L'archeologia non è una materia di insegnamento, per lo meno non fino all'università. Eppure, la scienza che studia le civiltà umane attraverso la raccolta e l'analisi delle tracce materiali che esse hanno lasciato può aiutarci a insegnare a bambini e ragazzi tantissime materie: storia innanzitutto, ma anche arte, chimica e biologia. E non stiamo parlando soltanto di resti polverosi di un passato ormai remoto.
«L'archeologia aiuta a comprendere anche il mondo nel quale stiamo vivendo ora, perfino fenomeni di strettissima attualità, come ad esempio le migrazioni» spiega Angelo Cimarosti, direttore e fondatore della testata giornalistica ArchaeoReporter e dell'omonimo canale video su YouTube (sotto).
Angelo è un giornalista con oltre 30 anni di professione alle spalle. Nel 2008 ha fondato insieme ad altri il sito di citizen journalism YouReporter. Prima ancora, aveva diretto il telegiornale di Sei Milano, il primo esperimento di tv all-news italiana. Insomma, un innovatore nel campo della comunicazione, che negli ultimi anni ha deciso di dedicarsi alla sua grande passione di sempre, l'archeologia, laureandosi all'Università britannica di Leicester e aprendo un canale in cui 430 videoreportage ci portano letteralmente in mezzo agli scavi e alle emozionanti scoperte.
«Un tempo chi finiva a fare l'archeologo lo faceva sulla scorta del libro di C.W.Ceram, Civiltà sepolte (Einaudi). Anch'io l'ho letto, da ragazzino, racconta Cimarosti. Più recentemente, gli aspiranti studenti di archeologia si sono trovati di fronte il modello Indiana Jones che, non dimentichiamolo, è anche un ricercatore e questo lo rende un po' più simpatico del classico razziatore di tesori da film. Oggi gli archeologi, come sempre, scavano strato per strato però spesso cercano reperti e risposte diversi rispetto al passato».
Esiste, ad esempio, l'archeologia dei conflitti. «I ragazzi delle superiori che magari devono affrontare la storia delle guerre jugoslave che sono scoppiate così vicino a casa nostra tra il 1991 e il 2001, scopriranno che per fare chiarezza sulla strage di Srebrenica (il massacro di ottomila bosniaci l'11 luglio del 1995), sono intervenuti gli archeologi, perché sono stati gli unici a poter dare risposte certe. Hanno esaminato i corpi ammonticchiati nelle fosse comuni e stabilito con certezza che purtroppo non si trattava di cadaveri vecchi rimossi da altre tombe, ma di persone fucilate tutte insieme nello stesso periodo». Ormai esiste una branca che di fatto si potrebbe definire archeologia forense. E sempre più l'archeologia si unisce all'antropologia: esistono quindi un'archeologia del pensiero, un'archeologia delle credenze, un'archeologia della religiosità e un'archeologia del comportamento umano.
«Questo ci porta a studiare fenomeni anche molto attuali, come ad esempio le migrazioni - spiega Angelo Cimarosti -. Ci sono molti studi, anche italiani, eseguiti sui campi profughi, sui centri di prima accoglienza... Si va a cercare la bottiglia d'acqua lasciata nelle barche dai migranti, si va a ricostruire qual è la filiera di questa bottiglia d'acqua e si scopre magari che il migrante ha seguito una rotta sub-sahariana che non ti aspettavi. L'archeologia è un grande lavoro negli immondezzai di tutte le epoche.
L'archeologo scava l'immondizia, essenzialmente. Lo fa con l'immondizia dell'uomo delle caverne, con l'immondizia dei vasi attici rotti e gettati via, con l'immondizia della tarda antichità dove si rompono le statue perché si deve fare la calce per costruire nuovi edifici. Ma gli archeologi hanno scavato anche le discariche della contemporaneità degli anni sessanta e settanta, gli sprechi della civiltà del consumo. Ci sono archeologi che raccontano di essersi ammalati scavando, ad esempio quelli che lo hanno fatto nella terra dei fuochi, una zona in Campania dove erano stati interrati rifiuti tossici e speciali. Quindi l'archeologia è una materia estremamente contemporanea e non va vista solo come una ricerca di indizi e materiali del passato”.
