Perché il bullismo è diverso dal litigio?
Molto spesso il bullismo viene associato con il semplice conflitto. In realtà si tratta di fenomeni che, se da un lato possono avere un'iniziale contiguità, dall'altro sono effettivamente diversi. Ci sono almeno tre differenze che distinguono il bullismo dal classico litigio. La prima differenza è quella che potremmo chiamare l'asimmetria di potere. Nella dinamica del litigio c'è un sostanziale equilibrio di potere: per esempio, litigano due ragazzini della stessa età.
Al contrario, nel caso del bullismo c'è uno squilibrio: ad esempio, un gruppo contro un singolo. Oppure un ragazzo più grande contro uno più piccolo. Oppure ancora, una sorta di asimmetria legata alla temporalità in un ambiente, quando il bullo se la prende con l'ultimo arrivato, per esempio in una squadra di calcio o di pallavolo.
Il bullismo si ripete nel tempo
La seconda caratteristica che differenzia il bullismo da un semplice litigio è secondo me la più importante, quella su cui dovremmo far riflettere i nostri ragazzi: è la dimensione della ripetizione nel tempo. Sigmund Freud lo ha spiegato meglio di chiunque altro: dentro di noi abbiamo sia pulsioni di vita che pulsioni di morte, quindi Eros, l'energia che ci connette con l'altro, e Thanatos, la parte più aggressiva di ciascuno di noi. Thanatos fa sì che l'essere umano litighi, abbia dei conflitti. Il litigio fa parte per così dire del nostro registro esistenziale. Ma attenzione alla ripetizione nel tempo. Oggi posso fare una brutta battuta alla mia compagna di banco, oggi posso alzare un poco i toni con un amico, ma se ci si circoscrive all'oggi siamo comunque nel registro del conflitto che fa parte di questa età evolutiva. Invece se tutti i giorni, come una goccia che scava la roccia, questa cosa si reitera continuamente non siamo più nel registro del litigio ma nel registro del bullismo.
Perché il bullismo rientra nella categoria della violenza?
Va detto che il bullismo rientra a tutti gli effetti nella categoria della violenza: emotiva, psicologica e in alcuni casi anche fisica. Questo aspetto è importante da far notare ai ragazzi perché la ripetizione dell'atto di bullismo crea tutta una serie di ferite che vanno ad avvelenare il cuore e la mente del proprio compagno. Mentre per lo studente che agisce il bullismo la dinamica si può esaurire anche in pochi minuti, nella vittima del bullismo questo virus, questo veleno, penetra nei pensieri, nelle emozioni, nello sguardo sul mondo. I bambini e i ragazzi vittime del bullismo iniziano ad avere uno sguardo sul mondo spaventato, angosciato, terrorizzato, inibito.
Intenzionale o non intenzionale?
La terza caratteristica del bullismo, secondo la letteratura classica sul tema, è l'intenzionalità ma questo aspetto secondo me crea degli equivoci. I teorici ci dicono che c'è veramente bullismo se Paolino, che prende in giro Paolina, vuole veramente ferire, umiliare, mortificare in modo crudele la propria compagna. Secondo me, però, questa dimensione riguarda soltanto alcune tipologie di bullismo e non tutte, quindi non deve essere un elemento fondativo del bullismo.
Se guardo alla mia esperienza in tanti anni come consulente ed esperto intervenuto nelle classi e in situazioni dove c'era bullismo, nel novanta per cento dei casi io mi sono trovato di fronte a ragazzini che agivano il bullismo non secondo una crudeltà marcatamente intenzionale. Avevano un comportamento certamente crudele e sbagliato ma all'interno di una inconsapevolezza emotiva. Questi bulli, quando facevamo attività come “l'angolo dei chiarimenti” o “la pausa dei sentimenti” in cui si condividevano le emozioni e i sentimenti causati da tali comportamenti, spesso rimanevamo sinceramente stupiti, mortificati nel rendersi conto di quanto davvero avevano ferito l'altro in profondità.
