Chi sta in classe sa per esperienza che di intelligenze ce ne sono molte. Ci sono i bambini che gestiscono bene un testo e quelli che hanno una buona intuizione; quelli che hanno senso del ritmo e quelli che visualizzano bene le situazioni; quelli che sanno relazionarsi e capire le emozioni e quelli che stanno in disparte ma sono ottimi osservatori; quelli che disegnano e sanno rappresentare gli elementi significativi e quelli che usano agilmente la logica.
Anche nel calcolo ci sono i precisi e metodici, quelli che hanno colpo d’occhio e sanno semplificarsi la vita, i creativi che battono vie originali, gli «scientifici» che hanno ragionevoli attese sul risultato (costoro in modo naturale fanno stime di come verrà un’operazione, un calcolo o un’espressione). Con tutte queste, e probabilmente con altre, sfaccettature dell’intelligenza abbiamo a che fare e dobbiamo misurarci. È una premessa che non dobbiamo mai dimenticare e che, purtroppo, quando abbiamo a che fare con la matematica spesso passa in secondo piano.
Quando insegniamo matematica, più che con altre discipline, siamo molto concentrati sugli aspetti specifici. Ci facciamo guidare più da un nostro bisogno di sentirci adeguati nei confronti della materia che dall’ascolto di quello che avviene nei nostri studenti. Questo nostro bisogno di adeguatezza è tanto più forte quanto meno matematica conosciamo: chi domina la matematica di uno o due livelli scolari superiori a quello che insegna riesce a essere più sereno e rilassato nel favorirne l’apprendimento dei propri studenti.
Se vogliamo che il nostro insegnamento sia flessibile e si adatti alle esigenze di bambini e ragazzi prima di tutto dobbiamo praticare matematica un po’ più avanzata di quella che presentiamo loro. Il mio consiglio è di cominciare a frequentare libri di problemi e giochi matematici, ma esistono in libreria molti ottimi saggi divulgativi che possono aiutare a fare qualche passo avanti nella visione di insieme della disciplina. Per i più intraprendenti, il mio invito è di dedicare periodicamente un po’ di tempo a imparare della teoria ulteriore e a lavorare con studio sui problemi di quel settore. È uno sforzo che ci aiuterà ad avere uno sguardo meno stereotipato e ad andare più incontro agli stili di apprendimento dei nostri diversi studenti.
MIGLIORARCI PER MIGLIORARE I RAGAZZI
Tutti tendiamo a fare alcuni errori nell’insegnamento: imboccare delle routine, le quali con la loro ciclicità sempre uguale ci rassicurano, e «fare le cose come le si sono sempre fatte». In matematica questo significa lavorare prevalentemente sui calcoli (che sono importanti, non lo nego, ma che sono una delle facce della disciplina) e sui problemi addestrativi e ripetitivi.
È ragionevole e, in molte situazioni, ha un senso, ma è una scelta che seleziona un tipo di studenti: quelli che sanno fare i calcoli con diligenza. Calcolare con diligenza però non è l’unica dimensione importante del fare matematica, anzi molto probabilmente non è nemmeno la dimensione più importante.
Scegliendo come asse portante del nostro insegnamento i calcoli, nei fatti spingiamo ai margini dell’apprendimento, quando non li escludiamo del tutto, studenti che guardano alla matematica (e alla realtà attorno a loro) con altri occhi. In questo modo inibiamo intelligenze diverse dall’avvicinarsi alla matematica. (Attenzione! Spesso a sentirsi escluse e non adeguate sono le bambine e le ragazze. È un errore grave da non fare: non c’è nessuna ragione perché siano meno portate per la matematica o perché non la considerino una disciplina per loro.)
Se invece prevediamo altre attività nel nostro insegnamento (e nella nostra valutazione), ecco che vediamo emergere altri studenti in una disciplina che altrimenti ha la caratteristica di essere un setaccio sempre più fitto che, di anno in anno, di argomento in argomento, tende a escludere sempre più persone.
Se vogliamo ostacolare o, più ottimisticamente, invertire questa tendenza, è bene che ci dotiamo di una più ampia gamma di attività, attività che di volta in volta andranno incontro a studenti con sensibilità e intelligenze diverse.
Mostrare che la matematica si fa in molti modi diversi, da un lato è più fedele a quello che i matematici (di professione o comunque esperti) fanno realmente, dall’altro è un anticorpo contro l’insorgere della paura per la matematica e il farsi prendere da un senso di inadeguatezza che rischia di paralizzare. La diversità che proponiamo ai bambini e ragazzi ha le potenzialità per rasserenarli e per farli sentire a proprio agio.