“Chiediamo al Governo italiano di impegnarsi per far sì che nessuno dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze possa possedere uno smartphone personale prima dei 14 anni e che non si possa avere un profilo sui social media prima dei 16. Aiutiamo le nuove generazioni”.
Questo l'appello lanciato da Daniele Novara, pedagogista, e da Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, e firmato, tra gli altri, da Anna Oliverio Ferraris, Silvia Vegetti Finzi, Alberto Oliverio, Paola Cortellesi, Alba Rohrwacher, Luca Zingaretti, Stefano Accorsi, Pierfrancesco Favino.
Si tratta di una questione ampiamente dibattuta anche in altri Paesi: il governo australiano, ad esempio, si dice già pronto a legiferare in merito, Gran Bretagna e Francia stanno considerando seriamente se introdurre una simile restrizione.
In Italia una proposta di legge presentata il 13 maggio scorso da due parlamentari di schieramenti opposti (Lavinia Mennuni, Fratelli d’Italia, e Marianna Madia, Partito democratico) chiede di limitare l'accesso ai social al di sotto dei 15 anni senza il consenso dei genitori. E una circolare del ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara probisce l'uso del cellulare a scuola dall'infanzia fino alle medie, permettendo tuttavia l'utilizzo di altri dispositivi digitali, quali pc e tablet, per fini didattici e sotto la guida dei docenti.
L'appello di pedagogisti e psicologi va oltre e chiede un divieto totale nel tentativo di arginare il dilagare della dipendenza da smartphone e social media tra i giovanissimi. Non si tratta di una presa di posizione anti-tecnologica -spiegano i firmatari- ma “l'accoglimento di ciò che le neuroscienze hanno ormai dimostrato: ci sono aree del cervello, fondamentali per l’apprendimento cognitivo, che non si sviluppano pienamente se il minore porta nel digitale attività ed esperienze che dovrebbe invece vivere nel mondo reale (...).
I bambini e le bambine che utilizzano strumenti tecnologici e interagiscono con gli schermi subiscono due danni: uno diretto, legato alla dipendenza; uno indiretto, perché l’interazione con gli schermi impedisce di vivere nella vita reale le esperienze fondamentali per un corretto allenamento alla vita”.
Senza contare, si legge nell'appello, che simili comportamenti in età prescolare portano ad alterazioni della materia bianca in quelle aree cerebrali fondamentali per sostenere l’apprendimento della letto-scrittura. Infine, va considerato che i social sono pensati per stimolare la dopamina durante il loro utilizzo.
Molti studi hanno dimostrato che questo neurotrasmettitore legato al meccanismo di ricompensa e piacere viene stimolato dall’uso dei social. E, soprattutto nei più giovani, porta alla dipendenza. La proposta è dunque di considerare smartphone e social media alla stregua di “sostanze dannose” come alcool e tabacco, da vietare al di sotto di una certa età.
L'appello ha riscosso un quasi unanime consenso tra gli esperti. “Per quanto i produttori di cellulari e di contenuti si affannino a dire che i social sono anche un buono strumento, i danni superano di gran lunga i vantaggi -commenta a Focus Scuola Gianni Caminiti, psicologo-. Oramai è evidente non solo la correlazione, ma un rapporto di causalità tra uso dei social e autolesionismo e altri disturbi. Diciamo che il limite di 16 anni è prudenziale, a mio avviso si potrebbe perfino salire con l'età”.
Pienamente d'accordo, per quanto riguarda i bambini, lo psicopedagogista Stefano Rossi: “Il cervello, soprattutto dei più piccoli, ha un'altissima neuroplasticità, ovvero è predisposto ad adeguarsi all'ambiente che lo circonda, e l'ambiente che lo può influenzare positivamente o negativamnete non è solo quello fisico ma anche quello digitale. I genitori, che in genere hanno una reazione emotiva di ansia all'idea di lasciare il proprio bambino di 8 anni nel centro di una città da solo, dovrebbero percepire lo stesso allarme nel consegnargli uno smartphone perché la corteccia prefrontale del bambino non ha la capacità sufficientemente critica e raffinata per cogliere le minacce. E online, questo la polizia postale può testimoniarlo, ci sono organizzazioni di pedofili che hanno la capacità di simulare l'empatia per adescare i bambini più piccoli che ancora una volta non hanno la capacità di vedere che dietro il clown che sorride con il palloncino rosso c'è un predatore pericoloso”.
Stefano Rossi però ha una posizione più sfumata riguardo all'utilizzo di smartphone e social media da parte degli adolescenti. “Tra i miei colleghi -spiega- ci sono due fazioni: i catastrofisti, che dell'online vedono solo il male, e gli iperbuonisti, che vedono in internet solo possibilità, addirittura terapeutiche. Io mi posiziono a metà, dicendo che dobbiamo distingere tra il digitale buono e il digitale cattivo. Da un punto di vista cognitivo, il digitale cattivo è quello che promuove il pensiero veloce, rettivo, superficiale. Ma online, anche sui social, possiamo trovare dei contenuti che promuovono invece il pensiero lento, riflessivo, che stimola e incuriosisce.
Quindi, per quanto riguarda gli adolescenti, di certo io non sono un fan del cellulare però credo che oltre a insistere su ciò che dobbiamo togliere forse dovremmo anche riflettere su ciò che dovremmo aggiungere nella dieta dei nostri figli. È importante togliere i cibi tossici ma allo stesso tempo dobbiamo anche fornire cibi nutrienti”.