Sappiamo bene quanto la dimensione del gruppo, la dimensione dell'amicalità, ma anche la dimensione della visibilità siano fondamentali nella pre-adolescenza. Il pre-adolescente ha bisogno di rendersi visibile e a volte, nel terrore dell'invisibilità, emerge in maniera scoordinata e bullistica, aggressiva nei confronti di un compagno o una compagna. Ma la sua cecità etica non è tanto legata a una forma di espressa crudeltà, cioè non si vuole mortificare l'altro.
Piuttosto, non si riesce a vedere l'altro nella misura in cui si è alle prese con i faticosi compiti evolutivi di diventare adolescente e assumere un ruolo nel gruppo. Se la letteratura classica quindi ci indica tre condizioni che devono coesistere per poter parlare di bullismo, secondo me gli elementi più importanti sui quali dobbiamo far riflettere i nostri studenti e ragazzi sono la ripetitività nel tempo e lo squilibrio di potere. L'aspetto dell'intenzionalità specifica, invece, rischia di offrire ai ragazzi una possibilità di difesa non responsabile nella misura in cui il ragazzino dice: “Io non volevo fargli male, non volevo ferirlo e quindi se non volevo ferirlo non è bullismo”.
Questa lettura critica, utile dal punto di vista operativo, secondo me può essere un primo passo per iniziare a esplorare questo tema.
Le diverse tipologie di bullismo
Un altro passo è saper distinguere le diverse tipologie di bullismo. Proviamo a rileggere le due categorie, asimmetria e ripetizione nel tempo, dal punto di vista di cosa accade in classe. Nel bullismo verbale non faccio una semplice battuta all'amico ma lo prendo in giro, e magari lo prendiamo in giro in più di uno, ripetutamente. Il bullismo fisico non implica solamente le botte, lo schiaffo, lo spintone. Attenzione, si parla di bullismo fisico anche quando ci sono minacce di botte, di rottura di oggetti personali, ripetute nel tempo.
La terza tipologia di bullismo, molto spesso sottovalutata, è il bullismo di esclusione. Nel bullismo di esclusione l'aggressività del bullo si manifesta in modo indiretto, non includendo il compagno nel gruppo. Se oggi faccio una festa con quattro amici e non invito Paolino è una scelta libera. Ma se sistematicamente Paolino viene escluso (dal gruppo di whatsapp, dalle chiacchiere all'intervallo, dal trovarsi tutti i pomeriggi) siamo ancora di fronte al tema della ripetizione nel tempo, dell'avvelenamento del cuore, della mete, dello sguardo di Paolino che inizierà a pensare “io non valgo niente, io non sono degno di amore, io non troverò mai un amico”. Sappiamo dalle neuroscienze che fondamentalmente il dolore di un'esclusione sociale da un gruppo di riferimento attiva nel cervello le stesse aree cerebrali del dolore fisico, come a dire l'esclusione sociale fa male quanto una coltellata, quanto un pugno nello stomaco.
In conclusione, questo primo approfondimento ci ha aiutato a capire le differenze tra bullismo e litigio e ci ha dato delle coordinate per iniziare a riflettere sia come adulti che come educatori insieme ai nostri ragazzi. Nelle prossime settimane torneremo sul tema del bullismo.
Stefano Rossi è psicopedagogista scolastico, formatore e autore di diversi libri per insegnanti, genitori e alunni. Ha sviluppato il Metodo Rossi della Didattica Cooperativa. Dall'ultimo libro "Mio figlio è un casino" è tratta questa guida sul bullismo.
Prima puntata - Bullismo, una guida per gli insegnanti (questo articolo)
Seconda puntata - Bullismo, chi sono i bulli. Tre tipologie
Terza puntata - Vittime del bullismo. Come aiutarle
Quarta puntata - I testimoni, protagonisti degli episodi di bullismo (in progress)
(Testo raccolto da Barbara Leonardi)