Il periodo della pandemia sembra avere conseguenze a lungo termine sul rendimento scolastico di ragazze e ragazzi, e lo dimostrano anche i dati a livello europeo (e in particolare in Italia). Se poi ci mettiamo anche l’influenza dei social media, essere insegnante oggi sembra una sfida più complicata rispetto a quanto non lo fosse nel passato. Ma alcuni studi trasmettono speranza. Li ha raccolti Edutopia, il portale educativo della Fondazione Lucas che ha come scopo diffondere conoscenze e competenze in maniera inclusiva.
Ecco i 10 studi scientifici utili per gli insegnanti che potrebbero migliorare l’approccio con la classe e il rendimento delle alunne e degli alunni.
Hai presente quando ti dicono che lavori poche ore a settimana e hai tre mesi di ferie? Sappiamo benissimo che non è così: tra lezioni da preparare, incontri coi genitori, mail a cui rispondere, programma da rivedere, verifiche da preparare e poi da correggere, in realtà il tempo che passi a insegnare forse è minore del resto! In questo, secondo alcuni studi l’AI potrebbe venire in tuo soccorso facendo al posto tuo una parte del lavoro. Per esempio, questo studio ha dimostrato che l’Intelligenza Artificiale è assolutamente in grado di studiare un programma e poi compilare un test di verifica del tutto adeguato e pertinente, tale da mettere alla prova come farebbe un insegnante le conoscenze della classe. L’AI inoltre può aiutare nello scrivere mail, correggere test e molto altro. Ma niente paura: un recentissimo studio ha dimostrato che senza l’intervento umano l’AI è pura matematica!
Ogni studente teme il momento della verifica, giusto? Eppure è il miglior modo per imparare e per conservare ciò che si è appreso. Uno studio del 2023 ha dimostrato che più test si fanno (e anche più semplici, meno stressanti) più sarà semplice per alunne e alunni imparare. Il segreto è combinare più elementi, cioè somministrare verifiche e test diversi (risposte aperte, crocette, frasi da terminare, schemi da riempire, ecc…), fornire domande che non abbiano già la risposta ma che obblighino a scavare nelle proprie conoscenze, fare test prima di spiegare le lezioni in modo da stuzzicare la classe, far fare verifiche di gruppo (riduce l’ansia) e incitare all’autotest (anche in gruppo).
Uno studio pubblicato a fine 2022 dimostra che il tono di voce in classe può fare la differenza. Se sei autorevole, se urli improvvisamente, se parli molto velocemente, è più probabile che l’attenzione cali. Se invece moduli il tono della voce, lo mantieni calmo e pacato, dimostri che va tutto bene e non c’è nervosismo, e questo si riflette sull’attenzione dell’intera classe. Per avere la fiducia di alunne e alunni è necessario utilizzare un tono morbido e controllato, altrimenti si crea un clima conflittuale che non giova all’insegnamento.
A quanto pare, lavorare insieme aiuta a trasmettersi a vicenda le conoscenze. Uno studio ha mostrato come creare una sintonia cerebrale forte migliori le prestazioni nell’immediato e anche successivamente. Più semplicemente, per esempio, quando studenti più “bravi” vengono messi in gruppo con altri meno “bravi” i secondi ne traggono un giovamento.
Hai mai pensato di affiancare lo studio della matematica come da programma all’uso di libri illustrati? A quanto pare questo metodo è valido – così come le letture ad alta voce – fino alla scuola media. Dato che un’immagine vale più di mille parole, diversi studi hanno dimostrato come “vedere” i numeri sia utile per migliorare le proprie competenze matematiche e la capacità di apprendere e capire negli anni, e questo fin dalla prima infanzia. Sono stati rivisti ben 16 studi sul tema e i risultati confermano che l’uso dei libri illustrati è sicuramente un’arma vincente nell’insegnamento della materia.
Quanto tempo passi a correggere temi, a scrivere lunghe considerazioni e note perché la tua classe migliori nella scrittura, per poi non vedere chissà quali miglioramenti? Questo studio ti spiega perché a volte la valutazione potrebbe essere inutile e perché potrebbe avere senso preferirle un’autovalutazione. Ovvero, lascia che i tuoi studenti rilavorino più a lungo il proprio testo, attuando anche delle strategie di revisione personali o di gruppo.
Lo sentiamo dire ovunque: i social danneggiano la salute mentale, così come l’uso smisurato degli smartphone. In realtà, recenti studi hanno dimostrato che alla base dei maggiori disagi mentali delle nuove generazioni ci sarebbero anche altri elementi, tra cui la minor responsabilità e la presenza costante dei genitori. Bambini e ragazzi sono meno coinvolti in casa ed escono sempre meno, spesso perché i genitori non li autorizzano. Gli adulti sono i primi a essere spaventati da tutto e ad accompagnarli ovunque, a controllare la loro posizione continuamente e a impedire che escano anche soltanto sotto casa per un gelato. Questa mancanza di autonomia e la paura trasmessa dagli adulti si riflette poi su di loro con mancanza di autostima, ansia e altri disturbi. Il lavoro dell’insegnante può, in questo senso, incentivare attività che prevedano autonomia, anche fuori dall’orario scolastico.
C’è un dibattito che divide gli insegnanti in due fazioni: meglio fare lezione e spiegare tutto nei dettagli in classe, oppure meglio lasciare che gli studenti si organizzino imparando le lezioni da soli con ricerche, pratica e altro. Uno studio del 2023 sostiene che entrambi gli approcci sono necessari e che quindi si debba sì spiegare le lezioni in maniera diretta, in classe, ma anche incentivare alunne e alunni a indagare in autonomia la materia o l’argomento che stanno studiando. La seconda cosa, inoltre, non può esistere correttamente senza la prima.
Il SEL, cioè Social Emotional Learning, è una metodologia di insegnamento che punta a sviluppare competenze non soltanto cognitive, ma anche sociali ed emotive, affinché la scuola diventi un luogo di apprendimento ma anche quel luogo dove gettare le basi per il proprio futuro benessere personale. Già uno studio del 2011 dimostrava i benefici di questo approccio, ma recentemente è stata svolta un’analisi che ha incluso ben 424 studi in cui erano coinvolti studenti che seguivano programmi SEL. I risultati sono scontati quanto sorprendenti: gli studenti che hanno preso parte a questi programmi hanno anche registrato migliori risultati, ma anche migliori abilità socio-emotive e atteggiamenti e comportamenti sociali e civici positivi.
Anche sulla lettura c’è un dibattito acceso, soprattutto negli Stati Uniti: si impara a leggere meglio con testi che insegnano competenze o con quelli che insegnano conoscenze? Già uno studio del 2020 sembrava pendere a favore della seconda opzione, ma altri più recenti lo confermano senza dubbio. Uno studio di Harvard, per esempio, per esempio, ha preso in esame ben 3000 studenti: chi leggeva testi basati sulla conoscenza ha ottenuto punteggi più alti nella comprensione della lettura.
In ogni caso, i ricercatori sono concordi nel sottolineare che entrambi gli approcci sono corretti, anche se leggere libri di storia o scienze migliora le proprie abilità di lettura ulteriormente.