Invita alla prudenza anche Francesco Dell'Oro, consulente sopecializzato nell'orientamento scolastico: “In generale credo più utile la spiegazione piuttosto che il divieto. È un'attenzione che richiama e suggerisce considerazione, rispetto e stima delle potenzialità dei nostri ragazzi. Ma poi il tutto va contestualizzato e riferito all'esperienza e al vissuto dei singoli individui. Non è facile entrare nel pianeta dei bambini e degli adolescenti. Davanti ai loro desideri e alle loro aspettative molte volte siamo apprendisti stregoni. Sogni, emozioni e desideri richiedono grandi sensibilità, linguaggi attenti e non certezze assolute”.
Un aiuto per docenti e famiglie?
È chiaro che rimane cruciale educare i ragazzi a un corretto utilizzo delle nuove tecnologie. La scuola è in prima linea in questo e si può dire che ormai non vi è classe italiana dove i docenti o gli esperti esterni non abbiano parlato a bambini e ragazzi dei pericoli cui vanno incontro. Un divieto tout court potrebbe perciò sembrare eccessivo e perfino controproducente, conoscendo l'innata attrazione per il probito che spesso spinge i più giovani.
Tuttavia, una legge che formalmente proibisca e sanzioni l'uso dei cellulari e dei social media al di sotto di una certa età potrebbe venire in aiuto di quelle scuole che finora, avendo provato a vietarne l'uso in classe, si sono trovate di fronte a una selva di proteste da parte dei genitori.
E potrebbe aiutare anche le famiglie, sia quelle che finora non hanno compreso il pericolo e hanno regalato il cellulare alla prima comunione senza troppi pensieri, sia quelle che invece combattono (in assoluta minoranza) una sfiancante battaglia quotidiana con i propri bambini per rinviare il più possibile l'età del primo telefonino o del primo accesso ai social.
Qualunque direzione prenda alla fine l'opinione pubblica in Italia, c'è un problema preliminare che va risolto a tutti i costi: "Un sistema di verifica dell'età uguale per tutti, omologato a livello tecnico e con un ente terzo che lo controlli”, come prosposto da Brunella Greco di Save the children. Se sistesse, potrebbe consentire di rendere davvero efficace un'eventuale divieto di utilizzo. Ma potrebbe anche consentire, in alternativa al divieto, di obbligare le società che operano online ad attivare fasce di protezione sicure in modo da proporre solo contenuti appropriati in base all’età.
Certo una profonda riflessione collettiva su questo tema è fondamentale, per tutelare davvero la salute dei nostri bambini e ragazzi. Tuttavia, il problema del malassere nei più giovani è molto complesso, e va certamente al di là dello smartphone. “Credo che il vero problema sia l'analfabetismo sentimenale -conferma Stefano Rossi-. Un ragazzino si comporta male, diventa aggressivo, violento, autolesionista, non tanto per colpa del cellulare o perché gioca ai videogame ma perché ha un male senza nome dentro di sé e lo proietta all'esterno cercando di eliminarlo.
Ciò che mi fa paura non è il cellulare in sé ma l'incapacità, il mutismo selettivo dei genitori quando c'è da parlare di sentimenti, che diventa il mutismo selettivo dei ragazzi che a sua volta diventa l'etero e l'auto distruttività. Benissimo dunque tutte le riflessioni critiche sullo smartphone e i social, ma oltre a togliere il digitale aggiungiamo l'educazione sentimentale”.
Possono portare a dipendenza, i ragazzi passano troppo tempo a “scrollare” subendo danni fisici (come l'affaticamento oculare, mal di testa, dolore al collo e alla schiena, insonnia) e mentali (l'aumento dell'ansia, la diminuzione delle capacità di letto-scrittura).
C'è talmente tanta informazione veicolata dai social che i ragazzi posso sentirsi sopraffatti, senza contare la valanga di informazioni false, esagerate o fuorvianti tra le quali è difficile districarsi
le immagini postate sui social sono sempre “perfette”: per bambini e ragazzini confrontarsi con quelle vite apparentemente “al top” può essere umiliante e può danneggare la propria autostima.
La fiducia in se stessi può essere distrutta dai commenti negativi
I social media possono essere utilizzati per atti di cyberbullismo
Dalle ricerche emerge che praticamente tutti i più giovani che utilizzano social media si sono imbattuti in contenuti spaventosi, destabilizzanti, violenti, assolutamente non adatti alla loro età.
I social media possono essere utilizzati per diffondere visioni estremistiche (un esempio è l'uso che ne viene fatto dallo Stato islamico).
È un buon modo per connettersi con gli altri, trovare persone che condividono gli stessi interessi, ascoltare punti di vista differenti su alcune questioni.
In alcuni casi i social media possono offrire sostegno ai ragazzi che si sentono soli o incompresi. Ad esempio, se un giovane si pone domande sulla propria identità di genere può trovare valide informazioni e supporto sulla rete.
I tutorial danno l’opportunità di apprendere nuove abilità e saperi, ci sono youtuber che propongono contenuti stimolanti e interessanti e così via
Poiché i social media sono costantemente aggiornati, molti ragazzi li utilizzano per informarsi sulle notizie e gli eventi in tutto il mondo
I social media possono fornire un ottimo strumento ai ragazzi per organizzarsi e far sentire la propria voce su alcune questioni cruciali per loro, come insegna il caso di Greta Thunberg.