesse modalità e, molto probabilmente, non la si propone allo stesso modo nei diversi gradi scolastici.

Ma anche un confronto sui titoli dei temi di italiano proposti in classe quinta primaria e in classe prima secondaria. O ancora un confronto sui metodi di studio proposti, sulla realizzazione di schemi e mappe, sulla risoluzione dei problemi matematici. E potremmo
continuare a lungo nell’ottica di costruire e offrire alle ragazze e ai ragazzi un ponte tra scuola
primaria e secondaria di primo grado.

Il discorso vale anche per secondaria di primo e secondo grado, ma in questa sede mi concentrerò più sulla continuità che interessa scuola primaria e secondaria di primo grado, con cui ho esperienza diretta e quotidiana. Non è quindi importante unicamente la questione dei contenuti proposti, ma delle modalità con cui si essi vengono proposti e delle modalità con cui si verificano gli apprendimenti.

Un confronto sui testi di studio

Altrettanto importante a mio avviso è un confronto, o addirittura un dibattito, sulle grandi differenze che si possono rilevare tra i testi di classe quarta e quinta primaria e i testi di prima media. Molti docenti rilevano che alcuni testi di classe quinta sono a volte troppo semplificati, i contenuti troppo ridotti. Il che comporta che l’incontro con i testi delle medie, strutturati in modo più complesso e decisamente più corposi, non sarà per tutti semplice.

Oppure, ribaltando la questione, alcuni docenti della scuola primaria rilevano che i testi di prima media siano troppo complessi rispetto ai testi utilizzati dagli alunni fino a pochi mesi prima, tanto che diversi alunni si trovano impreparati ad affrontare una pagina di un testo di storia o di scienze di prima media (per fare due esempi) in completa autonomia.

Hanno imparato a usare il vocabolario?

Certo, molto dipende anche dall’uso che un alunno ha imparato a fare del vocabolario alla scuola primaria. Sembrerà cosa antica, ma ritengo sempre fondamentale un buon uso di questo strumento per acquisire un approccio autonomo allo studio o alla comprensione di testi i cui termini, necessariamente, si fanno più complessi.

Fanno i compiti da soli?

Molto sarebbe da dire anche sulla capacità di una parte degli alunni di classe quarta e quinta di
affrontare in autonomia in lavoro assegnato per casa. Sappiamo che l’apprendimento va allenato, come ci si allena nello sport. E va allenata l’autonomia nello svolgimento delle attività scolastiche, soprattutto, nello studio. Più una ragazza o un ragazzo sono autonomi nell’affrontare gli impegni scolastici, più si sentiranno sicuri di sé e la loro autostima ne trarrà giovamento. Leggi anche Insegnare a imparare

Il nodo: il calo dell'attenzione e della motivazione

In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un calo dell’attenzione e della motivazione in generale in molte classi. I motivi possono essere tanti e diversi. Uno tra tutti la pandemia che ha rivoluzionato, in alcuni casi, le modalità di insegnamento e apprendimento. Non tutto è stato negativo. Abbiamo imparato ad utilizzare metodologie innovative e nuove tecniche di insegnamento, ma l’uso quasi estremo che si è fatto dei mezzi digitali ha lasciato lacune difficilmente colmabili, a livello di relazione e di attenzione.

Cosa può fare allora la continuità in tempi come questi?

Può dare sicurezza, può porsi come un ponte tra gradi scolastici e come un’occasione di dialogo e scambio tra docenti. Può garantire linearità nel percorso di ogni studente, limitandone le cadute e rassicurandolo nei momenti di difficoltà. Ma soprattutto deve ricordare a ogni docente che il fine ultimo del proprio lavoro è la crescita armoniosa e positiva di ogni alunno in tutte le fasi dell’apprendimento, dal suo primo approccio con la scuola, al momento delle scelte per il futuro affinché egli possa, al momento opportuno, maneggiare con responsabilità gli strumenti ricevuti e decidere della propria vita con lucidità e sufficiente consapevolezza.

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