Una materia contemporanea, che utilizza un metodo multidisciplinare. «Il metodo stratigrafico può essere applicato a qualsiasi cosa - spiega ancora Cimarosti -. Si va a scavare per strati, si vede dove ci sono interruzioni, dove ci sono cambiamenti. Lo si fa nell'ecologia ad esempio. I manuali universitari più recenti, come L'essenziale di archeologia di Colin Renfrew e Paul Bahn, ricordano che l'archeologia partecipa attivamente alla comprensione delle cause e degli effetti del cambiamento climatico nella nostra era, l'antropocene. Ad esempio con i carotaggi nei ghiacciai o con la palinologia, lo studio dei pollini. Ma si può applicare lo stesso metodo anche allo studio delle religioni, magari osservando come i templi vengono trasformati in chiese, come le chiese vengono trasformate in moschee, come le moschee vengono nuovamente trasformate in chiese e poi in musei e poi di nuovo in moschee... come è il caso di Santa Sofia a Instabul».
Interessantissima soprattutto è la “caratterizzazione”, ovvero la ricerca di dati che possono raccontarci l'origine delle cose. Il lavoro che viene fatto sugli isotopi permette di comprendere ad esempio se un uomo si è spostato e di quanto si è spostato nella propria vita. «Studiando gli isotopi dello stronzio siamo in grado di capire dove si è alimentato durante l'infanzia, quindi probabilmente dove è nato -spiega Cimarosti-. Questo porta a volte a scoperte stupefacenti. Ad esempio, il famoso arciere di Amesbury, una località inglese vicino a Stonehenge. Era stato sepolto con un ricco corredo funerario.
Si suppone che l'onore che gli era stato tributato al momento della morte fosse dovuto al fatto che quest'uomo avesse legami con l'arte dei metalli, una tecnologia importantissima. Sorprendentemente, gli isotopi ci dicono che veniva da un'area attorno alla Svizzera o alla Baviera, quindi si era spostato dalla Germania all'Inghilterra, un viaggio lunghissimo per l'epoca. Questo ci rivela un mondo molto più connesso di quello che noi pensavamo. Crediamo di essere diventati connessi solo con la globalizzazione ma non è così. Ancora una volta si evidenzia il legame strettissimo tra l'archeologia e altre scienze, come la chimica, la genetica, la biologia. Questo legame che fa sì che l'archeologia possa essere utilizzata didatticamente all'interno di molte materie”.
Il sito di ArchaeoReporter, naturalmente, può essere utilizzato ai fini didattici. È una testata giornalistica, quindi cita quando può le fonti, corregge gli errori. «L'obiettivo di ArchaeoReporter -racconta Angelo Cimarosti- è fare video reportage archeologici. Il reportage archeologico è diverso dal documentario, nel senso che vuole raccontare l'archeologia mentre la si fa, cerca di seguire da vicino il lavoro dell'archeologo più che mostrare i reperti e le ricostruzioni. Racconta quella archeologia che magari è fatta di buche di palo, fosse: non c'è più il palazzo, ma è rimasta la fossa. E la fossa di spoliazione, come anche le tracce di arature dell'età del neolitico, sono emozionanti esattamente quanto una statua, perché tu magari da quella traccia di aratura vedi il momento in cui l'agricoltura fa il suo ingresso nella vita degli esseri umani».
Emozioni forti, dunque, che ci colpiscono non soltanto nel momento della scoperta ma anche nelle fasi successive dello studio, quando si cerca di mettere in relazione l'oggetto ritrovato e il suo contesto. «Qual è il lavoro dell'archeologo? È mettere l'oggetto isolato nel contesto degli altri oggetti che vengono ritrovati, quindi un muro che si collega a un altro muro, un peso da telaio che è proprio in quella stanza perché proprio in quella stanza c'era il lavoro dei telai. E non a caso c'erano anche i giocattoli dei bambini perché evidentemente chi lavorava ai telai teneva un occhio anche ai bambini più piccoli e così via. Questo ti permette di vedere lo spazio vuoto che si popola -racconta Cimarosti-. Il contesto è fondamentale, perché se prendi solo l'oggetto e lo metti sullo scaffale, lo togli dal contesto, sei poco più che un tombarolo».
E quando non resta alcun oggetto a raccontarci la vita delle persone del passato? «Quella è l'archeologia degli invisibili -risponde Angelo-. Un titolo proposto per una serie di schede che ho redatto per Mondi svelati, un manuale di Storia per le superiori scritto da Chiara Frugoni e altri autori. Chi sono gli invisibili? I pastori per esempio. Vengono cantati ovunque nei poemi però archeologicamente quasi non li trovi, avevano solo tuguri in legno, non è rimasto nulla. E allora li devi cercare nel paesaggio, andando a studiare le trasformazioni nei millenni lungo gli antichi tratturi. Oppure analizzando i pollini antichi: a un certo punto vedi che mancano completamente delle piante e capisci che sono proprio le piante che mangiavano gli animali che iniziavano ad essere allevati».